2023-11-14
Roma-Parigi-Berlino: «La priorità è isolare i fondamentalisti». E Borrell critica l’Anp
Nuovo asse al Consiglio europeo, unanime nel chiedere pause al conflitto. L’Alto rappresentante resta ambiguo sul dopo Gaza.Sotto la pressione interna ed esterna, Benjamin Netanyahu vuole Tony Blair come «coordinatore umanitario». Olaf Scholz: «I due Stati? Solo senza i terroristi».Lo speciale contiene due articoli.Cessate il fuoco o «pausa umanitaria», ma senza dimenticare che Hamas è un’organizzazione terroristica e come tale non può essere più foraggiata dagli Stati europei. A Bruxelles il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, si è presentato ieri al Consiglio Ue dei capi delle diplomazie dei 27 con un documento, promosso assieme a Francia e Germania, che ha l’obiettivo di sgomberare il campo da tutte le ambiguità riguardo ai terroristi autori dei massacri del 7 ottobre contro i civili israeliani. All’ordine del giorno della riunione i punti erano molti, ma inevitabilmente i nodi più urgenti da risolvere erano quelli relativi a come immaginare un alleggerimento immediato e, in prospettiva, una soluzione pacifica sostenibile alla situazione di Gaza e di tutta l’area. Per quanto riguarda il primo punto, l’unanimità dei partecipanti è stata raggiunta su un documento che prevede l’incremento delle pause umanitarie «a singhiozzo» nella Striscia già messe in atto negli ultimi giorni, mentre sul cessate il fuoco (chiesto a gran voce dalla Spagna) la posizione dei Paesi più vicini agli Usa appare più severa. Quanto alla fase successiva del conflitto in atto, Tajani ha spiegato quale a suo avviso (e a qeullo di Parigi e Berlino) dovrebbe essere lo schema più efficace, molto simile a ciò che è stato fatto in Libano dopo la recrudescenza della guerra civile alla metà degli anni Duemila, e cioè una presenza delle Nazioni Unite sulla falsariga della missione Unifil nella quale, come è noto, il nostro Paese ha avuto e ha un ruolo rilevante. «Chiediamo tutti la liberazione immediata degli ostaggi nelle mani di Hamas senza contropartite», ha affermato Tajani, «e pause umanitarie urgenti per permettere alla popolazione civile palestinese di potersi allontanare dai luoghi di combattimento per permettere altresì l’ingresso di beni per la popolazione attraverso un incremento anche dei tir che entrano attraverso la porta di Rafah. Al centro del dibattito di oggi, ha spiegato, «c’è stato anche il documento italo-franco-tedesco, che ha l’obiettivo di isolare Hamas, impedirle di nuocere, ridurle i finanziamenti e impedire che ci sia un’impennata di antisemitismo in Europa e nel mondo. È inaccettabile infatti che ancora ci sia qualcuno che dica che lo Stato di Israele deve essere cancellato dalla carta geografica. Noi abbiamo sempre fatto capire a Israele che nessuno mette in discussione il diritto di questo Paese a esistere. Sono frasi inammissibili, violente e che non hanno precedenti nelle sedi delle Nazioni Unite, né nei consessi internazionali. Detto questo», ha affermato ancora il nostro ministro degli Esteri, «noi riteniamo che già ci sia stato qualche risultato grazie alle nostre pressioni perché nelle ultime ore e negli ultimi giorni ci sono state più pause di quante ce ne fossero in passato». Entrando poi nel merito di come organizzare il dopo, Tajani ha spiegato che, a suo avviso, «Gaza deve essere parte di un futuro Stato palestinese e noi riteniamo che l’unica organizzazione legittimata a governare lo Stato palestinese sia la Anp, che deve naturalmente modificarsi e modernizzarsi. In una fase di transizione, per esempio, potrebbe esserci una presenza delle Nazioni Unite e per evitare un ritorno di fiamma una presenza tipo Unifil, come c’è al confine tra Israele e Hezbollah. Noi siamo pronti a fare la nostra parte qualora dovesse essere richiesta. Stiamo per inviare i carabinieri», ha aggiunto, «per poter svolgere un ruolo di ponte tra le polizie palestinesi e la polizia israeliana. L’Italia, che ha una grande credibilità nell’area mediorientale, può svolgere un ruolo importante anche per il futuro di una realtà che deve avere come obiettivo finale, la creazione di due Stati per Israele, che nessuno può pensare di cancellare dalla carta geografica».L’iniziativa di Tajani, però, si è imbattuta in una certa - e non nuova - ambiguità da parte dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, il quale, nella conferenza stampa seguita alla riunione, ha giocato con le parole parlando di «un’autorità palestinese» e «non necessariamente dell’Autorità palestinese», discostandosi in sostanza dalla parte del documento italo-franco-tedesco in cui si chiede l’emarginazione di Hamas. «A Gaza», ha detto Borrell, che da oggi sarà in missione in Israele, Palestina, Bahrein, Arabia Saudita e Qatar, «deve tornare una autorità palestinese. Ho detto una autorità», ha proseguito, «non l’Autorità palestinese. I suoi termini di riferimento e la sua legittimità dovranno essere decisi e definiti dal Consiglio di sicurezza e questa autorità dovrà essere fortemente appoggiata. C’è da ricordare che già un paio di settimane fa l’Alto rappresentante aveva tenuto a smarcarsi dalla linea del sostegno a Israele, polemizzando con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen dopo la missione di quest’ultima a Washington. Borrell ha poi parlato di «un numero di morti che supera già le 11.000 persone, tra cui moltissime donne e bambini» e di un milione e mezzo di sfollati, proponendo anche dei «porti galleggianti» per realizzare corridoi marittimi, riprendendo una proposta di Cipro. Sul versante dei Paesi arabi, l’Organizzazione della cooperazione islamica (Oci) ha chiesto un «cessate il fuoco incondizionato, ora», aggiungendo che «chi si oppone al cessate il fuoco immediato non fa altro che dare il proprio placet al continuo massacro di civili a Gaza». In Giordania re Abdallah, dopo aver incontrato le massime cariche istituzionali, ha ribadito la contrarietà del suo Paese all’azione militare israeliana, definita un «attacco ai diritto dei palestinesi».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/roma-parigi-berlino-isolare-fondamentalisti-2666255456.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="netanyahu-pensa-a-un-ruolo-per-blair" data-post-id="2666255456" data-published-at="1699912740" data-use-pagination="False"> Netanyahu pensa a un ruolo per Blair Nessun cessate il fuoco. Nessun passo concreto sulla strada che porta alla risoluzione diplomatica del conflitto tra Israele e Hamas. Lo Stato ebraico punta alla vittoria militare e non ha alcuna intenzione di fermare l’offensiva all’interno della Striscia di Gaza. È quanto è trapelato ieri dalle parole di Benjamin Netanyahu nel corso di una visita al battaglione di ricognizione del deserto, l’Unità 585: «Noi vinceremo. Non ci saranno pause. Stiamo andando verso la vittoria totale», ha detto ai soldati il premier israeliano. Bibi, però, deve fare i conti sul fronte interno con le bordate dal leader dell’opposizione, Yair Lapid, che lo ha pubblicamente invitato a rimanere focalizzato sulla guerra e sulle condizioni economiche del Paese, anziché incolpare altri per ciò che è successo il 7 ottobre; e su quello esterno con le opinioni pubbliche e la pressione internazionale di gran parte dei governi. Si spiegherebbe così l’indiscrezione lanciata ieri dal sito di informazione Ynet secondo cui Netanyahu avrebbe chiesto a Tony Blair di assumere il ruolo di coordinatore umanitario per la Striscia di Gaza. L’ex primo ministro britannico nel suo curriculum vitae può vantare l’esperienza di inviato speciale del Quartetto per il Medio Oriente, quel gruppo creato a Madrid nel 2002 a cui appartengono Stati Uniti, Russia, Ue e Onu. Dal 2007 al 2015 Blair partecipò a diverse missioni, in una delle quali, nell’agosto del 2009, presentò un piano di pace che includeva nei negoziati la presenza sia di Hamas che di Hezbollah. Ora, stando agli alti funzionari anonimi citati dal portale israeliano, Tel Aviv prova a giocare questa carta per attenuare le inquietudini provenienti dall’estero in merito alle condizioni umanitarie causate dall’intervento militare e al prezzo fin qui elevatissimo che stanno pagando i civili. Dall’ufficio di Blair hanno commentato la notizia dicendo di non aver ricevuto alcuna offerta. Sul piano della diplomazia mondiale, si attendono e si auspicano buone notizie dal summit che Joe Biden e Xi Jinping terranno domani a San Francisco, a margine del vertice Apec, la cooperazione economica Asia-Pacifico. Un messaggio forte da Pechino in Medio Oriente è già arrivato ieri, però, con il ministro degli Esteri Mao Ning che ha fatto sapere, attraverso il suo portavoce, che «la Cina sostiene tutti gli sforzi per fermare l’escalation del conflitto tra Hamas e Israele a favore della pace, avendo una posizione altamente coerente con i Paesi arabi, islamici e africani». Dalla Germania è intervenuto Olaf Scholz. Il cancelliere tedesco ha sostanzialmente detto che «una soluzione a due Stati sarà possibile solo e soltanto senza Hamas», dopo che il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanani, aveva detto che «non può esserci altra soluzione se non avere un solo Stato palestinese». Di quel che potrà e dovrà essere il futuro a Gaza ha parlato anche Josep Borrell. L’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, che in settimana si recherà in missione in Medio Oriente, ha articolato il suo piano in tre condizioni: «No allo sfollamento forzato della popolazione fuori da Gaza. No all’occupazione di Gaza da parte di Israele, nessuna modifica territoriale e nessun ritorno di Hamas, no alla slegatura di Gaza dal resto del territorio palestinese». Nessun passo in avanti sulla liberazione degli ostaggi. Un alto funzionario di Hamas ha chiarito che il gruppo valuterà solo uno «scambio completo» di prigionieri, che contempli quindi anche l’uscita dalle carceri israeliane dei terroristi.
La riunione tra Papa Leone XIV e i membri del Consiglio Ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi dello scorso giugno (Ansa)
Auto dei Carabinieri fuori dalla villetta della famiglia Poggi di Garlasco (Ansa)