2025-11-09
La sola ansia dell’Oms in pieno Covid: coprire il governo per tenersi i fondi
Ranieri Guerra (Imagoeconomica). Nel riquadro, Cristiana Salvi
Nelle carte di Zambon alla Procura gli scambi di opinioni tra i funzionari Cristiana Salvi e Ranieri Guerra: «Mitighiamo le critiche, Roma deve rifinanziare il nostro centro a Venezia e non vogliamo contrattacchi».Un rapporto tecnico, destinato a spiegare al mondo come l’Italia aveva reagito alla pandemia da Covid 19, si è trasformato in un dossier da riscrivere per «mitigare le parti più problematiche». Le correzioni da apportare misurano la distanza tra ciò che l’Organizzazione mondiale della sanità dovrebbe essere e ciò che era diventata: un organismo che, di fronte a una crisi globale, ha scelto la prudenza diplomatica invece della verità. A leggere i documenti depositati alla Procura di Bergamo da Francesco Zambon, funzionario senior per le emergenze sanitarie dell’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms, il confine tra verità scientifica e volontà politica è stato superato.Il file che lo prova si intitola Una sfida senza precedenti. La prima risposta dell’Italia al Covid-19 . È una versione del rapporto in quel momento (11 maggio 2020) già approvata e pronta per la pubblicazione. E ha scatenato un carteggio, pure questo acquisito dai magistrati, che vede protagonista Cristiana Salvi, allora responsabile delle relazioni esterne e della comunicazione del rischio dell’Oms per la Regione europea, in servizio a Copenaghen. Le sue osservazioni sono tutte nella stessa direzione: ammorbidire. Sul passaggio in cui Hans Kluge, direttore regionale, scriveva che il virus «ha portato il sistema sanitario al collasso», la Salvi non si fa troppi problemi ad annotare: «È importante distinguere che il collasso fu al Nord e non direi che fece andare il mondo nel panico». Sull’incipit del rapporto, «l’Italia osserva la diffusione del coronavirus in Cina», ci piazza un’altra nota: «Non direi che l’Italia osservava». E ancora: «Non parliamo di panico. Troppo drammatico, non fu questa la sola ragione della diffusione nazionale». Quando il testo elogia il modello Veneto e critica implicitamente la Lombardia, la Salvi avverte: «Dire sistematicamente che il Veneto fa meglio degli altri è una bomba mediatica». E in un altro punto scrive: «Finora abbiamo cercato di giustificare ciò che è accaduto senza accusare l’Italia sui media; questo testo sarà molto critico verso di noi e verso il Paese». Il tono non lascia spazio a equivoci: il problema non è la precisione dei dati, ma l’effetto politico. E la conferma arriva poche ore dopo in una mail interna dell’11 maggio 2020, inviata alle 22.09 dalla Salvi a Zambon e a Ranieri Guerra, allora vice direttore generale dell’Oms. «Vedo questo rapporto come una vera e propria bomba mediatica», scrive la Salvi. «In molti casi, rilasciando interviste, Ranieri ed io abbiamo cercato di arginare le critiche che questo rapporto denuda completamente. Il mio suggerimento è di rivedere il tono e mitigare le parti più problematiche. Inoltre credo che, prima di far uscire un rapporto così articolato sull’esperienza Italia, non possiamo non condividerlo col ministero (quello della Salute, in quel momento guidato da Roberto Speranza, ndr). Non si tratta tanto di una panoramica sul supporto Oms ma sull’operato del governo, dunque riguarda il Paese da vicino. Potremmo sollevare il disappunto del governo (il primo di Giuseppe Conte, ndr) altrimenti». Guerra le risponde con lo stesso tono: «Siamo in una fase estremamente delicata, dobbiamo pesare le parole in maniera molto cauta, soprattutto se rimangono scritte e se lo sono su un documento ufficiale Oms. […] Sto per iniziare col ministro il percorso di riconferma parlamentare (e finanziaria) del centro di Venezia e non vorrei dover subire ritardi o contrattacchi da parte di chi non ci vuole bene». La scienza, quindi, passa in secondo piano. Piegata in favore delle buone relazioni. Ma anche dei finanziamenti (che l’Oms aspettava dall’Italia). Il giorno dopo il rapporto viene pubblicato sul sito dell’Oms Europa e rimosso in meno di 24 ore. Dentro c’era scritto che il piano pandemico italiano era fermo al 2006, semplicemente «riconfermato» nel 2017. C’era scritto che la risposta all’epidemia era stata caotica, improvvisata, diversa da regione a regione. E c’erano descrizioni forti, come il «collasso» del Sistema sanitario al Nord, che i revisori hanno cercato di togliere o addolcire. Zambon, responsabile del gruppo di Venezia che aveva redatto il rapporto, parlò di «pressioni» ricevute per modificarlo. Nel 2021 si dimise, sostenendo che la situazione era «umanamente e professionalmente insostenibile». Perché l’Oms, sotto influenza del governo italiano, aveva censurato un documento scomodo. Le sue parole sono finite in una memoria di oltre 1.500 pagine consegnata ai magistrati di Bergamo che hanno indagato, senza molti risultati, sulla scelta di non dichiarare Zona rossa la Val Seriana. Se si mettono in fila i fatti, il quadro è lineare. Il 7 maggio 2020 Guerra riceve la bozza del rapporto. L’11 maggio, a poche ore dalla pubblicazione, invia a Zambon la versione con commenti in giallo. Nella stessa giornata la Salvi manda la mail in cui invita a «mitigare le parti più problematiche» e a «condividere il testo con il ministero». La sera del 13 maggio il documento appare online e il giorno dopo sparisce. È la prova, scritta nero su bianco, che un organo delle Nazioni unite ha chiesto di allineare un documento scientifico alle sensibilità di un governo nazionale. Non è un dettaglio tecnico, perché l’Oms è un’istituzione che dovrebbe essere autonoma e indipendente nella gestione delle crisi sanitarie. Ma in quelle righe si legge una preoccupazione più politica che sanitaria. La Salvi parla di «bomba mediatica», di «disappunto del governo», di «immagine del Paese». Guerra teme «contrattacchi» che possano rallentare la conferma parlamentare del centro di Venezia. Nessuno dei due, nelle mail, contesta i dati o chiede verifiche scientifiche. L’obiettivo, per nulla velato, è non urtare il governo.
Alfredo Mantovano (Imagoeconomica)