2025-11-09
Regionali, per salvarsi la carriera la Schlein si inginocchia a De Luca
Elly Schlein e Vincenzo De Luca (Ansa)
Dopo aver sfidato lo «sceriffo di Salerno» il segretario dem si rimangia tutto. E per Roberto Fico conta sui voti portati dal governatore, che impone ricompense per il figlio. Sulla partita veneta, Ignazio La Russa apre a Luca Zaia nel governo.«Vinciamo»: il coordinatore regionale di Forza Italia in Campania, Fulvio Martusciello, capodelegazione azzurro al Parlamento europeo, lo dice alla Verità e sembra convinto. L’ennesima manifestazione elettorale di Fi al centro di Napoli è un successo clamoroso: centinaia di persone, il ritratto di Silvio Berlusconi troneggia nella sala. Allora crede ai sondaggi più ottimisti? «No», aggiunge Martusciello, «credo a quello che vedo. Siamo riusciti a entrare in tutte le case, abbiamo inventato il coordinatore di citofono, che si occupa di curare non più di due condomini. Parcellizzando la campagna, riusciremo a mandare a casa una sinistra mai così disastrata». Alla remuntada in Campania credono tutti: da Giorgia Meloni in giù. Il candidato presidente del centrodestra, Edmondo Cirielli, sente aria di sorpasso e spinge sull’acceleratore. Sul versante opposto, Roberto Fico è in difficoltà. Troppe contraddizioni con il suo passato: i video degli anni scorsi, gli attacchi a Vincenzo De Luca, Clemente Mastella, Armando Cesaro, tutti suoi attuali alleati, riemergono e imbarazzano l’ex pupillo di Beppe Grillo. Poi c’è la questione dell’ormeggio del suo gozzo a creare problemi: «Se dovesse risultare vero», incalza la deputata di Fdi Imma Vietri, «che il candidato del centrosinistra Roberto Fico abbia ormeggiato la propria imbarcazione abusivamente nell’area militare di Nisida, saremmo di fronte a un fatto moralmente grave». Fico però mostra coraggio, accettando il confronto con Cirielli: «Ma certo, non c’è problema». Si sente tranquillo, grazie alle liste della sua coalizione, piene zeppe di mega-portatori di voti a pacchi e pacchetti. Tra queste, spicca «A testa alta», la lista di Vincenzo De Luca, che ha già stravinto la sua battaglia: Elly Schlein e i suoi pretoriani campani lo hanno prima messo all’indice, e poi sono tornati a Canossa, anzi a Salerno, e gli hanno detto «dacci una mano». Lui in cambio ha preteso mari e monti: il figlio Piero segretario regionale del Pd, la possibilità di fare una sua lista, tutto gli è stato concesso. Elly Schlein, se dovesse perdere la Campania, andrebbe a casa, e il Nazareno val bene una bruttissima figura politica: «Vincenzo, perdonaci!». Lui non perdona, ma i suoi candidati di «A testa alta» macinano voti, così come macina voti il vero grande regista della candidatura di Fico, che risponde al nome di Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli e acerrimo avversario proprio di De Luca. Il centrosinistra campano, parliamoci chiaro, è una sommatoria puramente aritmetica di portatori di voti: Fico non ha nulla in comune con almeno la metà dei suoi alleati. Se dovesse vincere, avrebbe una navigazione (a proposito di barche) assai complicata: se poi i consiglieri deluchiani saranno determinanti, sarà burrasca perenne. «Rimontiamo!», scandiscono dal centrodestra sui social e nelle agenzie, e del resto se ci crede la Meloni perché non dovrebbero crederci loro? In arrivo vagonate di ministri nei prossimi giorni, mentre il premier sarà a Napoli, con i leader del centrodestra, il 14 novembre per la consueta manifestazione unitaria. Del resto, la Campania è sempre stata «contendibile»: nel 2010 Stefano Caldoro sconfisse De Luca 54 a 43, nel 2015 De Luca si prese la rivincita battendo Caldoro di meno di tre punti (c’erano i 5 stelle da soli). Il 2020 non fa testo: il Covid trasformò De Luca in una popstar internazionale, prese il 70% senza i 5 stelle, ma fu una elezione in nessun modo paragonabile alle altre. «Come Caldoro ha battuto De Luca», confida un big del centrodestra, «Cirielli può tranquillamente battere Fico, tanto più che la Meloni ha un voto di opinione molto forte». Lasciamo la Campania e saliamo in Veneto, dove pure siamo di fronte a un «dopo», con Luca Zaia che pur non essendo più candidato alla presidenza dopo ben tre mandati è in campo come capolista della Lega in tutte le province. Pure lui, come il «gemello diverso» De Luca, osteggiato in tutti i modi dai vertici romani del centrodestra, e pure lui determinante: potrebbe trascinare il Carroccio e impedire il sorpasso di Fratelli d’Italia. In Veneto la partita è tutta interna al centrodestra, guidato da Alberto Stefani: il campo avverso, che ha come candidato alla presidenza il dem Giovanni Manildo, non ha speranze. Ma Zaia? «È una risorsa per la politica italiana», dice al Mattino di Padova il presidente del Senato, Ignazio La Russa, «se dipendesse da me: porte aperte. Ma una cosa è il mio pensiero, altra cosa è la collocazione, che risponderebbe a esigenze diverse. Non vedo alcun motivo per cui gli alleati della Lega possano frapporre alcun ostacolo a un upgrade di Zaia. Anche al governo, ma questo dipende da Giorgia Meloni». Zaia ministro, una voce che ricorre spesso, ma il Doge non ha mai fatto mistero di preferire l’attività politica nel «suo» Veneto. Scontata la vittoria del centrodestra in Veneto, scontata quella del centrosinistra in Puglia, dove Antonio Decaro sembra ormai lanciatissimo verso la successione al suo ex padrino politico, Michele Emiliano. Luigi Lo Buono, candidato civico, sta conducendo una campagna elettorale sobria, all’insegna delle proposte, ma ha contro di sé una vera e propria armata elettorale e un candidato, Decaro, popolarissimo.