2025-11-09
Il capo della Cei cerca operai a basso costo
Il cardinale Matteo Zuppi, in tv, svela la fonte d’ispirazione della sua dottrina sociale sui migranti: gli «industriali dell’Emilia-Romagna». Ai quali fa comodo la manodopera a buon mercato, che riduce le paghe medie. Così poi la sinistra può invocare il salario minimo...Parafrasando Indro Montanelli, viene da pensare che la Chiesa ami talmente i poveri da volerne di più. Il Papa ha appena dedicato loro un’esortazione apostolica, ma le indicazioni di politica economica ai cattolici non arrivano da Leone XIV, bensì dai capitalisti. E vengono prontamente recepite dai vescovi. Bastava ascoltare, venerdì sera, il presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi, intervistato a Propaganda live: l’immigrazione, ha insistito il cardinale su La 7, «è necessaria. Se si parla con qualsiasi industriale in Emilia-Romagna dice che non c’è futuro senza».Dunque, la dottrina sociale della Cei non è ispirata dal pontefice né da nostro Signore, ma da quelli che i comunisti duri e puri, che difendevano gli operai e i braccianti, avrebbero definito «padroncini». I quali, intendiamoci, non sono affatto dei reprobi e degli sfruttatori. Di solito, sono imprenditori onesti e infaticabili, che operano in un sistema distorto, nel quale la sopravvivenza e la competitività dipendono dalla contrazione dei costi di produzione. Ed esiste forse un modo più semplice di ridurre le spese, che pagare stipendi più bassi?È esattamente questo il circolo vizioso alimentato attraverso l’immigrazione che monsignor Zuppi considera «necessaria»: importare gente che si accontenta di lavorare per paghe infime finisce per determinare una pressione al ribasso su tutti i salari. Un meccanismo che penalizza la manodopera scarsamente qualificata, più facile da sostituire con gli stranieri.I progressisti sono convinti di avere la soluzione: il salario minimo. Se si vieta ai datori di assumere dipendenti a meno di una certa cifra, sostengono, l’ingiustizia sociale è sventata. Peccato che la strada per l’inferno sia lastricata delle buone intenzioni di Cgil e Pd. Primo, la soglia retributiva sarebbe comunque miserevole: non si arriverebbe a 7 euro netti l’ora, circa 1.000 euro al mese, che per un impiego a tempo pieno bastano a malapena a vivere in una qualunque cittadina della regione di Zuppi. Dopodiché, una quota pur minoritaria di imprenditori disonesti sarebbe incentivata ad accrescere il nero: per evitare la disciplina tariffaria, recluterebbe manovali, allevatori e contadini senza contratto. Il che, peraltro, avviene già oggi, in assenza del salario minimo.Attenzione: non si può vivere fuori dal mondo. L’economia funziona così. E infatti, in Italia esiste il decreto Flussi, attraverso il quale lo Stato gestisce l’ingresso di lavoratori regolari. Gente che di solito scende dalla scaletta di un aereo e non attracca con un barcone dopo aver rischiato l’annegamento. Il capo dei vescovi italiani ha in mente questi canali legali, quando parla di immigrazione «necessaria»? Oppure è rimasto irretito dalle imprese della ciurma di Luca Casarini e don Mattia Ferrari? La loro Ong di riferimento, Mediterranea saving humans, adesso parteciperà alla coalizione Justice fleet: una rivolta al memorandum Italia-Libia sulla lotta al traffico di esseri umani, portata avanti da una flotta che rifiuterà di coordinarsi con il centro soccorsi di Tripoli. La Cei non penserà mica che bisogni chiudere gli occhi dinanzi alla tratta dei migranti, lasciati in balìa delle onde dopo estorsioni e torture, solo perché agli industriali dell’Emilia-Romagna servono dipendenti a buon mercato?Don Matteo, come ama farsi chiamare il cardinale Zuppi, deve aver parlato con troppe imprese del Nord Est e con pochi economisti. Costoro gli avrebbero ricordato che, proprio a causa dei bassi salari che gli immigrati percepiscono, il saldo del loro arrivo, per le casse di un Paese, è negativo. Chi li assume è contento, visto che risparmia; ma le ritenute per la previdenza, su buste paga così leggere, sono basse; nel frattempo, queste persone usufruiscono dei servizi pubblici. Senza contare le rimesse che spediscono nei loro Paesi d’origine. Fiumi di denaro in fuga dall’Italia: nel 2024, oltre 8 miliardi di euro. Tutto considerato, è più il costo a carico della collettività del valore aggiunto portato dall’immigrazione «necessaria». Perciò è bizzarro che il presidente della solita Emilia-Romagna, Michele De Pascale, se la prenda con i transfrontalieri della sanità. Fatevi un giro in un qualsiasi pronto soccorso e capirete se il problema sono gli italiani che vanno a curarsi in altre regioni, oppure gli stranieri che versano quasi nulla in tasse, ma intanto beneficiano del nostro welfare. Pure sul piano demografico, il presunto vantaggio delle frontiere spalancate dura poco: Zuppi, su La 7, ha detto che «se hai denatalità e chiudi le porte, invecchi e basta». La verità, documentata da miriadi di ricerche, è che gli immigrati, tanto restii a integrarsi, con almeno una tendenza occidentale invece entrano quasi subito in sintonia: nel giro di pochi anni, smettono di fare figli. Intanto, come dimostrano i dati del Viminale, commettono il 34% dei reati, pur essendo sì e no il 10% della popolazione. Un affare, no?«Il lavoro deve essere una fonte di speranza e di vita, che permetta di esprimere la creatività dell’individuo e la sua capacità di fare del bene». L’ha detto ieri il Papa. Forse è meglio dar retta a lui, anziché agli industriali dell’Emilia-Romagna.