2025-01-26
Retromarcia green: Berlino con Parigi. Ma per salvare l’Europa serve ben altro
Il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz (Ansa)
Pure la Germania chiede meno regole all’Ue. L’asse franco-tedesco, però, non basta più.Non c’è solo la Francia che con un impeto di realismo, come evidenziato ieri dalla Verità, ha inviato un documento di 22 pagine all’Europa per chiedere una massiccia deregulation che disboschi la foresta di burocrazia creata soprattutto dal Green deal. In tandem con il presidente Emmanuel Macron, anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz si è fatto portatore delle stesse istanze. I due si sono incontrati pochi giorni fa a ridosso dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Il ritorno del tycoon a capo della superpotenza americana ha stravolto le agende di buona parte dei primi ministri mondiali e i due leader più in crisi del Vecchio Continente hanno giocato d’anticipo rispetto all’Europa (ci vuole davvero poco) provando a prendersi la paternità dei programmi che nei prossimi mesi dovrebbero dare una risposta a The Donald e uno scossone all’Europa. Da una parte non si può non notare come la mossa arrivi da due capi di governo al capolinea. Al di là delle alchimie politiche che potranno inventarsi, è evidente che la traiettoria di Macron e Scholz abbia da tempo imboccato una parabola discendente, per cui viene impossibile pensare a loro come ai traghettatori di una complicatissima per quanto auspicabile nuova era dell’Unione. Dall’altra, proprio nel momento di maggior debolezza economica, emerge che Berlino e Parigi continuano ad adottare lo schema di sempre. All’esterno parlano della necessità di avere un’Europa unita, che viaggi e parli con una voce sola e che trovi una sintesi rispetto a interessi che spesso non convergono. «In privato» invece pianificano per portare avanti i loro di interessi. È successo con l’immigrazione, l’austerity e gli aiuti di Stato - tanto per citare alcuni dei dossier che hanno fatto la differenza a Bruxelles - e succede di nuovo adesso con il Green deal. L’asimmetria con il passato sta proprio nell’autorevolezza dei due leader e nella portata della crisi che sta vivendo l’Europa. Disboscare il mare magnum di norme e cavilli imposti dalla transizione ambientale è sacrosanto, ma assolutamente insufficiente a risolvere la crisi dell’Ue. Francia e Germania, tanto per andare sul concreto, sono in pressing sulla Commissione per limitare la normativa Csrd (Corporate sustainability reporting directive) che se applicata nella sua versione completa costringerebbe circa 50.000 aziende a riportare centinaia di nuovi dati sull’impatto sociale e ambientale delle proprie azioni. La Csrd è entrata in vigore nel 2023 e riguarda le aziende con almeno 250 dipendenti e un fatturato annuo di 50 milioni di euro, quindi investe il tessuto portante del sistema industriale dell’Ue. Bene, queste aziende da mesi sono costrette a impiegare tempo e risorse preziose per raccogliere dati socialmente ed ambientalmente sensibili. Se pensiamo a quello che succede in Cina e a quanto sta facendo e farà Trump negli Usa viene da sorridere. Quindi, il fatto che in Europa sia iniziata una discussione per alleggerire (non per annullare) in modo significativo la portata della direttiva è sicuramente lodevole, ma è evidente che sia insufficiente. E lo stesso discorso vale per il green asset ratio, un parametro richiesto alle banche per dare agli investitori una guida nel valutare il grado di «sostenibilità ambientale» dei bilanci bancari. Rischia di avere conseguenze negative per il finanziamento delle piccole e medie imprese. Ma la proposta mica è di cancellare la normativa, nel documento inviato all’Europa c’è la richiesta di una revisione.Insomma, non stiamo parlando di una rivoluzione, ma di un’opera di maquillage dettata peraltro da due leader in crisi totale di credibilità e determinata in buona parte dall’arrivo di un leader pragmatico e iper-decisionale a capo della grande potenza americana. Ecco, se l’Europa volesse davvero trarre spunto e vigore dalla lezione americana, forse dovrebbe focalizzare la propria attenzione sulla capacità che ha avuto Trump nel giro di poche ore dal suo insediamento di trasformare da parole in fatti buona parte delle sue promesse elettorali. Immigrazione, addio all’Organizzazione mondiale della sanità, identità di genere e tanto altro ancora succederà nei prossimi giorni, soprattutto sui dossier economici che partono dai dazi e arrivano fino alle trivelle. Se pensiamo che l’Europa deve ancora entrare in una fase di discussione ufficiale sulla sacrosanta decisione di eliminare le multe (si parla di 15 miliardi di euro complessivi) alle case automobilistiche che sforeranno i limiti di emissioni 2025 perché vendono poche vetture elettriche, non possono che cascarci le braccia.
Cristian Murianni-Davide Croatto-Andrea Carulli