2025-10-25
«Esistono solo due generi». Finisce in cella
Un cittadino svizzero è andato dietro le sbarre dopo aver scritto sui social che «se riesumi le persone Lgbtqi tra 200 anni, troverai solo maschi e femmine basandoti sui loro scheletri». E c’è chi gongola: «Le critiche al gender non saranno tollerate».«Se riesumi le persone Lgbtqi 200 anni dopo, troverai solo uomini e donne basandoti sui loro scheletri. Tutto il resto è una malattia mentale incoraggiata dal programma scolastico». Sarà pure un filo ruvido e provocatorio nella parte finale, ma vi sfidiamo a trovare qualcuno che sia in grado di smentire questo semplice ragionamento formulato dallo svizzero Emanuel Brünisholz. Eppure il prossimo 2 dicembre questo signore, che di professione ripara strumenti a fiato, entrerà in carcere e vi rimarrà per dieci giorni proprio a causa di ciò che ha scritto su Facebook.Nel dicembre del 2022, Brünisholz ha pubblicato quel commento sotto a un post di un politico svizzero, ed è stato accusato da attivisti di trans di «incitare all’odio». Dopo essere stato interrogato dalla polizia nell’agosto 2023, l’uomo è stato ufficialmente incriminato sulla base di una legge contro le discriminazioni il cui campo è stato recentemente allargato all’orientamento sessuale. Il procedimento si è concluso con la condanna di Brünisholz a 500 franchi svizzeri (poco meno di 600 euro) di multa.L’uomo ovviamente non si è dato per vinto, ha presentato ricorso ma lo scorso dicembre è stato nuovamente condannato. Il tribunale, oltre al pagamento della multa, gli ha imposto anche di versare 600 franchi di spese processuali. Brünisholz ha rifiutato di pagare, e a quel punto la pena si è tramutata in dieci giorni di prigione che dovrà scontare a breve.Si tratta con tutta evidenza di una vicenda allucinante che sta più dalle parti di Kafka che da quelle di Orwell. Tanto per dire: il giudice che ha condannato Brünisholz, nella sentenza, confonde identità di genere e orientamento sessuale. Per un magistrato, l’imputato «sostiene che l’orientamento sessuale come descritto dalla comunità Lgbtqi non esiste, ma è una malattia mentale. Egli nega quindi alle persone che appartengono a questo gruppo il loro diritto umano all’esistenza». In realtà, Brünisholz non ha negato alcun diritto umano, ha solo scritto che esistono maschi e femmine, e che la biologia e la conformazione ossea difficilmente possono mentire. Non ha citato verità di fede o tesi politiche, ha ribadito una evidenza scientifica. Ma persino dire la verità diventa oggi un reato, anzi uno psicoreato di incitamento all’odio.Per altro, come nota la rivista online Spiked, a Brünisholz è stato spiegato che la sua condanna è «una lezione, per fargli comprendere la gravità della questione». In buona sostanza gli è stata inflitta una pena rieducativa, così che altri non si azzardino a imitarlo. «Questo è il vero scopo del caso: inviare un messaggio a tutta la Svizzera: le critiche all’ideologia gender non saranno tollerate», ha commentato Andrea Seaman, direttrice generale di Bündnis Redefreiheit (Alleanza per la libertà di parola) e copresidente di Lgb Alliance Switzerland, cioè di una associazione arcobaleno che però è lontana dalle istanze transgender. «Forse non sorprende», continua Seaman, «in un Paese in cui è possibile cambiare la propria identità di genere per 75 franchi svizzeri presso l’ufficio anagrafe locale. E così un uomo finisce in prigione per aver detto la verità. La legge, che dovrebbe proteggere la libertà, è stata usata qui per minarla. A meno che gli svizzeri non vogliano vivere in una società in cui i tribunali impongono la conformità all’ideologia trans, questo caso deve essere un campanello d’allarme. È ora che la Svizzera si opponga a questa assurdità antiscientifica e illiberale».Non sembra tuttavia che la vicenda di Brünisholz abbia suscitato grande scalpore. I media europei ne hanno parlato pochissimo, in Italia solo Leonardo Panetta l’ha raccontata, e nel resto dell’Occidente giusto un paio di cronisti ne hanno trattato. E questo deve farci preoccupare non poco. Sarà pure vero che il fenomeno woke dopo la vittoria di Donald Trump e dopo l’avanzamento delle destra in Europa è arretrato. Ma il politicamente corretto non è morto, per niente. E anche se lo fosse, i danni che ha commesso sono difficilmente rimediabili. Vi sono stati casi di censura che si sono conclusi bene, ad esempio quello che coinvolgeva il comico irlandese Graham Linehan, accusato di spargere odio per due post critici verso i trans e archiviato dalle autorità britanniche qualche giorno fa. Ma il punto è che le varie norme «anti odio» approvate in questi anni dai governi europei non vengono messe in discussione o abrogate. Sono anzi divenute strutturali. Vero, alcune grandi aziende stanno abbandonando le politiche cosiddette inclusive, ma le istituzioni sono lente a cambiare, e comunque le burocrazie transnazionali sono ancora imbevute di ideologia. Di fronte a una storia come quella di Brünisholz dovrebbe esserci una sollevazione popolare, dovrebbero intervenire gli attivisti per i diritti umani. Ma non accade nulla di tutto questo. Egli viene sostanzialmente abbandonato al suo destino. Andrà in galera per aver detto la verità, e ai più sta bene così.
La riunione tra Papa Leone XIV e i membri del Consiglio Ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi dello scorso giugno (Ansa)