2025-10-06
La sinistra devota a Marx prova a manipolare il cinema. Ma quel «treno» è passato
Una foto di scena del fantasy «Snowpiercer» con Chris Evans e Tilda Swinton firmato dal coreano Bong Joon. Nel riquadro una tavola del fumetto
Ripubblicato, in versione integrale, il fumetto che ha ispirato il film «Snowpiercer» sulla ribellione dei poveri nei vagoni. I compagni si specchiano ignorando il presente.Nel 2013, il regista coreano Bong Joon-ho divenne famoso in tutto il mondo grazie a un film intitolato Snowpiercer. Una pellicola distopica tra le più riuscite. Era tratta da una serie a fumetti francese appartenente al genere cosiddetto post apocalittico, intitolata Le Transperceneige e creata da Jacques Lob e Jean-Marc Rochette. Il primo episodio era uscito nel 1982, in un’epoca dorata per il fumetto francese, soprattutto per la fantascienza che aveva raggiunto livelli d’eccellenza sulla rivista Metal Hurlant. Ora quel fumetto viene riproposto in edizione integrale in un bel volume pubblicato dalle edizioni Cosmo e nel frattempo, grazie anche al successo del film, ne sono stati prodotti un prequel sempre sotto forma di graphic novel e una serie televisiva.La trama è nota. L’umanità ha scatenato una catastrofe naturale e il mondo intero è diventato un inferno di ghiaccio. La gran parte degli esseri umani è stata spazzata via. I pochi che si sono salvati vivono a bordo di un treno - lo Snowpiercer - che continua a viaggiare per il globo. Questo treno è diviso in classi: in fondo ci sono i vagoni in cui abitano i più poveri, costretti a sopravvivere in condizioni pietose, ammassati come bestie e nutriti con una orrenda miscela proteica. A mano a mano che si avanza verso la locomotiva la situazione cambia. I più ricchi, coloro che sono riusciti a permettersi un biglietto mostruosamente costoso, vivono in enormi cabine con ogni genere di comfort, cibo e divertimento. Una situazione intollerabile che proseguirà fino a quando dal fondo non si scatenerà una ribellione. Ed ecco l’aspetto più interessante dell’opera. I più, all’uscita del lungometraggio di Bong Joon-ho l’hanno interpretata come una distopia marxista, o comunque di sinistra. Del resto è fin troppo facile correre con il pensiero alla lotta di classe, che si manifesta nella divisione per censo del treno. Decine di riviste sinistrorse si sono affrettate a recensire il film presentandolo come un lavoro radicale, come il simbolo della rinascita della sinistra. Eppure Snowpiercer è solo apparentemente facile da catalogare. E se non fosse davvero un’opera dalle venature marxiste? A ben vedere, la società oppressiva della saga potrebbe anche essere una allegoria del comunismo reale. Tutto il treno è mandato avanti da una casta di burocrati che a tratti appaiono intrisi di fanatismo religioso: venerano la locomotiva del treno e il suo creatore. Difficile pensare anche che a bordo viga un sistema capitalista. In realtà non c’è alcuna economia: ai più poveri vengono forniti assistenza e cibo dai dominatori del convoglio. La ribellione che esplode potrebbe anche non essere una rivolta «proletaria», ma nazionale e di popolo. In fondo i passeggeri non hanno consapevolezza di classe, semplicemente vogliono difendere «la propria gente». È questo che rende Snowpiercer così intrigante: la pluralità di interpretazioni possibili, la forma prismatica della sua critica sociale. La National Review, rivista americana non certo di sinistra, tempo fa ha illuminato un aspetto interessante della storia: «Una profonda verità sulla condizione umana emerge al di là di ogni politicizzazione», ha scritto. «L’obiettivo fondamentale dell’uomo, la sua essenza, è trascendere le sue circostanze. È qui che l’allegoria del film funziona meglio e supera con maggior successo le sue radici marxiste: nel sottolineare che la questione più importante non è, come insisterebbe l’analisi marxista, chi controlla il treno, ma piuttosto l’importanza di rendersi conto che il treno non è la realtà fondamentale». In qualche modo, Snowpiercer parla a più livelli e a più sensibilità politiche. E insegna che la distopia può avere più colori, anche contemporaneamente.
Sandro Mazzola (Getty Images)