2025-10-25
Il Garante privacy strapazza Ranucci. «Sue accuse gravissime, mi tutelerò»
Pasquale Stanzione (Ansa)
Il giornalista, punito per aver diffuso un audio di Gennaro Sangiuliano, aveva bollato l’Authority come «emanazione del governo». Il presidente Pasquale Stanzione: «Sono parole lesive, salvaguarderemo la nostra dignità istituzionale».Qualcuno crede davvero che nel nostro Paese, come sostiene Elly Schlein, con la destra al governo ci sia un problema di libertà di stampa oppure, dopo il duro attacco di Sigfrido Ranucci all’Autorità garante per la privacy («Sembra agire come un’emanazione del governo»), si tratta piuttosto di un regolamento di conti? La pesante dichiarazione del conduttore di Report è arrivata l’altroieri da Strasburgo, dove il giornalista era stato invitato a tenere una conferenza stampa a seguito dell’attentato che ha visto la distruzione della sua auto da una bomba posizionata all’ingresso della sua abitazione. Ed è sempre dall’estero - da Amsterdam, dove si teneva il congresso del Partito socialista europeo - che, la scorsa settimana, il segretario del Pd aveva lanciato strali contro l’esecutivo parlando di «democrazia a rischio». Sembrerebbe, insomma, che ci sia un accordo tra parti affini nell’utilizzare palcoscenici internazionali per sollevare dubbi sugli standard democratici del nostro Paese.E quale migliore occasione della sanzione di 150.000 euro notificata dal Garante alla Rai dopo che Report ha diffuso un audio tra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini? «Sacrosanta» per Enrico Costa, deputato di Forza Italia e vicepresidente della commissione Giustizia. «A Sigfrido Ranucci non è piaciuta la decisione del Garante di sanzionare la Rai per aver mandato in onda la telefonata tra Sangiuliano e sua moglie. Una decisione che, invece, sembra dettata da buon senso e, soprattutto, nel pieno rispetto delle norme in materia di privacy», suggerisce il senatore di Fratelli d’Italia, Costanzo Della Porta, componente della commissione Affari costituzionali. Fatto sta che l’accusa di Ranucci scagliata, sostiene il giornalista, «con cognizione di causa», tanta cognizione non sembra averne.Innanzitutto, gli attuali componenti della Authority sono stati eletti nel 2020, durante l’allora governo Pd-M5s, dal precedente Parlamento nel quale Fratelli d’Italia contava solo il 4% degli eletti. L’Autorità, inoltre, è matematicamente indipendente: nel manuale Cencelli delle nomine, la presidenza del Garante va sempre a un esponente vicino al Partito democratico, in questo caso il giurista Pasquale Stanzione, che ieri ha stigmatizzato l’attacco portato avanti da Ranucci: «Nel respingere le dichiarazioni come totalmente destituite di fondamento e gravemente lesive della propria immagine, il Garante, nella totalità dei componenti il suo Collegio, adotterà ogni iniziativa utile alla tutela della propria dignità istituzionale. Si tratta di illazioni gravissime», continua Stanzione, «che confondono la piena indipendenza e terzietà di giudizio del Garante con un’asserita sua soggezione a presunte logiche di governo». Il collegio conta altri tre membri: l’avvocato Guido Scorza, in quota 5 stelle, l’ex deputato di Fdi Agostino Ghiglia e la costituzionalista Ginevra Cerrina Feroni, vicina alla Lega. Quattro membri, due a destra e due a sinistra: può mai un’autorità così matematicamente super partes essere «emanazione del governo», come ritiene Ranucci? «L’indipendenza è il tratto maggiormente caratterizzante il Garante per la protezione dei dati personali», spiega proprio Cerrina Feroni alla Verità, precisando che «nella quasi trentennale attività del Garante, come in quella del collegio attuale, non vi è mai stato neppure un provvedimento adottato per ragioni diverse dalla piena osservanza della disciplina che l’Autorità è tenuta ad applicare. Non vi è neppure un atto, tra quelli del Garante, che possa dirsi ispirato a logiche di maggioranza o ragioni di affinità politica. Spesso, anzi, le decisioni non facili e, talvolta, addirittura scomode che l’Autorità ha dovuto adottare sono state, proprio perché non gradite ad alcuni, motivo di attacco nei suoi confronti. Accade, così, che l’indipendenza venga tacciata di partigianeria ogniqualvolta la decisione del Garante non piaccia perché dà ragione ad altri», puntualizza la costituzionalista, vicepresidente dell’Autorità.In effetti, a dimostrazione di come le decisioni dell’ultimo collegio dell’Autorità prescindano totalmente dall’appartenenza politica dei relativi destinatari, basti considerare, a titolo meramente esemplificativo, che poche settimane fa era stato dichiarato infondato il reclamo del Garante contro Fanpage, per l’inchiesta «Gioventù meloniana», in cui erano stati ripresi segretamente contesti privati di minorenni. «Allora Ranucci rimase in silenzio», osserva Della Porta. A febbraio 2025 è stato adottato un avvertimento sulla possibile illiceità del ricorso allo spyware «Graphite» prodotto dalla società israeliana Paragon Solutions. A marzo 2024 era stata indirizzata, sia al Parlamento sia al governo, una segnalazione sule criticità della scelta legislativa sulla designazione delle Autorità nazionali per l’Intelligenza artificiale. E ancora: a maggio 2023 il ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini era stato sanzionato per aver reso disponibili online documenti di riconoscimento contenenti dati personali. Per non parlare dell’avvertimento fortemente critico adottato contro l’intoccabile governo di Mario Draghi ad aprile 2021 sulle previsioni relative al green pass. Nessuno, allora, osava mettersi contro Draghi, ma l’Autorità lo fece.«Molti altri provvedimenti potrebbero ancora essere addotti, a riprova della totale indipendenza del Garante, ma valgano gli esempi che lei ha citato a dimostrare come l’Autorità agisca in assoluta terzietà», conclude Cerrina Feroni , «seguendo, come unico criterio, lo scrupoloso rispetto della legge e delle funzioni che le sono accordate, a tutela del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali».La soluzione, secondo Rosy Bindi, con buona pace della protezione dei dati personali, sarebbe «il ritiro delle querele» perché «i giornalisti non sono amati da questo governo». Non è vero piuttosto il contrario? «Lo si vedrà nelle prossime ore», ha avvisato Ranucci.
Friedrich Merz e Giorgia Meloni (Ansa)
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