2021-06-06
Dietro la spallata di Marx al Vaticano c’è un’agenda di riforme alla Lutero
Il cardinale dimissionario tedesco usa lo scandalo abusi come una leva. L'obiettivo è un sinodo permanente che stravolga i punti cardine del Catechismo. E influenzi i lavori aperti da Jorge Bergoglio per i prossimi tre anni.Le dimissioni del cardinale tedesco Reinhard Marx sono arrivate per far sentire il suo senso di «corresponsabilità» per la crisi degli abusi che ha scosso la Chiesa e suggeriscono, come lo stesso cardinale ha scritto nella lettera pubblicata venerdì, la «via sinodale» come unica strada per uscire dalla crisi. Per capire cosa accadrà ora nella Chiesa tedesca e in quella universale il passaggio è decisivo, anche perché tutta la Chiesa, per volontà di papa Francesco, sta per avviarsi nel «sinodo dei sinodi», un percorso di tre anni con sinodi locali (anche la Cei ne ha già annunciato l'avvio) in ogni angolo del globo fino a culminare con l'assemblea dei vescovi in Vaticano nell'ottobre 2023. Non solo un metodo, ma un vero e proprio modo di essere che realizza di fatto il famoso sogno del cardinal Carlo Maria Martini: quello di una Chiesa capace di mettersi in uno stato sinodale permanente.La crisi degli abusi, gravissima in tutti i suoi aspetti, diventa nell'atto del cardinale Marx una specie di leva per quello che di fatto è un vero e proprio attacco alla Chiesa, laddove il cardinale parla di fallimento «istituzionale e sistemico». È chiaro che quella degli abusi è una lebbra insostenibile, ma dietro a quel duplice fallimento non si cela solo un certo «clericalismo», ma una precisa volontà di cambiare radicalmente la Chiesa nei suoi connotati. Una riforma che il sinodo tedesco sta già spingendo e che, date le latitudini da cui proviene, qualcuno dice che assomigli a un'altra Riforma, quella di Martin Lutero, che nel XVI secolo dilaniò la Chiesa cattolica.Il cardinale Marx, vero padre del sinodo tedesco, nonché strettissimo consigliere del Papa, sostanzialmente sta dicendo che occorre spingere sulle riforme per far uscire la Chiesa dal «punto morto» in cui si trova. In effetti si deve concordare con il cardinale sul fatto che la Chiesa tedesca è già morta, se guardiamo al risicato 5% di fedeli che va ancora a messa alla domenica, seminari desertificati (questo vale più o meno per tutta la Chiesa europea occidentale, Italia compresa), continui abbandoni, vita consacrata inaridita, sacramenti disertati. La Chiesa tedesca è già stata richiamata all'ordine più volte dal Vaticano, anche con una lettera del 2019 di Bergoglio, una lettera in cui in sostanza il Papa ricordava ai confratelli di non esagerare con le riforme per non cadere in un'evangelizzazione che sia solo un «ritocco che l'adatta allo spirito del tempo». Ma in Germania la spinta intrinseca del motore sinodale che si basa sul potentissimo Zdk, il comitato centrale del laicato cattolico tedesco, ha un'agenda ben chiara: ripensamento della morale sessuale della Chiesa, ridefinizione del celibato sacerdotale, ordinazioni di diaconesse e possibilmente donne prete, benedizione delle coppie omosessuali in chiesa, riscrittura del Catechismo in alcuni passaggi che riguardano l'omosessualità, modelli di democrazia partecipativa per l'elezione di vescovi e parroci, intercomunione con i luterani. Queste, in estrema sintesi, le riforme più radicali che covano sotto il fumo delle articolesse e delle tesine accademiche che spingono in questa direzione da tempo. Riforme che se portate fino in fondo da una Chiesa nazionale stracciano indelebilmente la sua unione con Roma.Era il 25 luglio 2019 quando a Lingen l'assemblea dei vescovi tedeschi, allora capitanata proprio dal cardinale Marx, lanciava il cammino sinodale e l'antefatto di quella decisione era proprio lo studio denominato Mhg che ha indagato il fenomeno degli abusi nella tra il 1964 e il 2014. In quell'occasione i vescovi decisero che i drammatici dati dello studio richiedevano appunto «metodi speciali» come quelli di un sinodo, liberi «da blocchi di pensiero», in un dibattito «aperto», capace di «prendere nuove posizioni e di percorrere nuove strade». Era il cardinale Marx a guidare quella via, la stessa per cui oggi compie il gesto delle dimissioni: per rilanciarla cercando di vincere la resistenze che ci sono in Germania e a Roma.Qualche giorno fa il Die Tagespost ha dato notizia di un nuovo «dubium» fatto recapitare in Vaticano, come quello che ha dato luogo alla risposta «non licet» per le benedizioni di coppie gay in chiesa, e che pone un quesito semplice e diretto: è in corso uno scisma nella Chiesa cattolica tedesca ai sensi del canone 751 del codice di diritto canonico? Questo dubbio è difficile che riceverà un «responsum», è chiaro però che il solo porre la domanda fa comprendere cosa ci sia in ballo nel cammino sinodale. La Chiesa cattolica, a sua volta incamminata nel «sinodo dei sinodi», non potrà intervenire riconoscendo uno scisma in casa tedesca, sebbene il sinodo in Germania potrebbe approvare forti riforme nella direzione della sua agenda. Riforme che però non potrà ratificare in quanto Chiesa nazionale, ma saranno ulteriore benzina sul fuoco della Chiesa in cammino sinodale permanente. È un processo che si avvia, dove porti solo Dio lo sa.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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