2025-11-09
Ipocrisia Pd a Monfalcone: diventa anti Bangladesh solo per contrastare la Lega
I dem che hanno sempre criticato l’ex sindaco Anna Maria Cisint firmano una mozione sul lavoro nei cantieri navali. Ora vogliono superare il modello di immigrazione a basso costo.«Nella sua campagna permanente contro gli stranieri che a Monfalcone regolarmente lavorano, la Cisint aggiunge un nuovo tema: ora mette in discussione anche le rimesse economiche, annunciando misure per vietarle o limitarle. Una delle tante dichiarazioni che si aggiungono a quelle del passato, sicuramente buone per costruire narrazioni false e per alimentare odio nei confronti dello straniero».Questo commento di Diego Moretti, il candidato del Pd sconfitto nettamente alle recenti elezioni del comune goriziano, da anni feudo della Lega, non risale ad anni fa, ma è vecchio solo di pochi mesi. Eravamo a metà maggio. E replica decine di altre esternazioni che hanno sempre visto la sinistra prendere nettamente le distanze dalle politiche del pugno duro sull’immigrazione.Poi è successo che qualche giorno fa, il Consiglio comunale - il sindaco oggi è Luca Fasan sempre della Lega - abbia presentato una mozione per chiedere un nuovo modello produttivo per lo stabilimento di Fincantieri che a Panzano (l’area di Monfalcone dove sorge il sito) dà lavoro a circa 5.000 persone. E la sinistra che è stata travolta nell’ultima tornata elettorale raccogliendo a malapena il 30% dei consensi, l’abbia firmata. Cosa chiede il documento? Tra gli appelli spiccano il capitolo relativo al superamento dell’immigrazione extracomunitaria a basso costo («promuovere un modello occupazione più inclusivo e qualificato, riducendo la dipendenza strutturale da manodopera precaria») e quello sull’impatto per il territorio per «riconoscere la relazione diretta tra investimenti produttivi e ricadute economiche, sociali e urbanistiche sulla città». Si chiede in buona sostanza maggiore sicurezza, legalità e un incremento delle ricadute per il territorio. E nel mirino c’è la comunità del Bangladesh. Per capire meglio bisogna fare un passo indietro e spiegare il caso Monfalcone. Una sorta di città azienda che sorge sul Golfo di Trieste e conta circa 30.000 abitanti. Qui lo stabilimento Fincantieri dà lavoro a circa 5.000 lavoratori di cui 1.500 assunti a tempo indeterminato e direttamente dal colosso della cantieristica - sono perlopiù italiani - e il resto, 3.500 dipendenti indiretti, che fanno riferimento alle varie società appaltatrici. Tra questi la stragrande maggioranza appartengono alla vastissima comunità del Bangladesh. Un presenza che dà anni è origine di problemi legati soprattutto alle differenze culturali e religiose, ma che ha una genesi ben precisa. Per intenderci, in loco Fincantieri produce le più grandi navi da crociera del mondo. Che hanno fasi e livelli di assemblaggio diversi. Servono persone che taglino le lamiere per un periodo dell’anno e addetti specializzati nel rifinire il design degli interni delle cabine extra lusso in un altro. Vanno contrattualizzati operai per la manutenzione e la riparazione delle navi ma anche dipendenti che sappiano montare sovrastrutture e apparecchiature. Insomma, il lavoro è molto variegato, spesso a tempo, e in alcuni casi riguarda mestieri che gli italiani non vogliono più fare.Per dirla tutta e dare qualche numero: Fincantieri produce circa 3 miliardi di euro di Pil nel Friuli Venezia Giulia e dà lavoro ad almeno 600 aziende della filiera in Regione. A oggi il carico di lavoro acquisito per i prossimi 10 anni vale 57 miliardi di euro e per l’80% dovrebbe riversarsi sull’Italia. L’azienda conosce bene determinate problematiche e infatti ha messo in moto una serie di iniziative per cercare di mitigare l’effetto «invasione». Ha investito 23 milioni per rinnovare armadietti, docce e spazi ricreativi all’interno del cantiere. Ha organizzato eventi di comunicazione per sensibilizzare i lavoratori del cantiere contro la violenza. Ha accorciato le catene di subappalto di ciascuna disciplina. E puntato forte sulla formazione delle risorse umane. Ma i problemi restano. «Se la domanda», ha evidenziato in una recente lettera l’ad Pierroberto Folgiero, «è come tutto ciò impatta positivamente, ad esempio, sul problema della concentrazione di bambini stranieri negli asili di Monfalcone domani mattina, va detto ancora una volta [...] ci vorrà del tempo, ma sbaglia chi promette soluzioni lampo attirando consenso facile e strumentalizzando le criticità esistenti».Chiariti i contorni della questione. Va detto che la Lega fa la Lega e continua da anni a portare avanti con coerenza le sue battaglie politiche. Evidenziando la criticità, i casi di violenza e le esasperazioni dovute alla presenza di una vera e propria enclave straniere in territorio italiano. Mentre non si capisce quale sia la parte che recita il Pd. O meglio, si capisce che a livello locale così come a livello nazionale non sa più che pesci prendere. Si è resa conto che le sue politiche pro immigrazione indiscriminata sono fallimentare prima socialmente e poi elettoralmente e quindi cerca di mettere una pezza per non lasciare il campo libero al centrodestra. Una pezza che è peggio del buco. Perché mostra tutta l’ipocrisia della sinistra in Italia.
La gentrificazione - cioè l’esproprio degli spazi identitari, relazionali e storici - quelli che Marc Augé ci consegna come i luoghi in opposizione ai non luoghi ha fatto sì che i ristoranti assumano sempre di più desolatamente le sembianze dello spaccio di calorie non obbedendo più a quella cucina urbana che è stata grandissima anche nelle case borghesi dall’Artusi in avanti.