2021-06-09
Il Trattato del Quirinale va avanti: occhio alla Francia
Sergio Mattarella, Mario Draghi e Luigi Di Maio (Ansa)
La Farnesina porta avanti la trattativa sottotraccia. Ma il premier pensa a un'altra alleanza più baricentrica con Berlino.Anche se Mario Draghi siede a Palazzo Chigi, gli estimatori del Trattato del Quirinale non demordono. E a breve c'è da aspettarsi un forte scontro. Non solo di vedute. In ballo c'è il futuro rapporto con la Francia. Il punto di vista del premier è trasparente. Più volte ha dichiarato quali debbano essere le posizioni italiane nei confronti della Russia, della Cina, degli Stati Uniti e pure dei trattati Ue. Qui si gioca un nuovo rapporto con la Francia, mirato a condividere business e progetti transnazionali senza però mai andare a ledere i i punti di contatto con la Germania. L'obiettivo di questo governo è rafforzare in alcuni settori la partnership con Berlino. Tre esempi su tutti. Leonardo ha appena acquisito una fetta della tedesca Hensoldt per crescere nel perimetro della cybersecurity. I militari tedeschi collaboreranno con le missioni a trazione italiana nel Sahel. Da segnare sull'agenda delle svolte, la missione del ministro della Difesa Lorenzo Guerini a Berlino. Il 16 marzo scorso incontra la collega Annegret Kramp-Karrenbauer e concordano il dialogo tra la missione Takuba e la task force Gazelle per operare in Niger e fare più pressione sui confini Sud della Libia. Non finisce qui. Anche il futuro dell'acciaio di Terni sarà una cartina al tornasole dei rapporti con Berlino. Il governo sembra deciso ad aiutare Thyssen Krupp a uscire dal Paese, agevolando un compratore italiano. Sono nel complesso piccoli tasselli che identificano una precisa strategia che a breve andrà a cozzare con quella che anima il Trattato del Quirinale. Nel 2018, in pieno governo Gentiloni, Sergio Mattarella promuove un percorso bilaterale per cristallizzare i punti di equilibrio tra Italia e Francia. Inutile dire che lo scopo dell'accordo sarebbe quello di indebolire Berlino definendo percorsi comuni di sviluppo tra Roma e Parigi. Questi percorsi comuni ci vedrebbero sempre dal lato del partner subalterno. Per dirla chiara si verificherebbe su numerosi dossier ciò che è accaduto con Stellantis. Ai francesi gli investimenti e il lavoro, agli italiani i sussidi e la cassa integrazione. Negli ultimi mesi il Trattato quasi non ha paternità. Se ne parla poco, eppure alcune scelte di enorme peso sono state dettate dalla logica incardinata nel 2018. Basti pensare all'operazione di Borsa italiana con Euronext. Se ne parla poco perché sul tema i tre incaricati di portare avanti discussioni per la creazione di una framework sono adesso un po' dispersi. Franco Bassanini affronta uno dei suo momenti di minore incisività. Contava in una riconferma di Fabrizio Palermo in Cdp per poter dire la sua su importanti dossier come la rete unica. Non è andata così. Ora attraverso la fondazione Astrid invita numerose personalità del mondo dell'industria, soprattutto manager vicini ai Benetton o in generale del comparto delle infrastrutture. Discutono di Pnrr e di Tlc. Nulla ufficialmente che riguardi Parigi. A gennaio del 2020 diffuse una smentita. «Non mi occupo del Trattato del Quirinale dai primi giorni del giugno 2018, quando, insieme ai miei colleghi Paola Severino, Sylvie Goulard, Gilles Pecout, Pascal Cagni e Marco Piantini consegnammo ai presidenti Gentiloni e Macron il rapporto intermedio, previsto dalla lettera di missione che ci era stata inviata», ebbe a scrivere precisando anche: «So che Gentiloni l'ha poi trasmesso al presidente Conte con il passaggio delle consegne tra i due governi. Da allora la task force non si è più riunita e ci siamo astenuti da qualsiasi attività al riguardo». Immaginiamo stesso discorso valga per l'ex ministro Severino, che quest'anno ha rinnovato il rapporto tra Luiss e SciencesPo avviato nel 2018. L'anno in cui è partito il tavolo sul Trattato. Anche il più gentiloniano dei tre attori italiani, Marco Piantini (in verità l'unico un po' filotedesco) è adesso impegnato altrove, a Bruxelles. Dove ha seguito l'ex premier con un ruolo di rilievo nel gabinetto del commissario all'Economia. Insomma, se nessuno degli incaricati porta avanti il Trattato come è possibile che esso avanzi da solo? Infatti, a quanto risulta alla Verità l'intenzione di arrivare a una firma c'è. Eccome che c'è. Il ministero degli Esteri, guidato da Luigi Di Maio ha ripreso in mano la partita e con soddisfazione del Colle è pronto a portarla avanti. Ci sono stati diversi abboccamenti. Non ci vuole un esperto né un sottile analista per capire che a breve, prima dell'inverno, si arriverà a uno scontro. Da un lato il governo e gli uomini di Draghi, dall'altro i filofrancesi desiderosi di fare bella figura anche con Mattarella. L'obiettivo è mantenere la trattativa il più possibile sotto traccia per arrivare a renderla pubblica a cose fatte. Il governo e Washington non la pensano allo stesso modo. Basti pensare all'incarico ricevuto da Joe Biden nella gestione della Libia. Non si può in alcun modo gemellare con la struttura del Trattato ideata dal Colle. Anche le relazioni con la Russia, così come le ha impostate Draghi, dovrebbero essere riviste. Stesso discorso per la politica della Difesa, dell'aerospazio e la tradizionale manifattura. Capiremo però già prima dell'autunno che aria tira. John Elkann è stato nominato cavaliere del Lavoro. Sembra una onorificenza e lo è se la si guarda dal punto di vista quirinalizio. Ma è anche un impegno gravoso se si pensa che Fca ha ricevuto 6,3 miliardi di prestito garantito dallo Stato e ora chiede la cassa integrazione. Chissà se qualcuno chiedesse indietro il tesoretto?