2025-10-25
Garlasco, altro processo per i carabinieri
Auto dei Carabinieri fuori dalla villetta della famiglia Poggi di Garlasco (Ansa)
Maurizio Pappalardo e Antonio Scoppetta, tra i fedelissimi nella «Squadretta» di Venditti, rinviati a giudizio anche nell’inchiesta «Clean 1». Avrebbero violato il segreto per informare «amici» sospettati di peculato e frode. Sempio sottoposto a rilevazioni antropometriche.I protagonisti della «Squadretta», il maresciallo Antonio Scoppetta e il maggiore Maurizio Pappalardo, ieri mattina sono stati rinviati a giudizio dal gip del Tribunale di Pavia con altri undici imputati. L’inchiesta, ribattezzata «Clean 1», è quella che nel novembre di due anni fa fece tremare i vertici dell’Asm, la municipalizzata che a Pavia si occupa dello smaltimento dei rifiuti. Scoppetta era tra gli investigatori dell’aliquota di polizia giudiziaria della Procura di Pavia, un gruppo di uomini a disposizione dell’ufficio requirente che lavorava a stretto contatto con l’ex procuratore aggiunto Mario Venditti (indagato a Brescia per corruzione in atti giudiziari in relazione all’archiviazione del 2017 della posizione di Andrea Sempio per l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco). Pappalardo, invece, era il venerato ex comandante della «Squadretta», attorno al quale continuavano a ruotare i suoi vecchi sottoposti, al punto da mettersi a disposizione per tampinare e controllare una ragazza con cui il maggiore aveva avuto una relazione. Un’attività investigativa senza deleghe, che si sarebbe trasformata in stalking, ricostruita nell’inchiesta Clean 2 insieme all’ipotesi di corruzione, e che è costata una condanna di primo grado a Scoppetta a 4 anni e 6 mesi. I due ora devono difendersi davanti ai giudici dall’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio per fatti che risalgono al 2023 e al 2018 (quest’ultimo sarebbe prossimo alla prescrizione). Scoppetta è accusato di aver «istigato Pappalardo (che era ancora in servizio, ndr) a rivelargli i motivi della convocazione in caserma» di un suo amico (che chiamava «fratello»). Oltre all’informazione sarebbe seguito l’invio di atti riservati. In un secondo capo d’imputazione viene ricostruito che il maresciallo, «consapevole per ragioni d’ufficio delle perquisizioni che sarebbero state fatte nelle cantine locali, violando il segreto investigativo», avrebbe «informato uno dei soggetti» da perquisire, titolare di una tenuta vinicola. Mentre una terza accusa lo vede protagonista di una soffiata a una funzionaria dell’Agenzia per l’ambiente: «Volevo avvisarti», disse il maresciallo, «che oggi o domani escono a controllare, quindi deve essere tutto perfettamente a posto». I capi d’imputazione per gli altri imputati, invece, vanno dal peculato alla frode nelle pubbliche forniture, fino alla turbativa d’asta. L’indagine era partita dai bilanci dell’Asm. Ma gli inquirenti hanno presto allargato il campo e saltarono fuori anche «numerose» presunte «irregolarità nell’assegnazione di lavori e appalti pubblici, utilizzando anche i fondi provenienti dal Pnrr». Nel mirino era finita persino la scuola primaria di San Genesio, posta sotto sequestro per presunte anomalie nei lavori eseguiti rispetto a quanto previsto nel contratto. I sigilli sono poi stati revocati, ma quell’immagine, con l’edificio scolastico chiuso da un nastro rosso, è rimasta l’emblema di una città dove i soldi pubblici scorrevano in direzioni sbagliate. Anche in questo caso, come ha ricostruito la Verità, uno della «Squadretta», il brigadiere dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro Daniele Ziri, era stato beccato in una sospetta visita al cantiere della scuola proprio qualche giorno prima del blitz. E mentre a Pavia si decideva il rinvio a giudizio per Clean 1 (il processo comincerà il 25 febbraio 2026), a Brescia il Tribunale del Riesame restituiva ad altri due carabinieri della «Squadretta» di Venditti, il maresciallo Giuseppe Spoto e il luogotenente Silvio Sapone, perquisiti il 26 settembre scorso (ma non indagati), i loro telefoni cellulari, alcuni hard disk e le chiavette usb che erano state sequestrate. Come per Venditti, la richiesta investigativa della Procura di Brescia è stata ritenuta dai giudici troppo generica per l’assenza di parole chiave da ricercare all’interno degli apparecchi elettronici. Lì dento gli inquirenti cercavano conferme sugli ipotizzati contatti «opachi» tra alcuni carabinieri e i Sempio che, emerge dalle intercettazioni (alcune all’epoca trascritte solo parzialmente), sembravano informati perfino sui temi che gli inquirenti avrebbero affrontato nel corso degli interrogatori. Spoto, per esempio, si sarebbe trattenuto per una notifica a casa di Sempio per un’ora e dieci minuti, un tempo valutato come eccessivo per quell’operazione. Sentito dagli inquirenti ha spiegato che aveva dovuto trattenere Sempio mentre Scoppetta e un tecnico gli installavano nell’auto una microspia. Che, però, si è scoperto era già in funzione dalla notte precedente. L’indagine è connessa alla riapertura del fascicolo sull’omicidio di Chiara Poggi, ma è stata trasferita a Brescia per le ipotesi di reato che riguardano i magistrati. Ieri il segretario generale dell’Anm, Rocco Gustavo Maruotti, ha cercato di nascondere con una foglia di fico il cortocircuito giudiziario che si è innescato a Garlasco nel 2007: «La magistratura fa il suo lavoro, lo fa anche quando indaga su magistrati e questo dimostra che la magistratura non fa sconti». Poi ha tentato di spostare l’attenzione, prendendosela con la stampa: «Stiamo assistendo a un processo mediatico, con una giustizia senza processo, celebrata sui giornali o sulle televisioni. È una giustizia anticipata, in cui si va alla ricerca di una verità senza avere i mezzi per poter dire qualcosa di sensato». E alla fine proprio lui, in tv, ha anticipato un giudizio: «Viviamo, giustamente, in un sistema garantista, l’errore fa parte della vita e anche i magistrati possono sbagliare». E se hanno sbagliato emergerà nel filone principale, quello concentrato su Andrea Sempio. Che ieri pomeriggio è stato convocato all’Istituto di medicina legale di via Mangiagalli a Milano per le misurazioni antropometriche eseguite dall’antropologa forense Cristina Cattaneo su delega della Procura di Pavia. La notizia, che è stata data in diretta da Dentro la notizia, la trasmissione condotta da Gianluigi Nuzzi su Canale 5, è stata poi confermata dai difensori dell’indagato. «Sempio», ha commentato Armando Palmegiani, che ha sostituito il generale Luciano Garofano nel pool di consulenti della difesa, «ha prestato la massima collaborazione». L’attività di accertamento ha riguardato le misure delle caviglie, dei piedi e degli arti superiori, oltre alla statura e al peso. Elementi che dovranno essere confrontati con la rivalutazione delle lesioni sul corpo di Chiara Poggi e con l’analisi delle macchie di sangue contenuta in una relazione dei carabinieri del Ris di Cagliari.
La riunione tra Papa Leone XIV e i membri del Consiglio Ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi dello scorso giugno (Ansa)