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La Ue espropria i beni russi per continuare la guerra

La Ue espropria i beni russi per continuare la guerra
Kaja Kallas (Ansa)

I commissari europei per gli Affari esteri sono sempre state figure irrilevanti nello scenario globale. Pur rappresentando quasi mezzo miliardo di persone e 27 Paesi, tra cui alcune delle principali economie mondiali, il loro parere conta meno di zero.

Non parlo di Federica Mogherini, un peso piuma dei rapporti internazionali che solo ora - a causa dell’inchiesta che ha portato al suo fermo giudiziario - è riemersa dal limbo in cui era confinata dopo la fine della sua carriera politica. No, penso anche a Lady Ashton o Josep Borrell, il predecessore dell’attuale commissario Kaja Kallas: di loro, del loro ruolo nelle diverse crisi che si sono succedute, non resta traccia.

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«L’euro digitale avrà per gli europei un costo di 1,2 miliardi all’anno»
Piero Cipollone (Ansa)
La stima di Piero Cipollone, membro del comitato esecutivo della Bce, intervenuto ad Atreju.

L’euro digitale costerà agli europei 1,2 miliardi di euro. La stima arriva dal membro del comitato esecutivo della Bce, Piero Cipollone, che ha parlato dal palco di Atreju, la manifestazione di Fratelli d’Italia.

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Dopo l’invasione dell’Ucraina, le banche centrali hanno iniziato a comprare il metallo giallo. Ora, per lo sblocco di 185 miliardi di asset di Mosca congelati, per Jefferies si crea un precedente che mette il turbo all’accumulo di «preziosi», che toccano i record.

L’oro e l’argento ci parlano da sempre. Sono metalli, preziosi. Sembra che siano lì a brillare e basta. In realtà indicano la strada a tutti gli investitori. Non a caso il mercato del metallo giallo è il più grande al mondo, più di Wall Street. Circa 30mila miliardi di dollari. Però è soprattutto la “plata” a essere un’autentica cartina di tornasole geopolitico-finanziaria.

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E’ una di quelle ricette scomparse dai ristoranti insieme ai brasati, al polpettone, alla pasta e ceci, alla zuppa di verdura o di cipolle, alla stracciatella o alla zuppa pavese come il rognone in padella o le animelle fritte; fa parte di quel campionario di sapori tradizionali che non si capisce perché sia stato obliato però deve tornare di appetitosa attualità dopo il riconoscimento – vivaddio! – della cucina italiana quale patrimonio immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco.
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