2025-08-29
Cantiere manovra. La tassa sulle banche riapre il fronte fra Lega e Azzurri
Antonio Tajani e Matteo Salvini (Ansa)
Antonio Tajani contro le nuove imposte che colpirebbero operazioni di Borsa da 15 miliardi: «Iniziative da Unione Sovietica».Ogni volta che il governo pronuncia la parola «banche» all’interno della manovra di bilancio, la maggioranza si divide come il Mar Rosso. Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti da una parte, Antonio Tajani dall’altra. In mezzo, Giorgia Meloni che assiste con l’aria di chi ha già visto il film: stesse scene, stessi attori, stesse risse. Stavolta non si parla più di extraprofitti come l’anno scorso ma di colpire i buyback, vale a dire il riacquisto di azioni proprie effettuati dalle banche (e non solo) per sostenere il titolo e dare maggior soddisfazione agli azionistiIl prologo al Meeting di Rimini, il santuario ciellino della politica estiva. Giorgetti, ministro dell’Economia, aveva buttato lì un’idea apparentemente innocente: «Un pizzicotto alle banche». Un’allusione per non parlare di nuove tasse. Il finale però era sempre lo stesso, spremere parte degli utili record degli istituti di credito accumulati (46 miliardi solo l’anno scorso). A ruota Matteo Salvini ha fatto il suo show: «Le banche possono e devono dare un contributo alla crescita del Paese e al taglio delle tasse alle famiglie. Non possiamo pensare che i cittadini paghino sempre e gli istituti di credito mai». Traduzione: più soldi per la manovra, meno lacrime per il popolo.Ma ieri, a margine del Consiglio dei ministri, Antonio Tajani, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, ha indossato i guantoni e ha risposto colpo su colpo: «Non possiamo penalizzare le banche. Significherebbe colpire il sistema produttivo italiano. Gli istituti finanziano le imprese, l’occupazione, gli investimenti. Se li tassiamo troppo, rischiamo di rallentare la crescita invece di favorirla». Un ragionamento da manuale di economia liberale: senza credito, niente sviluppo.La divisione è netta, quasi antropologica: la Lega che fiuta consenso, Forza Italia che difende gli interessi produttivi e l’equilibrio del sistema. Non è una novità: l’anno scorso, ad agosto, il governo fece precipitare i mercati con l’annuncio improvviso di una tassa sugli extraprofitti bancari. Una misura scritta in fretta e furia, comunicata in modo goffo, che in poche ore bruciò oltre 9 miliardi di capitalizzazione in Borsa. Poi arrivò la retromarcia: tetto massimo al prelievo, possibilità di destinare una quota a riserve patrimoniali e pace fatta (si fa per dire) con gli investitori. Per Tajani, il messaggio deve essere chiaro: non si possono colpire gli istituti di credito e al tempo stesso pretendere che continuino a finanziare imprese e famiglie. Soprattutto se l’imposta colpisce le banche popolari e il credito cooperativo. «Quando sento parlare di extraprofitto mi viene in mente un sistema più sovietico che italiano, perché l'extraprofitto anche dal punto di vista giuridico non esiste. C'è il profitto e il profitto deve essere tassato». Un altolà che non arriva per caso. Solo l’anno scorso il governo Meloni aveva già provato la via del prelievo straordinario, introducendo una moratoria sulle Dta, vale a dire gli sgravi che le banche ottengono a compensazione delle perdite. Doveva essere il colpo per riequilibrare i margini enormi guadagnati dagli istituti grazie all’andamento dei tassi e dello spread. Si rivelò invece un boomerang: la norma, scritta in fretta e furia, provocò crolli in Borsa, allarmi internazionali e un successivo rimaneggiamento che ne ridusse drasticamente l’impatto.Ma la tentazione di fare cassa col bancomat degli istituti di credito non passa mai. Anche perché i numeri dei buyback sono da capogiro. La parte del leone spetta a Unicredit, che ha realizzato lo scorso anno ha investito 5,6 miliardi a valere sui risultati del 2023 e ora ha stanziato 5,3 miliardi a valere sull’utile 2024. Intesa Sanpaolo ha remunerato i soci con buyback per 1,7 miliardi nel 2024, a valere sui risultati 2023, e sta attuando un programma da 2 miliardi quest'anno. Mediobanca negli ultimi due esercizi ha realizzato operazioni per circa 200 e 385 milioni di euro. La partita comunque è ancora molto aperta. È chiaro infatti che tassare i buyback non può essere un trattamento riservato alle banche. Altre società anche a capitale pubblico come Eni ed Enel ricorrono a questo sistema e dunque la tassazione non può essere solo a carico degli istituti di credito per non correre rischi di un ricorso alla Corte costituzionale. Bisogna trovare un’altra soluzione. S ne parlerà in un vertice a settembre con i dirigenti dell’Abi.A margine delle liti politiche c’è da segnalare il passo avanti dell’Ops di Montepaschi su Mediobanca. Le adesioni sono arrivate al 27,06%. La soglia del 35% è sempre più vicina.
Xi Jinping e Donald Trump (Ansa)