2025-10-25
Oggi i vescovi al voto sul documento pro Lgbt che sfida Leone XIV
La riunione tra Papa Leone XIV e i membri del Consiglio Ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi dello scorso giugno (Ansa)
L’assemblea sinodale Cei è chiamata ad approvare la linea «aperturista» di stampo bergogliano su gay e trans spinta da Zuppi. Malgrado sia stata già bocciata mesi fa.Quattro anni, 75 emendamenti e una sigla come un candelotto di dinamite: Lgbtq+. È destinata a far rumore la votazione dell’Assemblea sinodale della Conferenza episcopale stamane in Vaticano, con al centro un documento dalla gestazione lunghissima che ha già creato attriti fra i vescovi e potrebbe crearne, con maggiore impatto strategico, fra la Cei e papa Leone XIV. Proprio per questo i vertici delle tonache guidate dal cardinal Matteo Zuppi da qualche giorno tengono a sottolineare che non si tratta di un intervento normativo ma «di uno strumento che l’intera Chiesa italiana offre ai vescovi, i quali saranno poi chiamati a capire come le proposte contenute potranno trovare applicazione pratica». Traduzione: solo teoria. Ma nel mondo ecclesiastico conta. La polpetta avvelenata ha un titolo leggiadro, «Lievito di Pace e Speranza». Finora ha fatto fermentare solo contrapposizioni e polemiche perché il contenuto è naturalmente divisivo. Tratta infatti l’invito a parrocchie e diocesi ad aprire le porte a omosessuali e transgender, e ad accogliere le persone in situazioni affettive cosiddette «irregolari» (divorziati risposati, conviventi, persone impegnate in un’unione civile). Sono i punti 30 e 31, sui quali il Sinodo si è incagliato già sei mesi fa, quando il documento fu bocciato (854 votanti, 835 no) con una maggioranza mai così ampia. Quel dossier sbilanciato sulla sessualità era considerato troppo esplicito e vincolante dai tradizionalisti e troppo timido rispetto alla rupture di papa Francesco dai progressisti.Fortemente voluto dal vecchio pontefice nel 2021, in piena pandemia, il testo ha avuto bisogno di quattro anni per approdare nel sacro consesso dopo aver attraversato tre fasi: quella narrativa (2021-2023), quella sapienziale (2024) e quella profetica (2025). Sono state coinvolte oltre 200 chiese locali, 400 referenti diocesani, 500.000 persone organizzate in 50.000 gruppi di ascolto. Oggi i circa 900 delegati saranno chiamati a esprimere il voto a scrutinio segreto, scegliendo tra «placet» (favorevole) o «non placet» (non favorevole). L’articolo più problematico recita: «Le chiese locali, superando l’atteggiamento discriminatorio a volte diffuso negli ambienti ecclesiali e nella società, si impegnino a promuovere il riconoscimento e l’accompagnamento delle persone omoaffettive e transgender». Si parla di persone, da accogliere sempre e comunque secondo la vocazione della Chiesa. Ma l’ufficializzazione della parola transgender e l’individuazione del percorso spalancano la porta all’accettazione delle pratiche omosessuali. Dopo la bocciatura di aprile il presidente del comitato nazionale del Cammino sinodale, arcivescovo Erio Castellucci, disse: «Le moltissime proposte di emendamento richiedono un ripensamento globale del testo». L’uscita piacque zero a Jorge Bergoglio, che sperava di trasformare lo scritto in un testamento morale nel segno del «todos, todos, todos». Un paio di telefonate e qualche giorno dopo Castellucci corresse il tiro: «Lo riproporremo così com’è». Di conseguenza quello che viene votato oggi è lo stesso documento bruciato allora, con gli stessi delegati che lo appallottolarono e con un pontefice diverso in Vaticano. La discrasia è evidente e testimonia una resistenza al nuovo corso che alberga dentro la Cei, ancora affezionata alle fughe in avanti per compiacere il modernismo nonostante papa Leone abbia inaugurato la stagione della riflessione, del cammino con passo fermo ma prudente, non per nulla chiamato nelle sacre stanze «metodo Prevost». Lo showdown di oggi potrebbe essere imbarazzante per il Santo Padre; se il documento venisse approvato, lui si troverebbe a gestire sollecitazioni morali determinate dalla sensibilità di Francesco e dei suoi fedelissimi, in aperto contrasto con la dottrina e il catechismo. Forse per questo l’iter inventato da Zuppi è complicatissimo: dopo il voto, la presidenza Cei nominerà una commissione che dovrà stabilire le priorità al centro di una nuova Assemblea generale fra un mese. Da qui verrà stilato un documento di sintesi per «preparare le prospettive pastorali». Il «Lievito di Pace e Speranza» contiene altri punti da tempo dibattuti come il potenziamento del ruolo dei laici e delle donne, la revisione dei seminari, l’integrazione nella pastorale ordinaria dei divorziati risposati e dei conviventi di fatto. Il documento contiene anche indicazioni plasmate sulle volontà di Francesco e mai modificate come il ripensamento del ruolo dei cappellani militari nel senso di obiezione di coscienza (è giusto avere sacerdoti con divise e stellette?), l’invito alle diocesi di disinvestire dalle banche coinvolte nella produzione e nel commercio di armi, la vendita di beni immobili di proprietà non utilizzati. Fra le pieghe dello scritto viene alla luce un’ammissione imbarazzante: finora sulla lotta agli abusi del clero e alla piaga della pedofilia ci sono state «criticità, resistenze e dinamiche sedimentate che talvolta hanno contrastato la corretta attenzione e salvaguardia verso i minori e le persone vulnerabili». Infine i delegati dovranno votare un bizzarro «svecchiamento del linguaggio e della liturgia» per aderire più facilmente alla cultura attuale. «Ciao bro, passami l’ostia». Ma qualcuno lo ha detto al Papa?
Eugenia Roccella (Getty Images)
Carlotta Vagnoli (Getty Images)