2025-10-12
«San Francesco salasso». E quanto costa il 25 aprile?
Per La Stampa di casa Elkann l’idea del governo di festeggiare San Francesco il 4 ottobre è un «salasso» per il Paese: uno spreco da 4 miliardi. Stranamente gli altri 11 stop, 25 aprile compreso, non hanno costi e fanno bene all’economia.Festeggiare il Poverello di Assisi ci rende più poveri. L’allarme arriva dalla Stampa di Torino, che ieri titolava addirittura: «Salasso San Francesco». Per il giornale degli Agnelli Elkann, «La festività introdotta dal Parlamento ci costerà quasi 4 miliardi di euro». Se le cifre sono quelle, fermare la nazione il 4 ottobre varrebbe quanto quattro anni di cassa integrazione negli stabilimenti Stellantis. In ogni caso, visto che le feste nazionali sono in tutto 12 e qui l’unico metro diventerebbe un (presunto) risparmio, si pongono almeno due problemi: Francesco d’Assisi è davvero l’ultimo della lista, quello che non merita la festa? E inoltre, se queste benedette feste costano alla collettività, fatta di imprese e Stato, quasi 50 miliardi di euro l’anno, allora non sarebbe meglio organizzare fiaccolate e fuochi d’artificio serali e risparmiarsi le annuali Manovre finanziarie «lacrime e sangue». Vabbè, ora tocca camminare a piedi scalzi come il frate e fare due calcoli da mercanti. Il giornale diretto da Andrea Malaguti si è servito di alcune ipotesi formulate dal centro studi di Confindustria, in base alle quali fermarsi il 4 ottobre (non quest’anno, che cade di domenica) costerebbero 3,6 miliardi di stipendi, per l’80,5% a carico delle aziende private e per il 19,5% a carico del settore pubblico. Lo Stato, infatti, dovrà pagare festivi e straordinari a poliziotti, vigili del fuoco e altri dipendenti pubblici, come medici e infermieri. Il calcolo è fatto su 24 milioni di italiani che hanno un’occupazione e tiene dentro anche straordinari, premi e indennità varie, sia per chi lavora a tempo pieno sia per chi è impiegato a tempo parziale. La «tassa di San Francesco», prosegue La Stampa, ovviamente colpisce sia il giorno della festa sia il giorno dell’eventuale recupero. Per Confindustria ci sarebbe da aggiungere anche la minor ricchezza prodotta dal Paese (0,08% del Pil), ma il servizio studi della Camera obietta che la maggior delle imprese, sapendo in anticipo della festa, rimoduleranno meglio la produzione senza diminuirla nel totale.Bene, archiviati i calcoli meschini e la storia del «salasso», eccoci alle attuali undici feste nazionali. L’elenco è questo: Capodanno, Epifania, Pasqua, Pasquetta, Liberazione, Festa dei lavoratori, Festa della Repubblica, Ferragosto, Ognissanti, Immacolata concezione, Natale e Santo Stefano. Sono gratis, oppure vogliamo rimetterne in discussione alcune, o facciamo i conti della drogheria solo con il povero San Francesco? Potremmo festeggiare la Repubblica insieme alla Liberazione, oppure il Primo maggio lavorando, o trasformare il 26 dicembre nella giornata dello sport per tutti. Oppure, per evitare di sollevare vespai, lasciamo stare l’allarme sull’esoso Francesco e tiriamo dritto. Poi, se arriva la Troika, andiamo in processione con il Santo.E sempre a voler essere pignoli, se facciamo i conti in tasca a Francesco, allora potremmo calcolare quanto costa uno sciopero generale per temi non del lavoro, come quello per Gaza indetto da Maurizio Landini della Cgil. Ma qui, tutti muti. Eppure, anche nel caso delle emergenze umanitarie, una marcia pacifica e raccolta, insomma, francescana, organizzata di sera, sarebbe perfetta. Innescare una disputa sui costi del 4 ottobre (2026) finisce per svilire un po’ anche il messaggio del Santo d’Assisi, che non è la sua riduzione conformista a macchietta hippy, fatta solo di ecologia, pacifismo e animalismo. È un messaggio di servizio, di preghiera, di umiltà, di costruzione, di regole e anche di denuncia, certo, ma portata avanti rimanendo all’interno della Chiesa e non uscendone (come Valdo di Lione). Non è detto che tutti gli assessori, i sindaci e i ministri lo possano capire appieno, ma lì magari ci penserà lo Spirito Santo. Senza oneri per lo Stato.
Sebastien Lecornu (Getty Images)
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