
Il deputato del Pd lascerà la Camera per entrare in cda ad aprile. Fra i nodi, Mps.A volte ritornano. E con le porte girevoli tra politica e finanza finiscono dritto in banca. Come l'ex ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che diventerà il nuovo presidente di Unicredit. Sedendosi sulla stessa poltrona occupata da un altro ex capo del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, scomparso a 76 anni per un improvviso malore nell'agosto del 2019 meno di 24 ore dopo aver chiuso la semestrale dell'istituto guidato da Jean Pierre Mustier. Il cda della banca, con il supporto di una task force composta di amministratori indipendenti guidata dal vicepresidente Lamberto Andreotti, lo ha cooptato all'unanimità ieri pomeriggio «quale amministratore non esecutivo, dopo averlo identificato come miglior candidato per la posizione di presidente di Unicredit per il prossimo mandato (2021-2023)», si legge in una nota. Dove viene aggiunto che Padoan resterà in carica come consigliere fino all'assemblea chiamata in primavera ad approvare il bilancio di esercizio 2020 e a rinnovare l'intero consiglio di amministrazione. Dunque, quando terminerà il mandato dell'attuale presidente, Cesare Bisoni. L'ex capo del Mef dei governi Renzi e Gentiloni attualmente è deputato del Pd - ieri era per altro impegnato in aula sul tema del Recovery plan -ma lascerà i propri incarichi parlamentari. Non una grande perdita per i suoi elettori del collegio di Siena che lo avevano portato alla Camera nel 2018 con il 36,17% dei voti. Dopo una campagna centrata soprattutto su Mps che Padoan conosce bene considerando che qui ha iniziato la sua carriera universitaria ma soprattutto perché sotto di lui il Mef ha preso il controllo di Rocca Salimbeni con la ricapitalizzazione precauzionale e l'istituto è diventato il «Monte di Stato». Classe 1950, professore di economia alla Sapienza di Roma, Padoan ha alle spalle un percorso di prestigio a livello internazionale. Dopo essere stato vicesegretario generale dell'Ocse, dal 2009 ne è stato nominato anche capo economista. Dal 2001 al 2005 è stato direttore esecutivo italiano al Fondo monetario internazionale e dal 1998 al 2001 ha anche fatto da consigliere economico ai presidenti del Consiglio Massimo D'Alema e Giuliano Amato. Nel comunicato diffuso ieri al termine del cda, l'ad Mustier ha espresso la «massima soddisfazione» per la sua «esperienza e conoscenza dell'Europa e del suo contesto normativo». «Gli importanti ruoli pubblici ricoperti in Italia», ha aggiunto, «saranno di grande utilità per il gruppo». Quello di Padoan è un biglietto da visita interessante anche per i fondi stranieri azionisti di Unicredit, ma pure ingombrante per come ha gestito l'ondata di crisi bancarie durante il suo mandato a Via XX settembre. C'è infatti chi ricorda ancora la sua audizione di fronte alla commissione di inchiesta che tenne banco per settimane con l'indagine sul caso Etruria e in particolare sulle presunte pressioni nel 2014 dell'allora ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, sull'allora ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, per valutare un'acquisizione o un intervento sull'istituto aretino. Come ministro dell'economia, Padoan fu costretto a rispondere al fuoco di fila di domande andato avanti per quasi sei ore: a che titolo la Boschi (e anche il ministro Graziano Delrio) incontrava top manager e altri del mondo bancario? «Io non ho autorizzato nessuno e nessuno mi ha chiesto un'autorizzazione, la responsabilità del settore bancario è in capo al ministro delle Finanze che d'abitudine ne parla con il presidente del Consiglio, ho appreso di questi specifici incontri dalla stampa», rilevò Padoan. Aggiungendo di non avere richiesto che persone o membri del governo «che avessero contatti con esponenti del mondo bancari venissero a riferire a me». La sua nomina di ieri ha «bruciato» altri candidati forti tra cui altri due ex «mandarini» del Tesoro come Vittorio Grilli e Domenico Siniscalco, dati ancora in corsa negli ultimi giorni. Ora il presidente designato «svolgerà un ruolo attivo nella definizione della lista dei candidati» per il nuovo cda in vista dell'assemblea di primavera. Si capirà più avanti se, e come, il suo arrivo impatterà sulle future strategie di Unicredit, finora rimasto lontano dal risiko per espressa volontà dell'ad Mustier. Intanto, però, c'è chi fa notare una certa ironia del destino: Pier Carlo Padoan, che da capo del Mef ha preso il 68% del Monte dei Paschi, diventerà presidente di Unicredit a cui il Mef di Roberto Gualtieri venderebbe di corsa il suo 68% del Monte dei Paschi.
Bruxelles ha stanziato 11 miliardi ai Paesi sub-sahariani: fondi finiti a chi non aveva bisogno. Corte dei Conti: «Zero controlli».
Emmanuel Macron (Ansa)
Per la prima volta nella storia, quasi l’intera Assemblea francese ha bocciato la legge finanziaria. C’è la concreta possibilità di arrivare a una sorta di proroga che costerebbe 11 miliardi. Nelle stesse ore Moody’s migliorava il giudizio sul debito italiano.
C’era una volta l’Italia pecora nera dell’Europa. Era il tempo in cui Parigi e Berlino si ergevano a garanti della stabilità economica europea, arrivando al punto di condizionare la vita di un governo e «consigliare» un cambio della guardia a Palazzo Chigi (come fu la staffetta tra Berlusconi e Monti con lo spread ai massimi). Sembra preistoria se si guarda alla situazione attuale con la premier Giorgia Meloni che riceve l’endorsement di organi di stampa, come l’Economist, anni luce distante ideologicamente dal centro destra e mai tenero con l’Italia e, più recente, la promozione delle agenzie di rating.
Greta Thunberg (Ansa)
Greta Thunberg prosegue il suo tour da attivista, tingendo di verde il Canal Grande per denunciare un presunto «ecocidio», consapevole che nessun magistrato si muoverà per lei. Luca Zaia tuona: «Sono gesti che rovinano Venezia, necessari interventi».
Se c’è di mezzo Greta Thunberg e il vandalismo viene fatto passare come «grido di dolore» per il pianeta Terra «distrutto dall’uomo», i magistrati tacciono. Forse le toghe condividono lo scempio operato ancora una volta nelle nostre città tingendo di rosso o di verde la Laguna di Venezia, fiumi, laghetti, torrenti.
Giorgia Meloni (Getty)
Oggi vertice a Ginevra tra Ucraina, Stati Uniti e Unione sui punti della pace con Mosca. Troppi soldi e morti: si doveva siglare prima.
È il 1.368° giorno di guerra in Ucraina. Dopo quasi quattro anni dall’invasione della Russia, è il momento cruciale. Pace, ultima chiamata; o finirà adesso questa carneficina o non ci saranno più strade da percorrere. A scrivere le condizioni Stati Uniti e Russia; Unione europea messa con le spalle al muro. Come sempre. Né l’Ucraina, né i Paesi dell’Ue sono stati consultati. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, insieme al primo ministro britannico Keir Starmer, al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Friedrich Merz, concordano sulla necessità di un «piano alternativo». Merz aggiunge: «Tutti i membri del G20 devono assumersi le proprie responsabilità, non solo per interessi economici». Ma Donald Trump schiaccia Zelensky alle corde.





