
Xi Jinping impone le limitazioni come arma negoziale sui dazi sfruttando la dipendenza dell’industria americana. Ma il tycoon annuncia ulteriori tariffe al 100% sui prodotti asiatici. E l’Unione europea è sempre spettatrice.Dal 1° novembre gli Stati Uniti imporranno dazi aggiuntivi del 100% su tutte le importazioni dalla Cina, insieme a controlli sulle esportazioni di software critici. L’annuncio di Donald Trump, avvenuto venerdì sera con un post sul suo social Truth, è una reazione diretta alle mosse di Pechino, che negli ultimi giorni ha alzato il livello dello scontro commerciale con una serie di misure contro l’industria americana.Il provvedimento cinese più insidioso riguarda le terre rare e colpisce non solo gli Stati Uniti ma tutto il mondo. Il ministero del Commercio cinese ha stabilito infatti che qualsiasi prodotto contenente anche solo lo 0,1% di terre rare cinesi, dal 1° dicembre prossimo, dovrà ottenere un’autorizzazione speciale all’export. Una soglia così bassa da colpire una massa enorme di prodotti e componenti strategici come magneti, motori, semiconduttori e materiali per la difesa, l’elettronica e l’informatica. La Cina controlla circa il 70% dell’estrazione e oltre il 90% della raffinazione globale di questi elementi, fondamentali per automotive, difesa e tecnologie avanzate. Le nuove regole vietano inoltre l’export per uso militare straniero e prevedono licenze per prodotti destinati alla produzione di chip o alla ricerca sull’Intelligenza artificiale. Non è chiaro come sarà applicata la norma, ma l’ambiguità appare intenzionale poiché Pechino vuole riservarsi margine negoziale.Non è l’unica mossa. Il governo di Xi Jinping ha imposto tasse portuali alle navi Usa, introdotto controlli su batterie al litio e materiali per la loro produzione, e avviato una campagna mirata contro le aziende tecnologiche americane. Il caso più notevole è quello di Qualcomm, colosso dei semiconduttori con sede a San Diego, che ricava quasi metà del suo fatturato dalla Cina. L’autorità antitrust cinese ha annunciato un’indagine sulla recente acquisizione della startup israeliana Autotalks, accusando Qualcomm di non aver chiarito l’impatto dell’operazione sulla concentrazione di mercato. Le sanzioni potrebbero essere pesanti.A questo si aggiunge l’aggiornamento della «lista delle entità inaffidabili», strumento con cui Pechino sanziona le aziende straniere considerate ostili. Insomma, in due giorni, Pechino ha scatenato un’offensiva che minaccia di far deragliare il fragile negoziato con Washington. L’impatto di queste restrizioni è potenzialmente enorme, tale da giustificare una reazione molto forte.Venerdì, le azioni statunitensi hanno subito un forte calo dopo il post di Trump, con il Nasdaq (molto spostato sui titoli tecnologici) che ha perso oltre il 3,5%. L’S&P 500 è sceso del 2,7% mentre l’indice Dow Jones ha perso 900 punti. A scatenare il crollo è stato l’annuncio dei dazi di Trump. Gli Usa importano molte merci di consumo dalla Cina, oltre a beni strategici, e il timore è di un aumento dell’inflazione.Il vertice tra Trump e Xi, previsto a margine del forum di Cooperazione economica Asia-Pacifico in Corea del Sud a fine mese, poteva essere una occasione per annunciare quell’accordo con la Cina che da tempo Trump insegue. Gli sherpa dei due governi si sono visti diverse volte a Madrid e Stoccolma, dopo una parziale risoluzione sulla questione delle terre rare a Londra mesi fa.Ma l’annuncio cinese di giovedì ha rimesso tutto in discussione, suscitando rabbia a Washington. «È stata una vera sorpresa, non solo per me, ma per tutti i leader del mondo libero», ha scritto Trump. «Avrei dovuto incontrare il presidente Xi tra due settimane, ma ora sembra non esserci più motivo di farlo». In seguito, però, Trump ha lasciato aperta la porta ad un vertice: «Sarò lì comunque, quindi presumo che potremmo farlo».Anche la finestra negoziale resta aperta. Le scadenze differenti - 1° novembre per i dazi Usa, 1° dicembre per le restrizioni cinesi - offrono margine per un compromesso. Trump però è stato chiaro: «Non c’è modo che alla Cina venga permesso di tenere il mondo prigioniero». Pechino avrebbe agito «in agguato», preparando una stretta commerciale mentre le relazioni sembravano distese.In tutto ciò, si segnala ancora una volta l’assenza della Ue. Le restrizioni cinesi colpiscono anche l’industria europea, che dipende in larga parte dalle forniture di terre rare e materiali critici cinesi. A differenza degli Stati Uniti, che stanno cercando di costruire una filiera autonoma, Bruxelles non ha ancora avviato un piano credibile di diversificazione. Il Critical raw materials act del 2023 è una cornice vuota e di fatto inutile, mentre solo qualche giorno fa Bruxelles si è decisa a mettere dazi sull’acciaio, con l’industria siderurgica europea sull’orlo del collasso. L’ambiguità strategica europea sta diventando insostenibile. Le mosse cinesi raccontano di una militarizzazione del commercio. Se Pechino intende usare le proprie esportazioni critiche in questo modo, come reagirà l’Unione europea, così invischiata con la Cina da non poterne fare a meno? Trump sta tracciando una linea e la sensazione è che, ancora una volta, l’Europa arriverà tardi e male ad un altro appuntamento con la storia.
Ernesto Di Gregorio
- Il generale Ernesto Di Gregorio: «Cercai di tenere sotto controllo Pappalardo e gli altri, il mio trasferimento è stato un monito per molti».
- Per il militare le trascrizioni delle intercettazioni sono state fatte «in tutta fretta».