Ipocrisia Pd a Monfalcone: diventa anti Bangladesh solo per contrastare la Lega
2025-11-09
Pensiero unico
Quasi un reddito di cittadinanza su due è andato a chi un lavoro ce l’ha, ma evidentemente con un reddito troppo basso per mantenere dignitosamente se stesso o la propria famiglia. Il dato emerge da una indagine dell’Inapp, l’istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche.
Sul totale di 1 milione e 818 mila assegni erogati finora (circa un milione dei quali dopo l’inizio della pandemia) il 45,8% è finito a chi un reddito di lavoro ce l’aveva (era il 37% nel periodo pre pandemico, diventa il 52% se consideriamo soltanto i mesi segnati da lockdown e restrizioni di vario tipo). In particolare i lavoratori “standard” sono stati il 30,4% dei beneficiari, quelli “non standard” il 15,4%.
I primi sono dipendenti con contratti a tempo indeterminato oppure imprenditori o lavoratori autonomi non subordinati. I secondi invece hanno un contratto a termine o svolgono una collaborazione fortemente eterodiretta. I restanti assegni sono andati a disoccupati (24,8%) e inattivi (29,4%), una voce che comprende i pensionati. Un altro dato interessante riguarda la platea dei beneficiari potenziali. Si tratta di tutti coloro che hanno fatto domanda ma se la sono vista rifiutare (1 milione e 400 mila persone) e di quelli che non hanno ancora fatto domanda ma intendono farla (1 milione e 600 mila).
Un totale di tre milioni di persone, tra le quali - ancora una volta - praticamente la metà (il 49,8%) hanno un lavoro, sia esso standard (33,1%) o precario (16,7%). Facile immaginare che questa platea si allargherà se le conseguenza della guerra in Ucraina si prolungheranno nel tempo, con l’inflazione ad erodere ulteriore potere d’acquisto dai redditi dei lavoratori meno pagati. Un problema che interessa soprattutto il Sud Italia ma con sacche di disagio preoccupanti anche a Nord Ovest (lì risiede il 20% circa dei percettori dell’assegno ma anche il 20% circa della platea potenziale) e Nord Est (qui la platea potenziale supera quella degli effettivi beneficiari).
Considerando i disoccupati e gli inattivi il report conferma l’inadeguatezza del reddito di cittadinanza come strumento per avviare a una nuova occupazione. Il 25,2% degli interessati non è stato chiamato né dai servizi sociali del Comune di riferimento né dal centro per l’impiego. Di quelli che sono stati contattati da quest’ultimo (il 39,3%), solo il 40% ha sottoscritto il cosiddetto “patto per il lavoro”. E di quest’ultima sottocategoria solo il 50% ha ricevuto un’offerta di lavoro. Metà di loro, infine, hanno declinato l’offerta perché non in linea con le loro competenze (53,6%) o con il loro titolo di studio (24,5%), perché lo stipendio era troppo basso (11,9%), perché la sede di lavoro era troppo distante (7,9%) o per motivi famigliari (2,1%).
«Nella sua campagna permanente contro gli stranieri che a Monfalcone regolarmente lavorano, la Cisint aggiunge un nuovo tema: ora mette in discussione anche le rimesse economiche, annunciando misure per vietarle o limitarle. Una delle tante dichiarazioni che si aggiungono a quelle del passato, sicuramente buone per costruire narrazioni false e per alimentare odio nei confronti dello straniero».
Di 50.000 euro lordi l’anno quanti ne finiscono in tasca a un italiano al netto di tasse e contributi? Per rispondere è necessario sapere se il contribuente ha moglie e figli a carico, in quale regione viva (per calcolare l’addizionale Irpef), se sia un dipendente o un lavoratore autonomo. Insomma, ci sono molte variabili da tener presente. Ma per fare un calcolo indicativo, computando i contributi Inps al 9,9 per cento, l’imposta sui redditi delle persone fisiche secondo i vari scaglioni di reddito (al 23 per cento fino a 28.000 euro, al 35 per la restante parte di retribuzione), possiamo stimare un netto di circa 35.000 euro, che spalmato su tre dici mensilità dà un risultato di circa 2.600 euro e forse anche meno. Rice vendo un assegno appena superiore ai 2.500 euro al mese si può essere iscritti d’ufficio alla categoria dei ricchi? Secondo Elly Schlein e compagni sì.
Ha ragione la modella brasiliana Stephanie Amaral a ricordarci che, al suo posto, ci poteva essere una nostra figlia o un qualsiasi nostro familiare o un’amica. Perché, allora, nessuno l’ha aiutata? Forse perché ormai la paura ci blocca e quei pochi che ancora mescolano coraggio e incoscienza rischiano o di soccombere finendo in ospedale oppure… di reagire ma alla fine soccombere lo stesso perché, magari, un magistrato ti incolpa proprio perché hai alzato troppo le mani o perché non eri tu l’aggredito. Del resto, cose del genere capitano pure alle forze dell’ordine, dunque perché sorprendersi?
