2021-06-22
Così «La Verità» svelò la bufala dell’Italygate ai danni di Trump
Donald Trump (getty images)
Il finto complotto pro Biden ma ai danni di The Donald svelato dalla «Verità» finisce in Procura. Spunta un secondo affidavit.All'interno replica dell'ex collaboratore della Casa Bianca: «Mai avuto contatti con l'avvocato Alfio D'Urso».All'indomani delle elezioni negli Usa comincia a circolare un hashtag colpevolista: #italydidit. Tradotto l'ha fatto l'Italia. Secondo la teoria alcuni hacker coinvolti con gruppi italiani e intelligence, tramite un satellite militare del Fucino (che non esiste), avrebbero materialmente boicottato le elezioni favore di Joe Biden e ai danni di Donald Trump. Poco prima dei fatti di Capitol Hill compare in rete anche un affidavit firmato da un avvocato catanese. Il suo nome è Alfio D'Urso. Il legale firma il documento per sostenere che a confermare il complotto sarebbe un alto ufficiale italiano. La notizia non solo non è verificata, ma è falsa e non esiste proprio. Innanzitutto, l'hacker Arturo D'Elia (quello che a detta dei complottisti sarebbe coinvolto nella manipolazione oltre a essere un consulente di Leonardo) viene sì arrestato a dicembre ma per fatti risalenti all'inizio del 2017, quando venne allontanato da tutte le strutture del colosso della Difesa. Molto difficile immaginare che abbia fatto alcunché, nemmeno con l'aiuto del responsabile del Cert di Leonardo, Antonio Rossi, arrestato a sua volta per occultamento di prove. Il fatto è che D'Elia ha un passato di consulente per la Nato e per strutture di intelligence dell'Aviazione Usa. E deve essere quindi sembrato la persona giusta su cui cucire il vestito della fake news perfetta. Tanto che l'affidavit fece in poche ore il giro degli account vicini a QAnon, i cospirazionisti pro Trump. Rilanciato da tale Maria Strollo Zack, attivista trumpiana, candidata ben due volte per il Gop in Georgia negli anni Novanta, mai eletta, e ora coordinatrice dell'associazione Nation in Action. Ma la vera spinta al falso è arrivata ai primi di gennaio quando l'autore dell'affidavit ha registrato pure un video e l'ha diffuso su internet. Risultato? Su Parler, l'app «cancellata» in seguito da Amazon, la notizia è stata attribuita addirittura a un presunto giudice della Corte suprema italiana. Inutile dire che manco esiste tale carica qui da noi. L'effetto però è chiaro. Quello di una palla di neve che rotolando cresce fino a diventare una potenziale valanga eversiva. Come lo sono gli altri video in rete che attribuiscono addirittura a Sergio Mattarella link con i servizi inglesi. Dall'indomani La Verità cercò più volte di contattare l'avvocato catanese. Telefonicamente sia sul cellulare che presso lo studio. Mai risposto nemmeno ai messaggi. Salvo farci sapere di essere andato improvvisamente all'estero e che ci avrebbe parlato solo dopo uno statement proveniente dagli Stati Uniti. A fornirci la notizia che D'Urso era all'estero è stato Carlo Goria, dalle cronache nipote del celebre ministro e country manager di Usaerospace, già responsabile affari legali di Meridiana. «La notizia ancora più interessante è il link che li unisce, un ponte che porta il nome di Michele Ballarin Roosevelt, la presidente di Usaerospace. Più volte in Italia a partire dallo scorso maggio, sentita a giugno 2020 in commissione Trasporti dove di fatto spiegava l'interesse per Alitalia», scrivemmo in un articolo del 12 gennaio scorso. Il collega Daniele Capezzone fu contattato in precedenza dai due manager e fu facile ricostruire i link. In seguito alla nostra denuncia su carta stampata fu opportuno depositare un esposto alla Procura di Roma ravvedendo gli estremi di manipolazione se non direttamente del mercato finanziario, sicuramente di quello delle news. A quanto ci risulta anche Leonardo ha depositato una denuncia- querela quale parte lesa. Adesso i protagonisti delle cronache giornalistiche sono finiti al centro di una inchiesta dei pm romani. Sono ben 6 in nomi finiti nel mirino. Tra loro spiccano ovviamente quello della Roosevelt e di Goria oltre che l'avvocato. La misteriosa dama dell'aviazione è ora negli Stati Uniti e il Washington Post le ha dedicato un lungo articolo ricordando anche la falsa magione da 30 milioni di dollari. Mentre il manager è letteralmente sparito, lasciando in Italia professione e un passato quasi di prestigio. L'avvocato fa sapere su altri media di essere all'oscuro di tutto. Insomma, l'inchiesta dei pm sembra essere solo all'inizio. Si tratta di manipolazione del mercato ai danni di Leonardo o c'è dell'altro collegato all'ormai celebre Russiagate? Un mese fa un ex addetto (internship) alla Casa Bianca ai tempi di Trump ci ha contatti. Assieme a due collaboratori, uno di lingua inglese e uno di lingua italiana, si è messo alla ricerca di nuove prove a sostegno della teoria anti trumpiana. Ci ha mostrato un secondo affidavit (questa volta a firma Goria) nel quale si menzionavano vecchi e nuovi nomi (compresa quello di una società di sicurezza privata con sede a Roma) tutti - a dire del documento - coinvolti nella stessa «frode elettorale». Al di là degli errori grammaticali, le date non collimerebbero con i fatti. Gli interlocutori sostenevano anche di essere in contatto con D'Urso e di possedere altre evidenze. A fine luglio l'ex presidente Trump dovrebbe lanciare un nuovo social media o più facilmente un blog. Capiremo se l'inchiesta dei pm ha stroncato del tutto l'Italygate o ci saranno seguiti.Riceviamo una mail dai nostri precedenti contatti e volentieri riportiamo replica e relativa smentita. Chi sta cercando prove di attività illecite non era «un Intership, bensì Associate Director in attività presso l'ufficio incaricato di Trade and Manufacturing Policy». Smentisce anche di aver mai avuto contatti con l'avvocato Alfio D'Urso, autore dell'affidavit su cui indaga la Procura.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Alfredo Mantovano (Imagoeconomica)
Ranieri Guerra (Imagoeconomica). Nel riquadro, Cristiana Salvi