2025-11-09
Carofiglio, il samurai della giustezza in camicia bianca
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.Cognome e nome: Carofiglio Giovanni. Aka - conosciuto anche (e soprattutto) come - Gianrico. Look alla Bernard-Henri Lévy, camicia bianca senza cravatta, perché il nitore è il messaggio. Virginale simbolo di purezza e giustezza.Come da suo tour nei teatri, Il potere della gentilezza in jazz, sentimento virtuoso che incarna «l’opposto della mitezza. Non è remissività, ma una scelta consapevole e coraggiosa che implica la responsabilità di essere nel mondo».«Ma porca puttena», esclamerebbe a ’sto punto il suo concittadino Lino Banfi, «sembra una supercazzola».Del resto si sa, gli intellò - «ridicoli e stronzi», s’titolava così sul Foglio del 13 settembre 2013 l’analisi di Alfonso Berardinelli sull’aulica corporazione - sono unti, e bisunti, dalla grazia dell’eloquio forbito.Eleganti al limite del lezioso.Come appare talvolta Carofiglio, che alla domanda: «Il Carofiglio scrittore quando nasce?», ha risposto: «Nel settembre 2000, dopo un’estate in cui si era coagulata la perdita di senso» (del lavorocome magistrato). Capite? Un’idraulica del tubo esistenziale: gli si era coagulata la perdita, mica cotica, e del resto chi sono io per obiettare alcunché a chi nel 2010 ha scritto per Rizzoli La manomissione delle parole? Lo presentò anche su La7, dove oggi è di casa, in un’amena trasmissione in cui, quando si toccò il tema dei romanzi in vernacolo, spiegò: «Non vado pazzo per l’uso letterario delle lingue dialettali,lo rispetto ma io amo l’italiano». Al che quel fesso del padrone di casa tv gli citò Carlo Emilio Gadda e il suo Er pasticciaccio brutto, perdendo l’occasione di inzigare sui suoi rapporti con Andrea Camilleri, maestro di dialetto siculo, esploso come best-sellerista nella stessa casa editrice, quella di Elvira Sellerio (per la cronaca: quel conduttore ero io, ad AhiPiroso con Adriano Panatta e Fulvio Abbate). A Panorama dell’1 luglio 2019 ha concesso: «Voglio molto bene a Camilleri, uno scrittore molto interessante, ha una straordinaria inventiva linguistica, ma dal punto di vista letterario non potremmoessere più diversi».Carofiglio ha ammesso, con Aldo Cazzullo e Elvira Serra per il Corriere della Sera del 18 luglio 2024, che il vizio capitale dell’invidia non gli è estraneo: «Mi ha afflitto a lungo per varie ragioni: è stato penoso negarlo agli altri e a me stesso. Ma l’invidia rispetto a mio fratello Francesco (a sua volta scrittore e illustratore) era sana. Mi diceva: “Vedi com’è stato bravo?”. Oggi è molto meno nociva, ma resta una belva selvaggia. Anche se l’ammetti, se ci hai lavorato, non la elimini».E chissà se la bestia lo ha azzannato anche nei confronti di Michele Emiliano, come lui ex pm d’assalto, visto che i due giornalisti sottolineano che «Carofiglio risponde a tutto, tranne che a domande su Emiliano» (perché? Boh. Curiosamente, l’arcano non viene svelato). I due frequentavano lo stesso liceo classico, l’Orazio Flacco, con Emiliano «già iscritto alla Fgci» e Gaetano Quagliarello che «prima dell’approdo a destra, era un leader radicale, impegnato nellebattaglie civili e libertarie di Marco Pannella».Carofiglio si descrive invece come «progressista non militante», per quanto continuista alle urne: Pci-Pds-Ds-Pd. E rissaiolo alla bisogna, ma «solo per legittima difesa». Questo dopo essersi impratichito con il karate, arrivando alla cintura nera, livello quinto dan, il top di gamma. «Da ragazzino ero timido, fragile, goffo, sono stato bullizzato fino ai 14 anni. Poi ho cominciato con le arti marziali e il bullismo è cessato, si sono invertiti i ruoli», ha spiegato, sincero ma un po’ smargiasso, al Corriere del 6 luglio 2023.A Sette del novembre 2014: «Quando avevo 16 anni ho fatto a botte con un fascista. Dopo una discussione in classe mi aveva detto: “Ti aspetto fuori”. Gliene diedi tante. Da quel momento a scuola smisero di considerarmi uno sfigato allampanato e innocuo». Al citato Panorama: lei sembra così pacato. «Sbagliato. Non si deve far ingannare dalle apparenze. Una volta camminavo per strada quando mi aggredì un operaio, evidentemente fuori di senno, con una pala in mano, riteneva che avessi calpestato l’area sopra cui stava lavorando. Finì lanciato per aria», però, un «compagno» che fa decollare un operaio trasformato in un razzo missile, con circuiti di millevalvole, che manco Ufo Robot. Basta? Macché. «Stavo camminando con una collega magistrato a Firenze. Due giovani nordafricani tentano di scipparle la borsa. Accade in un minuto, ci scambiamo appena uno sguardo, poi tutto inizia, uno si appoggia a una ringhiera, mi spinge mi aggredisce, e io gli faccio: “Cerchi guai? Sparisci”. Lui ignaro di quello che stava per accadergli, mi risponde “Ti spezzo tutte le ossa”, poi mi afferra e salta per darmi una testata. Ma prima di potermi sfiorare finisce rovesciato sui tavoli, travolgendone almeno tre, mentre l’altro spacca una bottiglia di vetro e corre verso di me brandendola. Uso con lui una tecnica karate in cui fai cadere l’altro trascinandolo con te». Un po’ Bruce Lee, insomma, un po’ Chuck Norris con i suoi calci rotanti, un po’ Mario Brega in Borotalco: «J’ho tirato ’n destro ’n bocca, m’è cascato per tera come Gesù Cristo e io che je gridavo: “Arzate, ’a cornuto, arzate!”».Mancava solo che la collega lo interrogasse: «Ma chi erano?», e lui a minimizzare: «Niente, due de passaggio». Laureatosi con 110 e lode, nel 1985 «dopo aver cazzeggiato per un anno, un pomeriggio incontrai per strada Emiliano che mi fa: “Sto andando a iscrivermi all’esame di magistratura”». Carofiglio si dice: «Cur non ego?». Passa l’esame con 80, il massimo. Quindi pretore a Prato. In Procura a Foggia. L’Antimafia a Bari.Nel 1998, lo stop: «Una sconfitta che in modo inatteso m’ha cambiato la vita in meglio. Concorrevo per un posto nel comitato scientifico del Csm. Per vanità più che per ambizione. Non passai per un voto. L’anno successivo cominciai a scrivere storie». Nel 2002, dopo una bella serie di rifiuti, la telefonata di Sellerio: pubblicherò il suo romanzo. Carofiglio lo voleva intitolare Quello che il bruco: «Pensavo a Lao Tse: quello che il bruco chiama fine del mondo, il mondo chiama farfalla». «Grazie, come se avessi accettato», gli fece sapere l’Elvira, che scelse il più ficcante Testimone inconsapevole, che esplose nell’estate 2003, rimanendo gettonato per anni.Appende definitivamente la toga al chiodo quando diventa parlamentare nel 2008, anche se in politica ballerà una sola legislatura. Ma non manca di parlarne.A Concetto Vecchio di Repubblica ha riciclato un mantra democratico e antifascista: «Destra e sinistra esistono ancora, e sono categorie fondamentali. Chi sostiene il contrario è quasi sempre di destra», e te pareva, se non sei d’accordo con un sinistrato, sei fascista di default.Divenuto progressivamente un «intoccabile della Repubblica delle Lettere» (così Luigi Mascheroni), è scrittore prolifico: dall’inizio del secolo più di 30 pubblicazioni all’attivo, oltre sette milioni di copie vendute, un indubbio successo che gli consente sussiegose sentenze: «L’incipit di Anna Karenina, “Tutte le famiglie felici sono simili fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, è sopravvalutato».È stato tradotto in 30 e più lingue diverse, compresi il thailandese e lo swahili, che è parlato in Tanzania, Ruanda e Burundi, e infatti nel capoluogo pugliese si è usi dire: «S’ Burun tness u’ mer, fuss ’na piccula Ber».È approdato financo in tv con un suo programma, Dilemmi, candidandosi a «esponente più eminente della woke tv, quella dei giusti, dei corretti, dei migliori», così nel 2022 il critico Aldo Grasso. «In una puntata con Walter Siti e Stefano Massini i tre si misuravano sull’altezza della loro cultura (citazioni, controcitazioni, riferimenti, richiami) come fosse una gara a dimostrare chi avesse il sapere più lungo», per dir così. Anche su magistratura, giudici, carriere interviene ancora oggi. Una volta facendomi avvertire un urticante fastidio.Nel dicembre 2022 espone alla Stampa una «provocazione»: «Il tirocinio di chi lavorerà con la libertà delle persone dovrebbe includere tre giorni da detenuto. Dopo sarebbe meno probabile un uso disattento - a volte capita ancora - delle misure cautelari».«Come, come?», mi dico. Ma è un’idea di Leonardo Sciascia, sul Corriere del 7 agosto 1983, a proposito del caso Enzo Tortora (i miei sette lettori sanno che qualcosina sul tema la conosco). Carofiglio era pure recidivo. Si era così già espresso nell’agosto 2012, da senatore Pd intervistato da Radio Radicale: «Ho proposto, e non provocatoriamente (aridanga), che chi entra in magistratura dovrebbe, nel periodo del tirocinio, essere ristretto per tre giorni in carcere».Intendiamoci: potrebbe non aver saputo del precedente, e quindi l’appropriazione indebita sarebbe avvenuta in buona fede. Carofiglio ha confessato: «Amo molto una teoria di Carl Jung, quella sulla “sincronicità causale”, secondo cui le storie acquistano senso quando le racconti».E soprattutto quando te le racconti abbellendole e facendole tue.
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
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