2025-10-29
Mosca adesso sente le sanzioni degli Usa. E giura: «Firmiamo, no guerra alla Nato»
Lukoil cede le attività all’estero. Nessuna ritorsione su Rosneft in Germania. Ursula von der Leyen insiste sugli asset ma parla di «prestito». Il ministro Guido Crosetto a Bruno Vespa: «Mezzo milione di morti ucraini. Non riprenderanno le terre perse».Lo speciale contiene due articoli.Dall’Europa tanto fumo e poco arrosto. La Commissione, in un report, si attribuisce il successo di aver inflitto a Mosca danni economici «concreti». La verità è che nemmeno il diciannovesimo pacchetto di sanzioni è riuscito a piegare, come profetizzò Enrico Letta addirittura nel 2022, l’economia nemica. È bastato invece che Donald Trump decidesse di alzare un po’ la pressione, perché gli effetti delle ritorsioni americane si facessero sentire. Gli embarghi sul greggio hanno subito costretto Lukoil, secondo produttore della Federazione, a mettere in vendita le sue attività all’estero. È la mossa più eclatante che compie un’azienda del Paese di Vladimir Putin da quando è cominciata l’invasione dell’Ucraina, a febbraio di tre anni fa.Come sempre, bastone e carota finiscono per essere dosati. Il ministero dell’Economia tedesco ha confermato che le sanzioni di Washington non colpiranno le filiali in Germania di Rosneft, altro colosso dell’energia, anche se Berlino attende ulteriori chiarimenti. In questa storia, gli intrecci economici tra «buoni» e «cattivi» sono talmente antichi e difficili da sciogliere, che ogni Paese si ritrova più o meno vulnerabile in alcuni settori.Come il Belgio, che si oppone alla confisca degli asset russi. Teme ritorsioni, visto che i miliardi della banca centrale dello zar sono custoditi in una società con sede a Bruxelles; per di più, già è sommerso dalle cause; e prospetta una drammatica perdita di attrattività del Vecchio continente per i capitali provenienti da Paesi non perfettamente allineati alle politiche della Commissione Ue. La quale, al contrario, persevera nel suo spirito masochistico.Ieri, Ursula von der Leyen si è recata a Stoccolma per un vertice con i rappresentati dei Paesi nordici, dove ha corretto un po’ il tiro, in seguito al flop del negoziato all’ultimo Consiglio europeo. Se possibile, peggiorando il quadro. La «proposta giuridicamente valida» che la presidente dell’esecutivo difende è il «prestito di riparazione all’Ucraina», per il quale si attende la definizione di «possibili opzioni per le questioni tecniche». Viene spontaneo domandarsi cosa implichi il passaggio dalla logica della confisca a quella del prestito: significa che, un domani, l’Europa restituirà ai proprietari i circa 200 miliardi che adesso vorrebbe devolvere alla resistenza? L’osservazione del Cremlino, allora, sarebbe fattuale: «Gli europei dovranno essere preparati» a «sborsare sempre di più e per un periodo più lungo».Non è un caso se, ieri, da oltrecortina, sono arrivati segnali distensivi nei confronti degli Stati Uniti ma non dell’Unione. I servizi d’intelligence estera hanno accusato Emmanuel Macron di voler spedire 2.000 legionari stranieri in Ucraina, travisati da istruttori. È sembrato più un modo di infierire su un politico decotto, che un’autentica scoperta degli 007. Dei rapporti con Trump, invece, ha discusso il capo della diplomazia russa, Sergej Lavrov. «Speriamo che mantenga un sincero impegno per la risoluzione della crisi», ha commentato, «e rimanga fedele ai principi sviluppati al vertice in Alaska», nonostante le indiscrezioni di stampa, le quali avevano invece descritto un battibecco con Putin, capace di irritare The Donald con una lunga digressione storica sulle ragioni per cui l’Ucraina dovrebbe appartenere alla Russia. «I leader della maggior parte dei Paesi europei», ha aggiunto il ministro degli Esteri, «stanno cercando con tutte le loro forze di persuadere l’amministrazione statunitense ad abbandonare l’idea di una soluzione in Ucraina, eliminando le cause profonde del conflitto al tavolo dei negoziati». Lavrov ha rinfacciato all’Alleanza atlantica di non aver mai interrotto la sua espansione verso Est, eppure si è detto disposto a offrire garanzie scritte, da firmare nel contesto di un accordo sulla fine della guerra, che Mosca non attaccherà un Paese della Nato.Quella di ieri è stata anche la giornata di un rinnovato interesse per il ruolo cinese, dopo le rassicurazioni all’America, alla vigilia dell’intesa sui dazi, che Pechino avrebbe rispettato le sanzioni sul petrolio russo. Volodymyr Zelensky ha chiesto a Trump di premere su Xi Jinping - il tycoon lo incontrerà domani in Corea del Sud - affinché riduca il suo sostegno allo zar. Si è espresso, inoltre, il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin: «Credo che ci voglia un grande coinvolgimento di tutta la comunità internazionale e credo la Cina anche abbia una parola da dire». L’inquilino della Casa Bianca, ha confermato il porporato, si è recato in Asia «anche per toccare questo punto». Il Papa è reduce dall’udienza con Viktor Orbán, un faccia a faccia che Parolin ha definito «bello». Il premier ungherese ha riferito di aver visto Leone XIV «profondamente preoccupato». Ieri, Robert Francis Prevost ha preso parte all’evento della Comunità di Sant’Egidio al Colosseo: un’adunata con esponenti di varie confessioni religiose, in nome della pace. «Mettere fine alla guerra», ha ammonito il Papa, «è dovere improrogabile di tutti i responsabili politici di fronte a Dio».È loro dovere pure proteggere gli interessi nazionali: Orbán, contrario all’ultima mossa di Trump sull’export di greggio, che danneggerebbe la sicurezza energetica magiara, sta perciò lavorando a una sorta di asse anti Kiev in seno all’Ue, insieme alla Slovacchia e alla Repubblica Ceca, dove è tornato al governo il sovranista Andrej Babis. La vedono diversamente i finlandesi, per i quali la sconfitta della Russia è funzionale al contenimento del Dragone nell’Indo Pacifico. Almeno, sono sinceri: il mezzo milione di morti ucraini serve a combattere al posto nostro. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mosca-guerra-alla-nato-2674245208.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="crosetto-italiani-insospettabili-corrotti-dal-regime-di-putin" data-post-id="2674245208" data-published-at="1761747784" data-use-pagination="False"> Crosetto: «Italiani insospettabili corrotti dal regime di Putin» L’infiltrazione della Russia è onnipervasiva, i tentativi di destabilizzare l’Italia sono i più imponenti, le vittime ucraine hanno superato la quota del mezzo milione, riconquistare i territori occupati dalla Russia è impossibile. A lanciare questa serie di allarmi è il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in Finimondo, il libro di Bruno Vespa in uscita domani. Per Angelo Bonelli, deputato Avs, però, il problema è che tutto ciò «andava comunicato nella sede istituzionale adeguata: il Parlamento». Più pragmaticamente, il governo collabora con la Germania per garantire al presidente ucraino Volodymyr Zelensky attrezzature per la produzione di energia elettrica. Le anticipazioni di Finimondo divulgate ieri non potevano passare inosservate. D’altronde, al centro del libro e dello scacchiere geopolitico c’è l’Italia. «Da noi può succedere di tutto», Crosetto non usa mezzi termini, «siamo il principale Paese europeo che i nostri nemici vogliono destabilizzare, terrorizzare, inquinare e rendere instabile». Il governo italiano è tra i più saldi in Occidente. Così, la Russia ha intrapreso una guerra ibrida e cognitiva. Come spiega Crosetto, «in qualità di normali cittadini non ce ne accorgiamo, ma la propaganda del Cremlino è entrata nel cervello e nella formazione culturale di tanta gente, con una infiltrazione scientifica e anche con l’infiltrazione classica della corruzione». Quest’ultima ha attecchito perfino tra «persone insospettabili».Il libro analizza la condizione politica generale: «Nessun Paese Ue ha deciso una chiusura all’esportazione di armi come l’Italia. Nessuna nazione ha aiutato la Palestina come la nostra. Eppure, in nessun Paese ci sono state le polemiche che abbiamo avuto da noi. Siamo stati il Paese con le reazioni, le manifestazioni e le aggressioni più forti. Questo, nessun Landini è capace di farlo da solo».Il futuro appare ancora più tetro: «La Russia non cederà mai i territori occupati e l’Ucraina non avrà la forza per riconquistarli da sola, anche con il nostro aiuto». Di fronte all’eventualità che il presidente degli Usa, Donald Trump, possa sottoscrivere la cessione di tutti i territori, il ministro sottolinea come spetti solo agli ucraini «decidere se il sacrificio più grande sia la cessione dei territori o la continuazione di una guerra sanguinosa che potrebbe peggiorare». Così snocciola i numeri: «i morti ucraini sono 520.000 mentre quelli russi più di un milione. La differenza è che gli ucraini conoscono le loro perdite, il popolo russo non ne ha idea». Angelo Bonelli polemizza: «Crosetto avrebbe dovuto riportare queste informazioni in Parlamento, non a Bruno Vespa che fa il suo lavoro di giornalista e cerca le notizie». Da qui l’attacco al governo Meloni per la sua «double-face»: «vicina a Orbán, contraria alle sanzioni a Israele ma favorevole a quelle contro la Russia, e sempre favorevole al riarmo». Proprio ieri, intanto, Zelensky ha dichiarato di star collaborando con Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Friedrich Merz per potenziare la generazione elettrica interna. Il governo italiano, in particolare, si è offerto di fornire attrezzature oppure di spedire del gas.
Ecco #DimmiLaVerità del 29 ottobre 2025. Ospite . L'argomento del giorno è: "La crisi del Pd e i tentativi di dar vita a un partito di centro alleato con la sinistra"
Cesare Parodi (Imagoeconomica)