2025-07-28
Liquirizia, la radice delle meraviglie che cura, disseta e fa digerire
In Europa la portarono i frati domenicani del XV secolo. Apprezzata per le proprietà antinfiammatorie, può placare le vampate di calore nelle donne in menopausa. Ma occhio ad abusarne, soprattutto se avete la pressione alta.Per parlare della liquirizia bisognerebbe mettere in sottofondo quella bella canzone di qualche anno fa, Liquefy dei Servant. La parola liquirizia infatti proviene dal latino tardo liquiritia e fa riferimento al verbo liquere che significa divenire fluido, fluidificarsi, liquefarsi, appunto. Il succo di liquirizia si estrae dal fusto sotterraneo della pianta: portandolo a bollore, esso rilascia i principi attivi della pianta in forma fluida. Di cosa parliamo, dal punto di vista botanico? Parliamo della pianta Glycyrrhiza glabra, una pianta erbacea perenne che raggiunge l’altezza di un metro. Appartiene alla famiglia delle Fabaceae, dunque è una leguminosa, genere appunto Glycyrrhiza, dai termini greci che significano «radice dolce», mentre «glabra», la specie, significa senza peli perché la pianta non è tomentosa ovvero non ha peluria. Se abbiamo questa bella pianta, lo dobbiamo ai frati domenicani che la portarono in Europa nel XV secolo. Oggi l’areale della liquirizia, cioè la zona di distribuzione di questa specie, va dalla regione mediterranea fino alla Mongolia. La troviamo quindi anche nei Paesi arabi, dove addirittura l’estratto di liquirizia si diluisce in acqua per ottenere una bevanda che si chiama sus, una specie di street beverage fornito per le vie locali da tipici venditori, riconoscibili perché indossano un abito coloratissimo, di solito rosso, che ricorda il saio buddhista, e un cappello a forma di sombrero stretto e lungo con dei pendagli di cromie sgargianti e tutto un apparato di contenitori di bevande e bicchierini appeso a tracolla. Hanno anche un «grido» che li annuncia ancor prima che siano visibili, un po’ come quelli che sulle nostre spiagge gridano «Cocco! Cocco fresco!». Il richiamo verso la clientela è «erq sus, ya harranin!» ossia «Liquirizia, o accaldati!». La liquirizia era una pianta importante già nota e diffusa nell’antico Egitto, ma lo è e lo era anche nei nostri territori. In Abruzzo, per esempio, la liquirizia è nota e lavorata fin dall’epoca romana. Anche in Calabria è una pianta fondamentale. La liquirizia di Calabria è un prodotto agroalimentare italiano realizzato in alcune zone della Calabria dove è diffusa la Glycyrrhiza glabra var. typica (detta Cordara). Nel 2011 ha ottenuto dall’Unione europea il riconoscimento di denominazione di origine protetta (Dop). Si vende in forma di radice fresca, radice essiccata ed estratto di radice e numerosi sono i prodotti realizzati con essa, la Liquirizia di Calabria Dop. Dal Settecento in poi e fino all’inizio del Novecento, sul versante ionico della provincia di Cosenza si concentrava gran parte della produzione nazionale di succo di liquirizia grazie alle condizioni ottimali di clima e terreno, estremamente prolifici per la crescita spontanea della pianta. Nel 1771, spiega Wikipedia, il barone Johann Hermann von Riedesel registrò nel suo diario di viaggio che il «sugo di regolizia» rendeva profitti per 4.000 ducati all’anno. Pensate che nell’Ottocento la produzione cosentina copriva ben il 70% della produzione nazionale di liquirizia, con commercio sia sul mercato interno sia su quello estero, in particolare Regno Unito, Belgio e Olanda. Le fabbriche calabresi di liquirizia si chiamavano conci. Assai nota è la fabbrica Amarelli del Comune che oggi (dal 2018) è stato costituito con la fusione dei Comuni di Rossano Calabro e Corigliano, Corigliano-Rossano. La Amarelli fu fondata a Rossano nel 1731. Poi, la produzione di liquirizia in Calabria entrò in crisi dopo la seconda guerra mondiale: la concorrenza estera fece chiudere molti conci. Oggi l’attività è ripresa.Certamente più antica ancora è l’attestazione della presenza della liquirizia in Cina, dove il primo erbario cinese testimonia come si usasse liquirizia già 5.000 anni fa. La glycyrrhiza è una erbacea perenne rustica cioè in grado di resistere al gelo, ha un grosso rizoma da cui nascono stoloni e radici che possono giungere fino a due metri di lunghezza. Ed è proprio da qui che nasce la liquirizia che mangiamo: i fusti sotterranei di piante di tre-quattro anni si raccolgono in autunno e si essiccano. In teoria, potremmo raccoglierli anche noi facendo foraging, raccolta di erbe spontanee nella natura o in città. La pianta della liquirizia, infatti, si trova spontanea al Centro Sud e in Emilia-Romagna e avventizia (cioè con le radici che si formano in un punto della pianta diverso da quello normalmente radicale) nel resto dello Stivale, molto frequentemente si vede anche ai margini delle strade. Noi la vediamo nel negozio di dolciumi o al supermercato in forma di rotelle, di tubicini con ripieno zuccheroso, di lunghi cilindri tutti liquirizia, di colore nero e consistenza gommosa, di confettini duri di varie forme: chiamiamo liquirizia tutta questa infinita tipologia, ma queste in realtà sono le caramelle di liquirizia che si realizzano con l’aggiunta della polvere o dell’estratto di liquirizia. Diverso è il discorso della radice di liquirizia, che troviamo ancora in commercio. Si tratta di vere e proprie radici di liquirizia essiccate, infatti se ci fate caso pesano poco perché hanno perso parte della loro acqua, tronchetti legnosi da cui si «succhia» l’estratto dopo averle ammorbidite inumidendone con la saliva l’estremità e poi masticandola.La liquirizia ha molte proprietà. Si usa in cucina, sì, ma anche in erboristeria, sotto forma di tisane oltreché di bastoncini o polvere. Proprietà che dipendono innanzitutto da un importante composto della liquirizia, la glicirrizina, da cui si estrae l’acido glicirretico. A questo composto, tra altro, si è riconosciuto potere antiflogistico e antinfiammatorio, utile per ridurre infiammazioni cutanee, come dermatiti ed eczemi, ma anche per alleviare infiammazioni interne, di natura otorinolaringoiatrica come asma, mal di gola, bronchite, tosse, patologie cui si presta anche per le sue proprietà espettoranti. O infiammazioni di natura epatica, per esempio, come nel caso dell’epatite o anche questioni pre-infiammatorie come il fegato grasso, detto anche steatosi epatica, un accumulo di grasso nel fegato che può evolvere in infiammazione (steatoepatite) e fibrosi e, in teoria, condurre a cirrosi epatica e insufficienza epatica. La liquirizia, dunque, è considerata epatoprotettiva. Poi, funziona contro infiammazioni di natura orale: gengiviti, parodontiti e ulcere aftose, ricordatevelo se dovessero venirvi. Ancora, infiammazioni di natura gastrica, come l’ulcera peptica e il reflusso gastroesofageo. La liquirizia ha anche un riconosciuto effetto digestivo. Ancora, aiuta anche le donne in menopausa: nel 1950 è stato isolato nella liquirizia un composto steroideo che ha un effetto ormonale di tipo estrogenico, effetto moderato, certo, che tuttavia può ridurre alcuni sintomi della menopausa legati alla carenza di estrogeni come le vampate di calore. Inoltre, la liquirizia si può trovare anche in polvere e composta, da assumere come lassativo: si tratta di preparato erbale composto da radice di liquirizia in polvere e, di solito, foglie di senna ed altro e si usa occasionalmente in caso di stitichezza, quindi non dovuta a colite, colon irritabile o occlusione intestinale. Insomma, la liquirizia è un complice della salute e del benessere che può rivelarsi utile in molte circostanze. Bisogna però sapere come usarla e come non abusarne.Un consumo moderato di liquirizia è considerato sicuro, ma bastano due-quattro settimane di assunzione eccessiva per portare a effetti collaterali come ipertensione, debolezza, stanchezza, mal di testa, riduzione dei livelli di potassio, ritenzione di sodio. L’ipertensione da eccessivo di consumo di liquirizia si manifesta giustappunto in conseguenza del riassorbimento di sodio e contemporanea maggiore escrezione di potassio, con danno all’equilibrio tra i due che, se virtuoso, determina una buona pressione arteriosa.La dose che non si deve superare è quella di 2 mg/kg al giorno di glicirrizina. Generalmente, 100 mg al giorno. Viene allora da domandarsi quanta glicirrizina contenga la liquirizia. In realtà, la quantità di glicirrizina nella liquirizia varia in virtù della parte di pianta che si usa, dunque è diversa nella radice rispetto all’estratto. E muta anche in relazione al tipo di prodotto: l’integratore di liquirizia, per uso lassativo, contiene un dosaggio diverso da, per esempio, la caramella. In linea di massima, la quantità di glicirrizina nella radice di liquirizia varia dal 2% al 25%. In circa 10 grammi di radice di liquirizia di solito troviamo circa 1 grammo di glicirrizina. Il problema dell’aumento pressorio si presenta, come approfondito dai ricercatori dell’Università di Bologna guidati da Giorgio Cantelli Forti, se si consumano dolciumi che contengono la sola glicirrizina, ma non se si consuma liquirizia nella sua integrità. C’è anche la liquirizia deglicirrizzata, nella quale la quota di glicirrizina è inferiore all’1%. Infine è utile sapere che la glicirrizina è usata anche come dolcificante, essendo più dolce del saccarosio. Pensate, presenta un potere dolcificante 50 volte maggiore del saccarosio. Ancora, può far comodo conoscere il fatto che la liquirizia è anche ricca di antiossidanti che aiutano a proteggere le cellule dai danni causati dai radicali liberi. La liquirizia è anche dissetante e infatti pare che Alessandro Magno fornisse alle sue truppe razioni di radice di liquirizia da succhiare per idratarsi.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.