- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pur non essendo credente, da sempre raccomando a colleghi ricercatori e studenti in economia e geopolitica economica di includere nei loro studi le religioni, perché mostrano una relazione forte con tali settori disciplinari. Nelle contingenze di questa epoca vedo una correlazione fortissima tra un’estensione degli Accordi di Abramo abbozzati da Emirati e Israele nel 2019 su pressione della prima amministrazione Trump che continua nella seconda.
In quell’anno fui tra i relatori (per un tema economico) in un mega-convegno negli Emirati, ad Abu Dhabi, a cui parteciparono tutti i Paesi islamici (eccetto gli sciiti iraniani) e parecchi tra i presenti mi chiesero quale sarebbe stata la posizione dei cristiani, perché nelle cene si ipotizzava la creazione di un sito abramitico dove fossero contigue per simbolismo di pace una moschea, una sinagoga e una chiesa cristiana. Non seppi rispondere, ma dissi che l’ingaggio dei cristiani sarebbe stato fondamentale per una «geoeconomia abramitica» che desse struttura a un mercato del Mediterraneo costiero e profondo, connesso con l’Indo-Pacifico e con l’Atlantico. Lo chiamai Ekumene.
Feci un balzo sulla sedia quando, a fine agosto 2023, in occasione del G20 a New Delhi, America, Arabia, Emirati, Francia, Germania, India, Italia e Regno Unito siglarono un accordo preliminare per creare la «Via del cotone» (Imec) tra India e Mediterraneo (con sbocco ad Haifa) via penisola arabica come percorso più breve tra Indo-Pacifico ed Atlantico settentrionale. La probabilità di Ekumene stava aumentando.
Oggi dalle cronache vedo che papa Leone XIV in visita in Turchia ha fatto annunciare dal Vaticano il progetto di un ampio summit (interreligioso?) a Gerusalemme nel 2033 con formato giubilare. Poiché la creazione di Ekumene richiede l’abbattimento del più che millenario Muro del Mediterraneo tra cristianità e mondo islamico, mi sono chiesto se la Chiesa cattolica, sempre aperta al dialogo interreligioso, si stia muovendo verso una specifica convergenza abramitica con concreti effetti geoeconomici e geopolitici.
Lo spero, e qui fornisco un motivo di «salvazione in terra» ai cultori della «salvazione in cielo». Lo scenario geoeconomico su cui sto lavorando da anni con miei ricercatori vede una regione economica centrata sul Mediterraneo costiero e profondo, connessa sia con il Pacifico sia con l’Atlantico, come luogo di maggiore moltiplicazione della ricchezza nel mondo e per tutte le nazioni partecipanti, anche perché stimolativo di uno sviluppo enorme dell’Africa. Non è che questo scenario possibile lo veda solo il mio gruppo di ricerca. La Cina lo interpreta come una riduzione della sua influenza sul Sud globale (in effetti strategia statunitense). L’Iran vedrebbe il pericolo di compressione ed esclusione. Così come la Russia che punta a creare una fascia orizzontale tra Mar Rosso e Atlantico di suo dominio sia in collaborazione sia (motivo più forte) in competizione con la penetrazione cinese.
Infatti, nel settembre 2023, un mese dopo l’accordo di New Delhi detto sopra, Hamas attaccò Israele su ordine iraniano (probabilmente le milizie semi-indipendenti e non il regime politico) forse stimolato riservatamente da Pechino per generare una reazione bellica di Israele stessa che poi impedisse ai sauditi e ad altri sunniti di procedere sia con l’Imec, dove Israele era il terminale mediterraneo, sia con gli Accordi di Abramo. Per inciso, la Cina aveva avviato una pressione diplomatica per far convergere Iran ed Arabia e ridurre l’influenza statunitense.
In sintesi, la macroregione economica indo-pacifica-mediterranea-africana-atlantica è vista come uno dei futuri centri economici (potenziali) del pianeta non solo da ricercatori, ma, soprattutto, dalle maggiori potenze del globo. Per la media potenza geopolitica italiana, basata su un modello di forte dipendenza dall’export e internazionalizzazione delle sue imprese, il vantaggio di una posizione centrale in una futura Ekumene estesa sarebbe enorme. Per tale motivo, penso, la presidenza del Consiglio ha voluto gestire direttamente sia il progetto Mattei per l’Africa (14 nazioni) e dintorni, sia la posizione italiana nell’Imec nonché la strategia dei parteniariati a livello globale. È ragionevole pensare che se il Vaticano aderisse agli Accordi di Abramo, Roma otterrebbe una centralità sia spirituale sia geoeconomica.
E per quella geopolitica? La Roma italiana deve necessariamente avvalersi sia della convergenza dell’Ue (per i soldi) sia degli Stati Uniti (per moltiplicare la forza geopolitica), ma se si aggiungesse quella con la Roma cattolica una centralità sarebbe meno difficile da raggiungere, anche tenendo conto che la politica estera italiana non cerca supremazie, ma intelligentemente e realisticamente collaborazioni paritarie. Penso che una chiacchierata in materia tra governo italiano e Vaticano sarebbe utile.
Il principio di separazione tra Stato e Chiesa, in realtà, ha confini spugnosi e rende importante il dialogo tra «salvazione minore» e «salvazione maggiore». Dove il punto è rendere la religione uno strumento di convergenza e non di guerra. Vedo due fasi per i cristiani e gli islamici:
1) riconvergenza tra le varianti delle due fedi in ciascuna area, cioè riconvergenza intra-sunnita tra Islam wahabita (Saudi) e Fratelli musulmani (Turchia, Qatar) e, per quanto possibile, tra sunniti e sciiti (Iran) e per l’area cristiana riconvergenza tra cattolici, ortodossi e protestanti. Non cercando rinunce dottrinali, ma convergenze per la «salvazione in terra»;
2) passo strutturante precursore di una solida convergenza abramitica: pax, shalom, salam.
Il Papa in moschea. Senza pregare
Papa Leone sta effettuando il suo primo viaggio apostolico (dal 27 novembre al 2 dicembre) con prima tappa in Turchia per onorare la memoria del primo Concilio ecumenico della Chiesa, tenutosi nel 325 nell’antica città bizantina di Nicea e che corrisponde all’attuale Iznik, 130 chilometri a Sudest di Istanbul. Al celebre Concilio, indetto dall’imperatore Costantino per definire il dogma della divinità di Cristo, il pontefice ha dedicato un’articolata e profonda Lettera apostolica intitolata In unitate fidei. Proprio in questa Lettera, papa Prevost spiega lo scopo del viaggio apostolico in Turchia, che consiste nell’incoraggiare «tutta la Chiesa» a un «rinnovato slancio» nella «professione della fede». Quella fede biblica, professata in Oriente e in Occidente, che «da secoli costituisce il patrimonio condiviso tra i cristiani», la quale merita di essere «confessata e approfondita» in maniera «sempre nuova e attuale». Ieri, papa Leone ha visitato la Moschea Sultan Ahmed, detta la «Moschea blu», considerata «tra i luoghi più simbolici di Istanbul». Il pontefice è stato accompagnato nella visita dal ministro turco della Cultura, Mehmet Nuri Ersoy, dal mufti di Istanbul Emrullah Tuncel e dall’imam Kurra Hafiz Fatih Kaya. Tra i presenti alla visita, il cardinal Kurt Koch, prefetto del dicastero per la Promozione dell’unità dei cristiani e il cardinal George Koovakad, prefetto del dicastero per il Dialogo interreligioso e abituale organizzatore dei viaggi pontifici. Leone ha vissuto la visita al tempio sacro musulmano «in silenzio» e «in spirito di raccoglimento e di ascolto», dimostrando «profondo rispetto» del luogo e della fede «di quanti si raccolgono lì in preghiera». Non diversamente da come fecero i suoi predecessori Francesco, Benedetto e Giovanni Paolo, i quali visitarono moschee e sinagoghe prima di lui. Vatican news aggiunge che il muezzin Askin Musa Tunca presente alla visita papale ha dichiarato ai giornalisti che il pontefice avrebbe voluto «vedere di più» per «sentire l’atmosfera della Moschea». E in ogni caso papa Leone è parso al dignitario islamico «molto soddisfatto». Quello che però Vatican news omette di riportare, lo fa notare fin dal titolo il sito cattolico indipendente Silere non possum. Infatti, il muezzin Tunca, sempre nel colloquio coi giornalisti, ha dichiarato di aver detto al pontefice che «se voleva poteva pregare» (testuale) lì in moschea. Ma il Papa, a piedi scalzi, avrebbe replicato così: «No, osserverò in giro». E anche qui si vede lo spirito profondo e lungimirante di papa Leone. Non rinnegare nulla del vero «ecumenismo» e dell’autentico «dialogo interreligioso», sorto a seguito del Concilio Vaticano II. Inserendo però le «novità conciliari» all’interno di una teologia più sobria e dogmaticamente ordinata, che i cattolici chiamano la «sacra Tradizione». A margine del viaggio apostolico e dei suoi voli, è poi apparsa una notizia che sembra kafkiana, ma che pare fondata a proposito del caso Airbus. La celebre compagnia aerea infatti ha dovuto bloccare all’improvviso circa 6.000 velivoli per ragioni di «manutenzione straordinaria». E l’aereo A320 su cui vola il pontefice, e che oggi pomeriggio verso le 15 dovrebbe portarlo a Beirut e il 2 dicembre a Roma, potrebbe essere fermato per la «sostituzione di un componente». Senza però cambiare il programma ufficiale del pontefice riportato dai media vaticani.
- Le linee guida diffuse dall’episcopato in Germania sono state considerate troppo spinte persino rispetto a «Fiducia supplicans», il documento del cardinale Tucho. E ora diversi vescovi si rifiutano di applicarle.
- Esce il nuovo regolamento vaticano sui contratti pubblici: segue le coordinate dettate da Francesco e punta ad accrescere la «trasparenza», eliminando i conflitti d’interessi.
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A tre mesi dalla sua elezione, papa Leone XIV si trova sul tavolo una questione urgente quanto spinosa: quella dell’ennesimo strappo da parte della Chiesa tedesca. Ci riferiamo agli effetti della pubblicazione, raccontati dal sito Silere non possum, di La benedizione dà forza all’amore, una guida data alle stampe lo scorso aprile e che sta generando serie spaccature in seno alla Chiesa cattolica teutonica. A dividere è il contenuto del documento che - elaborato dalla Conferenza episcopale tedesca (Dbk) insieme al Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK) - disciplina le benedizioni di coppie, incluse quelle in «situazioni irregolari».
La divisione ecclesiale è ben rappresentata dall’ordine sparso con cui le 27 diocesi tedesche stanno accogliendo tali linee guida: 11 tra, cui Limburg, Osnabrück e Treviri hanno espresso il loro appoggio esplicito; altre, come Essen, Rottenburg-Stoccarda, Dresda-Meißen e Hildesheim, hanno solo manifestato interesse; contrarie in modo netto, invece, almeno cinque diocesi, vale a dire Colonia, Eichstätt, Passavia e Ratisbona, Augusta.
Proprio il vescovo di Augusta, monsignor Bertram Meier, ha enumerato più punti de La benedizione dà forza all’amore che si spingono perfino oltre Fiducia supplicans, documento del 2023 del Dicastero per la dottrina della Fede, recante quindi la firma del suo prefetto - il cardinale argentino Víctor Manuel Fernández - con cui si era aperto per la prima volta a una «benedizione lampo» e informale («di 10 o 15 secondi» ebbe poi a precisare, forse previo collaudo cronometrato, lo stesso Fernández) alle coppie gay.
Ebbene, secondo Meier le nuove linee guida tedesche oltrepassano Fiducia supplicans, in almeno quattro aspetti: le differenti motivazioni per escludere le forme liturgiche, l’uso esplicito del termine «celebrazioni di una benedizione», l’estensione del contesto delle benedizioni ad esempio in occasione di matrimoni civili e, infine, la mancanza di un chiaro confine rispetto al matrimonio sacramentale. Insomma, il nuovo documento teutonico sarebbe un chiaro passo verso una «benedizione più ritualizzata» delle coppie irregolari. Oltre a quella di Meier si sono levate le voci di protesta dell’arcidiocesi di Colonia, a detta della quale la guida «va oltre le norme della Chiesa universale» e del gruppo Neuer Anfang, che a sua volta ha diffuso nota di protesta, accusando i promotori della guida di voler «legittimare consapevolmente celebrazioni di benedizione rituali e pianificate», in antitesi a Fiducia supplicans.
Tutto ciò è degno di nota ma ha anche del paradossale. È infatti bizzarro che, per arginare il caos tedesco, si tiri in ballo - quasi fosse un testo conservatore - Fiducia supplicans, la cui pubblicazione ha suscitato un terremoto senza precedenti sotto il pontificato di papa Francesco. Giova a questo proposito rammentare le tante reazioni assai caute quando non apertamente contrarie, ora di gruppi di pastori ora di interi episcopati: dai vescovi africani a quelli olandesi, dai vescovi delle Antille francesi ai vescovi ucraini, da quelli spagnoli a quelli ungheresi. Perfino gli ambienti ecclesiali progressisti, assicurano esperti vaticanisti, apparivano «delusi» se non proprio da Fiducia supplicans quanto meno dal caos da essa generato.
A tale proposito, era stata memorabile per compattezza la levata di scudi della Chiesa africana, la più contraria alle benedizioni Lgbt, levata di scuti e volontà di non applicare il documento così forti di aver dopo poco «ricevuto», quasi come lasciapassare, «il consenso di Sua Santità papa Francesco e di Sua Eminenza il cardinale Víctor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la dottrina della fede», come affermava da una nota ufficiale del cardinale Fridolin Ambongo Besungu, capofila di quel vigoroso dissenso pur essendo stato creato cardinale proprio da Jorge Mario Bergoglio.
Ma torniamo ora a La benedizione dà forza all’amore. Come reagirà a quelle linee guida - e alle divergenze conseguenti - papa Robert Francis Prevost? Il fatto che sia stato eletto anche, per alcuni perfino soprattutto, per ricucire divisioni da tempo serpeggianti nella Chiesa - e che egli stesso ripeta spesso l’importanza del concetto di «unità» - lascia pensare che Leone XIV affronterà il dossier tedesco. Ma non è affatto detto che lo faccia dando il placet a certe derive. Anzi, ci sono precedenti che vanno in direzione opposta. Possiamo per esempio ricordare che nel febbraio 2024, da prefetto del Dicastero dei vescovi, Prevost firmò - con il Segretario di Stato il cardinale Pietro Parolin, e il già citato Fernández - una lettera proprio per chiedere ai vescovi tedeschi di fermare il progetto di un Comitato sinodale. Quindi è pressoché certo che al Papa le spinte in avanti tedesche non piacciano.
Allo stesso modo, non è affatto pacifico che a Leone XIV vada così a genio Fiducia supplicans che pure, lo abbiamo visto, è ora invocato come argine a certe derive; prova ne sia che il 13 maggio scorso, intervistato su La Stampa, il cardinale del Lussemburgo, il progressista Jean-Claude Hollerich, se da un lato aveva definito «improbabile» che Prevost possa annullare gli insegnamenti di papa Francesco, dall’altro non aveva escluso che il documento Fiducia supplicans avrebbe potuto essere «riadattato» sotto il nuovo pontificato. Staremo a vedere, dunque, come il mite papa Leone XIV gestirà la partita tedesca. Ma chi si immagina benedizioni alle benedizioni, per così dire, rischia di restare deluso. Parecchio deluso.
Leone vara il suo codice degli appalti
Passati i primi 100 giorni dall’elezione, tutti gli osservatori attenti hanno capito ormai che papa Leone è tutto fuorché un «venticello di primavera» o una «acqua cheta». Infatti, con la pacatezza che gli è connaturale sta agendo con impegno e in modo incisivo, per rettificare una vita cristiana che non era (e non è) ai massimi livelli quanto a intensità, brillantezza e moralità generale.
In tal senso va letto, secondo noi, il «Decreto generale esecutivo», pubblicato ieri dalla Segreteria per l’Economia e contenente il Regolamento di attuazione della Lettera Apostolica sulle Norme sulla trasparenza, il controllo e la concorrenza nelle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano.
Lo scopo del dettagliatissimo Regolamento, suddiviso in 8 titoli e 52 articoli, è per Vatican news quello di favorire la «trasparenza, il controllo e la concorrenza» nelle gare di appalto che hanno il Vaticano e i suoi enti, come soggetto protagonista.
Il decreto, firmato dal prefetto dell’Economia, l’economista laico spagnolo Maximino Caballero Ledo, si fonda sulla «Costituzione apostolica» Praedicate Evangelium, pubblicata da papa Francesco nel 2022 per coordinare meglio le attività dei Dicasteri della Curia Romana. Secondo la Pe spetta alla Segreteria per l’Economia sia formulare «linee guida, indirizzi, modelli e procedure in materia di appalti», sia adoperarsi per rendere «efficace e trasparente la gestione amministrativa, economica e finanziaria» (n. 216).
Con il nuovo Regolamento si dà una svolta positiva a questi obiettivi di trasparenza e di giustizia, imponendo, a tutti i responsabili degli acquisti e delle gare di appalto, di seguire un’effettiva «parità di trattamento tra gli operatori economici» e una assoluta «non discriminazione tra gli offerenti». Anche per mettere in atto quei principi della Dottrina sociale della Chiesa che proprio Leone XIV sta riaffermando dallo scorso 8 maggio, rifacendosi anche nel nome a Leone XIII, il papa della Rerum novarum.
Tutte le agenzie hanno sottolineato la volontà del Papa di «moralizzare» il campo minato delle compravendite da parte degli enti della Santa Sede, attraverso l’obbligo, ora più stringente per tutti gli operatori, di chiarire «i rapporti diretti e indiretti» tra le parti in causa. Ed evitando situazioni «da cui potrebbero risultare compromesse o diminuite la propria imparzialità o indipendenza», con l’imposizione di «astenersi» da tutte le operazioni finanziarie qualora risultasse che «in passato tra il funzionario» della Santa Sede e «il fornitore» di beni o servizi, ci siano stati «rapporti di collaborazione, anche se a tiolo gratuito».
Sempre con lo scopo della trasparenza, il Regolamento impone di verificare «la documentazione amministrativa» degli «operatori economici» che abbiano presentato offerta di collaborazione con la Santa Sede e i suoi enti. Per valutare, da parte della «Commissione giudicatrice» nominata dalla stessa Segreteria per l’Economia su richiesta del «Responsabile del procedimento», la possibile «incompatibilità» di detti «operatori economici», come nel caso in cui emergessero rapporti pregressi tra le parti, «in ordine alla realizzazione dell’appalto».
La Chiesa di papa Leone vuole dunque mostrarsi «evangelica» e persino esemplare, adottando una serie di riforme e criteri che, se in teoria esistono già nel comune diritto civile e commerciale, molto spesso restano lettera morta, specie nell’annosa situazione di «conflitto di interesse».
Il decreto generale, contenente il nuovo Regolamento, con la pubblicazione sull’Osservatore Romano, entra in vigore da oggi, domenica 10 agosto.
Informare i genitori è «controllo sociale». Indottrinare i bimbi invece è «pluralismo»
- Per il «Domani» il ddl Valditara è «un attacco alla democrazia». Intanto i pediatri vengono istruiti all’«affermazione» del gender.
- Il movimento cattolico d’Oltralpe ha scelto la sua nuova guida: è una militante di estrema sinistra, lesbica con una figlia (che per lei ha «due madri») e pro aborto.
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Il consenso informato dei genitori, per far partecipare i figli a iniziative che riguardano l’ambito della sessualità, non è una norma che tutela il pluralismo delle idee ma avrebbe come obiettivo la «sorveglianza educativa» e «risponde alle rivendicazione del Family Day».
Un intervento su Domani stravolge le finalità del ddl approvato da Palazzo Chigi accusando il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, il ministro della Famiglia, Eugenia Roccella, ma anche l’intero governo Meloni di realizzare nelle scuole un programma reazionario, ideologico in quanto agli alunni imporrebbe che «la costruzione della propria identità (non solo di genere) deve essere limitata all’interno di binari rigidamente preimpostati sul codice della normalità e dei valori tradizionali».
In aula si dovrebbe invece promuovere il gender fluid, il cambiamento antropologico senza che mamma e papà siano d’accordo, secondo le tesi sostenute nell’articolo a firma Massimo Prearo. «Scienziato politico», come si definisce, coordinatore scientifico del Centro di ricerca Politesse - politica e teorie della sessualità dell’Università di Verona, studioso dei movimenti Lgbt+ in Francia e in Italia. Nell’articolo il ricercatore rivendica il diritto all’identità di genere «di più generi, altri generi, nessun genere», e critica le posizioni anti gender di Donald Trump e Giorgia Meloni che mirano «a disattivare pezzo dopo pezzo il potenziale di emancipazione di un’educazione laica e pluralista».
A suo dire, facendo diventare legge le «Disposizioni in materia di consenso informato», la scuola non sarà più «spazio di formazione e di cura», ma diventerà «centrale operativa di controllo e di sorveglianza educativa» come vogliono la destra e i «movimenti neocattolici».
Prearo dunque afferma che, se la scuola non può imporre contenuti educativi sui temi della sessualità senza l’approvazione dei genitori (che in questo ambito delicatissimo rivendicano autonomia educativa), allora il consenso informato è «uno dei tanti strumenti delle politiche di sicurezza […] e un attacco alla scuola come presidio democratico».
Il ricercatore fa parte di un team universitario inserito nella Rete di studi di genere, intersessuali, femministi, transfemministi e sulla sessualità. Ai vertici di Politesse c’è il professor Lorenzo Bernini, da anni attivo nel promuovere corsi Lgbt spesso con il supporto dell’Ateneo e di fondi europei.
Era Bernini a sostenere alla conferenza «Chi ha paura del gender?», del maggio 2015, che chi si oppone alla teoria del gender lo fa per «difendere la cosiddetta famiglia naturale, cioè la famiglia in cui la moglie è sottomessa al marito e rinuncia alla sua autodeterminazione procreativa».
Temi ghiotti, per quotidiani di sinistra come Domani. Lascia invece sconcertati il webinar sulla piattaforma istituzionale della Società italiana di pediatria (Sip) dal titolo «Affermazione di genere in età evolutiva. Considerazioni bioetiche e scientifiche», rivolto ai pediatri italiani con tanto di crediti formativi.
«Diversità come valore aggiunto» e disforia di genere che va riconosciuta «per evitare tanti suicidi», sottolineava Chiara Centenari, membro del gruppo di studio Pediatria di genere dell’Ospedale Versilia, socia dell’Associazione famiglie Arcobaleno («Mi occupo di divulgazione scientifica e formazione di professionistiə sui temi della genitorialità Lgbt+, supporto a minori con orientamento sessuale e identità di genere “non conforme”»), dice di sé.
Per Alessandra Foglianese, neonatologa al Policlinico di Bari, c’è ostilità sociale, la scuola non è un posto sicuro: «Ci si preoccupa di più di che cosa penseranno i genitori degli altri bambini se il figlio vuole andare a scuola con il grembiulino del colore diverso o entrare nel bagno in cui si sente più a suo agio».
Per le giovani persone transgender «c’è un’enorme difficoltà di accesso alle cure sanitarie», ha lamentato, e «i pochi, ottimi centri multidisciplinari presenti in Italia che si occupano con grande competenza di queste situazioni sono osteggiati a livello amministrativo e politico».
Gianluca Tornese, endocrinologo dell’ambulatorio pediatrico per la varianza di genere (Apevage) all’ospedale Burlo Garofalo di Trieste, ha detto che se il percorso dello psicologo risulta insufficiente i vantaggi della triptorelina come frenante della pubertà sono che «blocca la comparsa/evoluzione di caratteri sessuali indesiderati (seno, peluria, erezione, abbassamento voce e altro) che peggiorano il disagio e la sofferenza […], dà il tempo di valutare la propria identità di genere […] e riduce le chirurgie».
Un dato, messo in risalto dal medico e riguardante i pazienti che si presentano per «l’affermazione di genere» diverso, fa riflettere: «Più del 50% degli adolescenti esprime desiderio di genitorialità. Occorre proporre la possibilità della criopreservazione dei gameti». Dovrebbe essere incoraggiata «come salvavita» quando si sopporta male l’incongruenza tra sesso e l’identità di genere, e intanto si congelano ovuli?
Pensare che è lo stesso medico a citare che, secondo studi, il 98% dei bambini a pubertà già avviata desiste dall’accusare disturbi dell’identità di genere. Quale idea si saranno fatti i pediatri italiani dopo un corso così formativo?
A Parigi arrivano gli scout Lgbt
Il movimento degli «Scouts et guides de France» (Sgdf), la più vasta e importante associazione scoutistica francese, nasce nel 2004 dall’unione di vari gruppi scout preesistenti, sorti all’inizio del XX secolo. I suoi membri sono oggi circa 80.000, divisi in oltre 900 gruppi locali. Sul proprio sito si definiscono come «un movimento cattolico di gioventù e di educazione popolare». Si tratta, esattamente come l’Agesci in Italia, di una comunità di giovani (e di adulti) che si ispira al metodo educativo e pedagogico del generale inglese Baden Powel (1857-1941) e che è riconosciuta e approvata dalla Chiesa, sin dal pontificato di Pio XI. Le attività dei gruppi scout sono disciplinate e organizzate nelle diocesi e nelle parrocchie. I luoghi di ritrovo sono messi a disposizione dai vescovi, i quali nominano dei cappellani per formare spiritualmente e umanamente i ragazzi.
Ebbene, l’associazione ha da poco annunciato che «il Consiglio di amministrazione si è riunito per la prima volta» a seguito della «assemblea generale del 2025» e ha eletto la sua nuova presidente nella persona di Marine Rosset. La donna, 39 anni e membro e militante del Partito socialista, è stata eletta nel 2024 consigliere del quinto arrondissement (circoscrizione) di Parigi, con l’appoggio dell’estrema sinistra di Jean-Luc Mélanchon. Ex docente di storia e geografia, Rosset da anni porta avanti sia la militanza nei ranghi di uno dei partiti più laici, per non dire laicisti e anticlericali di Francia, sia l’impegno all’interno del mondo scout, dove ha ricoperto vari ruoli di spicco. L’elezione a presidente nazionale ha creato polemiche e imbarazzo in tutte quelle famiglie cattoliche che si riconoscono nei valori tradizionali dello scoutismo. Valori che sono riassumibili nella formula della «Promessa scout», composta da Powel: «Prometto sul mio onore di fare del mio meglio per compiere il mio dovere verso Dio e verso la patria; di aiutare gli altri in ogni circostanza; di osservare la legge scout».
Una prima incoerenza sta nel fatto che la Federazione dello scoutismo francese, a cui sono associati gli Sgdf, nei propri statuti si dichiara «apolitica» e ha approvato l’elezione di una donna che fa della politica il suo mestiere. Ma c’è di peggio. In una recente intervista ad Emile, il magazine degli ex alunni della facoltà di Scienze politiche di Parigi, la Rosset, dopo aver manifestato la propria omosessualità e il suo disprezzo per Marine Le Pen, dichiara di avere «un bambino di un anno e mezzo» assieme a un’altra donna. E il bambino in questione, che legalmente è suo figlio, secondo lei avrebbe «due madri». Già questo fatto rivendicato pubblicamente, secondo il cappellano scout don Clément Barré, «contribuisce a destrutturare» i giovani scout e creerà «confusione». Del resto, le battaglie di fondo della Rosset, secondo quando afferma lei stessa, sarebbero quelle in favore dei «diritti delle donne, degli omosessuali» e perfino per «il diritto all’aborto». Un Macron in miniatura e in versione lupetto, con il foulard, i pantaloncini e il berretto. Né più, né meno. «Quando si aspira a ricoprire incarichi di responsabilità in un’associazione cattolica», ha commentato anche il cappellano generale degli Sgdf, il salesiano Xavier de Verchère, «mi sembra essenziale» come minimo «non difendere pubblicamente posizioni in contraddizione con l’insegnamento della Chiesa».
Forse, temendo l’incipiente «restaurazione leonina» - che anche sui temi caldi della famiglia e della vita pare pienamente in corso - i gruppi dell’eversione ecclesiale e della ratzingeriana «discontinuità» stanno perdendo la pazienza e la speranza. E così, sono spinti a eleggere figure controverse come la Rosset, sleali verso il vangelo e ostili al magistero della Chiesa. Se queste figure terranno, sarà tutto di guadagnato per i progressisti. Se invece saranno espulse e rimosse, allora potranno dichiararsi vittime. E il vittimismo, anche nella cristianità, si vende bene e paga ancora di più.





