
«Non c’è un amore più grande». Lo teorizza un documento della diocesi di Chiavari diffuso online per riscaldare i cuori dei fedeli accanto al presepe. Titolo del libretto: Amare. Il problema è che si tratta anche dell’amore omosessuale, perché due delle cinque storie «esperienziali» sintetizzate dalla foto del Bacio di Gustav Klimt riguardano coppie gay, che rivelano di avere convissuto all’interno della comunità parrocchiale e invocano un riconoscimento ufficiale della loro unione. Se l’intento della Pastorale della famiglia della curia ligure nei giorni dell’Immacolata è quello di essere il più possibile inclusiva, l’effetto è un terremoto prenatalizio: una petizione con 1.161 firme ha preso forma in poche ore, è stata siglata anche da parroci e chiede «il ritiro del documento e adeguate sanzioni canoniche» per il vescovo Giampio Devasini e per il responsabile del progetto don Marco Torre.
I destinatari del gesto di ribellione nei confronti dell’insinuarsi del movimento Lgbtq+ nelle parrocchie sono nomi illustri: papa Leone XIV, il presidente della Cei cardinale Matteo Zuppi e la personalità operativa più alta in grado riguardo al tema, il cardinale Victor Emanuel Fernandez, prefetto del dicastero per la Dottrina della fede. Poiché quest’ultimo è uno dei più strenui fan delle unioni omosessuali (c’è la sua firma sotto la dichiarazione Fiducia supplicans che autorizza le benedizioni alle coppie gay e ha fatto insorgere la Chiesa africana) è probabile che tutto finisca ad ammuffire nelle cantine del Vaticano. Lo stesso cardinal Zuppi è stato protagonista dell’approvazione sinodale del documento Lievito di pace e di speranza con un’apertura verso le persone omoaffettive.
Ciò non significa che l’argomento sia marginale e che il nervo della comunità cattolica non sia scoperto. Il problema principale è sempre lo stesso: fino a prova contraria i modelli morali e comportamentali di omosessuali e transgender - spacciati come «buona notizia» dalla Chiesa iperprogressista -, sono contrari alla dottrina, al catechismo e al magistero della Chiesa. È vero che papa Francesco aprì la porta alla tolleranza con quel «Chi sono io per giudicare?» che terremotò la cupola di San Pietro dopo duemila anni. Ma è altrettanto vero che lo stesso pontefice non mancò di prendere le distanze dalla deriva, sia in termini dottrinari («benedire le persone non significa benedire la loro unione fuori dalla morale cristiana»), sia cabarettistici con la famosa «frociaggine» dal sen fuggita. Quanto a Leone XIV, finora le sue parole risuonano come un chiavistello: «L’unica famiglia è quella costituita da un uomo e da una donna».
Non c’è un amore più grande? Parliamone. Come spesso accade, l’inghippo sta nel non detto da sacrestia. Lo scopo del testo vidimato dalla diocesi di Chiavari è quello di «divulgare òa buona notizia della relazione di coppia, sull’intimità e il valore della sessualità e della sensualità» senza mai specificare le quattro paroline: all’interno del matrimonio. Un cavallo di Troia perfetto per infilare, accanto a esempi compiuti di famiglia tradizionale, lampi di gaytudine secondo la moda corrente. Così le storie «Noi due» e «L’amore comincia col primo sogno» descrivono vicende omosessuali in purezza, «occasioni di scandalo» secondo gli indignati firmatari della petizione che sta facendo parecchio rumore.
Il vescovo Devasini non commenta ma neppure si sorprende. Dal 2021 monsignore a Chiavari, in questi anni ha premuto sull’acceleratore dell’inclusione e del cattolicesimo arcobaleno creando spesso polemiche con iniziative affidate all’arciprete don Torre. Quest’ultimo organizzò due anni fa con la Tenda di Gionata (associazione che promuove il matrimonio gay e sponsorizzò il ddl Zan) una serie di iniziative Lgbtq+friendly, alcune delle quali tenute addirittura in seminario e in giugno, che da mese dedicato al Sacro Cuore di Gesù diventò il mese dell’orgoglio omosessuale. Un altro incontro, allestito nell’auditorium San Francesco, fu trasmesso fra le polemiche su Teleradiopace, l’emittente diocesana. Il Sextival di Rapallo («festival della salute sessuale») è organizzato dall’associazione La Nassa, che ha sede nella parrocchia di Sant’Anna.
Il Tigullio fluido non piace a tutti, ma il vescovo tira dritto e don Marco Torre spiega: «In questo tempo sinodale la nostra Chiesa diocesana desidera mettersi in ascolto di storie affettive dentro un cammino di fede. L’ascolto di una storia può spiazzare e mettere in crisi; per questo ci muove, ci apre». Anche al rigurgito per l’ossessione arcobaleno. È curioso notare un dettaglio: nella raffica di incontri gay-friendly tutti i relatori erano bolognesi, guidati da don Gabriele Davalli, direttore dell’ufficio Famiglia della diocesi di Bologna. La tendenza non cambia, il librino sull’amore (anche) omosessuale lo sottolinea implicitamente. E conferma la divaricazione in atto fra le indicazioni alla prudenza di papa Leone e le fughe in avanti degli iperprogressisti della Cei. La dottrina Zuppi è più viva che mai.





