2022-04-20
Lo studio, la metà dei redditi di cittadinanza va a chi ha già un lavoro (ma sottopagato)
Il 45,8% degli assegni del Reddito di cittadinanza va a chi ha già un lavoro
Quasi un reddito di cittadinanza su due è andato a chi un lavoro ce l’ha, ma evidentemente con un reddito troppo basso per mantenere dignitosamente se stesso o la propria famiglia. Il dato emerge da una indagine dell’Inapp, l’istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche.
Sul totale di 1 milione e 818 mila assegni erogati finora (circa un milione dei quali dopo l’inizio della pandemia) il 45,8% è finito a chi un reddito di lavoro ce l’aveva (era il 37% nel periodo pre pandemico, diventa il 52% se consideriamo soltanto i mesi segnati da lockdown e restrizioni di vario tipo). In particolare i lavoratori “standard” sono stati il 30,4% dei beneficiari, quelli “non standard” il 15,4%.
I primi sono dipendenti con contratti a tempo indeterminato oppure imprenditori o lavoratori autonomi non subordinati. I secondi invece hanno un contratto a termine o svolgono una collaborazione fortemente eterodiretta. I restanti assegni sono andati a disoccupati (24,8%) e inattivi (29,4%), una voce che comprende i pensionati. Un altro dato interessante riguarda la platea dei beneficiari potenziali. Si tratta di tutti coloro che hanno fatto domanda ma se la sono vista rifiutare (1 milione e 400 mila persone) e di quelli che non hanno ancora fatto domanda ma intendono farla (1 milione e 600 mila).
Un totale di tre milioni di persone, tra le quali - ancora una volta - praticamente la metà (il 49,8%) hanno un lavoro, sia esso standard (33,1%) o precario (16,7%). Facile immaginare che questa platea si allargherà se le conseguenza della guerra in Ucraina si prolungheranno nel tempo, con l’inflazione ad erodere ulteriore potere d’acquisto dai redditi dei lavoratori meno pagati. Un problema che interessa soprattutto il Sud Italia ma con sacche di disagio preoccupanti anche a Nord Ovest (lì risiede il 20% circa dei percettori dell’assegno ma anche il 20% circa della platea potenziale) e Nord Est (qui la platea potenziale supera quella degli effettivi beneficiari).
Considerando i disoccupati e gli inattivi il report conferma l’inadeguatezza del reddito di cittadinanza come strumento per avviare a una nuova occupazione. Il 25,2% degli interessati non è stato chiamato né dai servizi sociali del Comune di riferimento né dal centro per l’impiego. Di quelli che sono stati contattati da quest’ultimo (il 39,3%), solo il 40% ha sottoscritto il cosiddetto “patto per il lavoro”. E di quest’ultima sottocategoria solo il 50% ha ricevuto un’offerta di lavoro. Metà di loro, infine, hanno declinato l’offerta perché non in linea con le loro competenze (53,6%) o con il loro titolo di studio (24,5%), perché lo stipendio era troppo basso (11,9%), perché la sede di lavoro era troppo distante (7,9%) o per motivi famigliari (2,1%).
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I reduci della missione militare in Somalia terminata nel 1994 rendono onore ai connazionali caduti nel servizio del dovere
A trent'anni dalla fine della missione Onu in Somalia una lapide per ricordare gli italiani caduti servendo la Patria.
Trent’anni sono passati da quando, nel marzo del 1994, la brigata meccanizzata Legnano concluse le operazioni in Somalia.
Nel 1992 il Paese era straziato dalla fame, consumato da dieci anni di guerra civile. Le milizie di Mohammed Farah Aidid, signore della guerra che aveva rovesciato la lunga dittatura di Siad Barre, si scannavano con quelle fedeli ad Ali Mahdi; la miseria generata dalla carestia e dalla pestilenza aveva sfollato da Mogadiscio, la capitale, oltre un milione di persone.
Fu allora che l’Onu decise di avviare la più grande missione umanitaria della storia. Una missione a guida statunitense cui l’Italia non poté permettersi di mancare. La Somalia, infatti, dapprima colonia e protettorato poi, rappresentava per il nostro Paese una faccenda di prestigio internazionale. Sicché, il contingente italiano, il più grande dopo quello americano, aveva schierato i migliori reparti: carabinieri del Tuscania, lagunari del San Marco, paracadutisti della Folgore, incursori del Col Moschin, e, tra il settembre del 1993 ed il 1994, quando si sono chiuse le operazioni, gli uomini della brigata Legnano, guidati dal generale di brigata Carmine Fiore.
Le unità dell’esercito impiegate operarono in un settore profondo circa 360 chilometri e largo 150, tra Mogadiscio e il confine con l’Etiopia. Durante la missione, che nel contesto dell’operazione militare multinazionale «Restore Hope» prese il nome di Italfor-Ibis, morirono in tutto 14 connazionali, tra militari dell'esercito, un’infermiera volontaria della croce rossa italiana e due giornalisti.
È in ricordo di queste donne e di questi uomini che stamani, presso la caserma del 3° reggimento sostegno aviazione dell’esercito «Aquila» di Orio al Serio (Bergamo), che al tempo delle operazioni aveva fornito supporto agli elicotteri impiegati in Somalia, è stata scoperta la lapide alla loro memoria, per ricordare ancora, a distanza di trent’anni, quanti hanno sacrificato la vita per servire la Patria. «Porto nel cuore la memoria di tutti coloro che hanno perso la vita nel corso di quella missione, ringrazio con affetto i parenti dei caduti presenti a questa cerimonia e auspico che questa lapide sia un monito per tutti. Siamo stati in Somalia facendo il bene», ha riferito il generale Fiore, presente alla commemorazione.
Ecco i nomi dei caduti:
Giovanni Strambelli, paracadutista;
Andrea Millevoi, sottotenente;
Stefano Paolicchi, sergente maggiore;
Pasquale Baccaro, paracadutista;
Gionata Mancinelli, paracadutista;
Rossano Visioli, caporale paracadutista;
Giorgio Righetti, caporale paracadutista ;
Roberto Cuomo, sergente maggiore;
Vincenzo Li Causi, maresciallo;
Maria Cristina Lunetti, sorella C.R.I.;
Tommaso Carrozza, lancere;
Giulio Ruzzi, tenente;
Ilaria Alpi, giornalista;
Miran Hrovatin, fotoreporter.
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Il neo premier francese Michel Barnier, proveniente dalle fila della destra conservatrice dei Républicains (Ansa)
- Secondo indiscrezioni, Emmanuel Macron non avrebbe affidato l’incarico a Xavier Bertrand perché inviso alla destra. Che però voterà Mr. Brexit chiedendo che venga cambiata la legge elettorale e che si rivada alle urne nel 2025. Il neo premier in tv: «Rispetto gli elettori del Rn».
- La Camera ha già aperto un’indagine sul numero due della candidata democratica.