
Messaggio ai cattolici dopo l'accordo con il regime comunista: «Siate buoni cittadini». Ma nel Paese la persecuzione continua.Fedele alla linea della «Chiesa in uscita», il Papa ha detto che la firma dell'accordo provvisorio tra Cina e Vaticano sulla nomina dei vescovi non è un gioco a somma zero, ma comunque ha voluto perseguirlo. «L'accordo l'ho firmato io, le lettere plenipotenziarie le ho firmate io. Io sono il responsabile», ha detto Francesco lunedì sera nella conferenza stampa sull'aereo di ritorno dal viaggio apostolico nei Paesi baltici. «La legge», secondo il Papa, è che «quando si fa un accordo di pace o un negoziato, ambedue le parti perdono qualcosa». È chiaro a chi era rivolto il messaggio e Bergoglio non lo ha nascosto: «Io penso alla resistenza, ai cattolici che hanno sofferto. È vero, loro soffriranno. Sempre in un accordo c'è sofferenza».Il nodo dell'autonomiaLa sostanza dell'intesa è tuttora avvolta nel segreto, ma molti temono che firmandola il Vaticano abbia svenduto la Chiesa cinese clandestina - quella che ha sempre lottato per rimanere fedele a Roma - e che a perderci siano proprio quei fedeli che hanno dato persino il sangue per non cedere. Le preoccupazione riguardano il punto chiave dell'accordo, e cioè quale sia il potere di veto effettivo in mano al Papa di fronte alle proposte di nomine episcopali da parte cinese. «Quello che c'è», ha spiegato Francesco in volo, «è un dialogo sugli eventuali candidati, ma nomina Roma, nomina il Papa, è chiaro». È perfino ovvio che sia il Papa a nominare i vescovi nella Chiesa cattolica, ma come questo avverrà nel caso cinese resta un mistero non svelato. Eppure è una questione cruciale soprattutto per coloro che, come dice Francesco, «hanno alle spalle tanti anni di clandestinità» e magari carcere e torture. A questi fedeli risulta difficile digerire anche la riabilitazione dei 7 vescovi cinesi illegittimi, fino a ieri scomunicati anche perché, dicono, «hanno amanti e figli» e sono «fedeli collaboratori del regime contro il Signore». Poi ci sono ancora diversi vescovi fedeli a Roma imprigionati, e i cattolici si chiedono se per loro arriverà presto la liberazione oppure no.Il Papa vuole comunque una «Chiesa in uscita», come si comprende leggendo il Messaggio ai cattolici cinesi pubblicato ieri a mezzogiorno. L'accordo, scrive Francesco, è «una chiamata ecclesiale a farsi pellegrini sui sentieri della storia, fidandosi innanzitutto di Dio e delle sue promesse», perché la Chiesa è chiamata a una sfida, quella appunto di «uscire da se stessa per abbracciare “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono" e le sfide del presente che Dio le affida». È una Chiesa, diremmo in modo molto umano, che scommette sull'ottimismo. «Se Abramo avesse preteso condizioni, sociali e politiche, ideali prima di uscire dalla sua terra», continua il Pontefice, «forse non sarebbe mai partito. Egli, invece, si è fidato di Dio, e sulla sua Parola ha lasciato la propria casa e le proprie sicurezze. Non furono dunque i cambiamenti storici a permettergli di confidare in Dio, ma fu la sua fede pura a provocare un cambiamento nella storia». Per sempre «Socialisti»Eppure, le notizie che quasi quotidianamente arrivano dalla Cina mostrano una realtà che è difficile accettare a cuor leggero, anche mettendo in campo la fede. Ieri il portale Asianews ha diffuso un video girato in segreto a Tengqiao, distretto di Lucheng (Wenzhou): si vede un rappresentante del dipartimento dell'educazione annunciare un'ispezione con lo scopo di ripulire il corpo docente dai «leader religiosi», di assicurarsi che gli insegnanti non predichino durante le lezioni e che gli scolari «non credano nelle religioni». Asianews racconta poi di come gli studenti vengano espulsi solo per essere stati sorpresi a pregare in privato negli edifici scolastici. Non a caso, il giorno dopo la firma dell'accordo Cina-Vaticano, i membri dell'Associazione patriottica dei cattolici cinesi e del Consiglio dei vescovi della Chiesa di Cina (organismi non riconosciuti dalla Santa Sede) in una nota accolgono «con un apprezzamento di cuore» l'intesa raggiunta, ma spiegano anche che la Chiesa cattolica ufficiale «continuerà ad operare in maniera indipendente. Amiamo il Paese e la Chiesa, porteremo avanti il principio di indipendenza e il concetto di sinicizzazione della religione rimanendo sul sentiero che porta alla società socialista». Una precisazione che non lascia molto spazio all'ottimismo.«Una parola critica» Il Papa invita i fedeli cinesi a essere «buoni cittadini», e «ciò può richiedere a loro anche la fatica di dire una parola critica, non per sterile contrapposizione ma allo scopo di edificare una società più giusta, più umana e più rispettosa della dignità di ogni persona». Il punto è che questa «parola critica» in Cina oggi può essere proferita solo pagando un prezzo altissimo, e non per un problema di «sterile contrapposizione», ma semplicemente di libertà, a partire proprio da quella religiosa. I gesti di riconciliazione a cui Francesco richiama i fedeli, i sacerdoti e i vescovi in vista dell'unità, sono importanti, ma chi dovrebbe compierli si trova in un campo minato.Come ha spiegato Francesco nella conferenza stampa sull'aereo, l'accordo è frutto di un lungo cammino benedetto da quello che lo stesso Papa ha interpretato come un segno di Dio: la comune espressione di vicinanza inviatagli da un vescovo cinese della Chiesa «clandestina» e da uno della chiesa «patriottica» dopo la pubblicazione di «quel famoso comunicato di un ex nunzio apostolico». Evidente il riferimento al memoriale Viganò, che però rimane ancora una questione controversa almeno quanto l'intesa con il regime cinese: entrambi i dossier richiederebbero chiarimenti più che giudizi en passant. Il Papa legittimamente decide, ma su entrambi i fronti un po' di trasparenza in più potrebbe risparmiare ai fedeli terribili confusioni e sofferenze. Francesco mostra attenzione alle difficoltà dei perplessi, eppure tra i suoi collaboratori c'è chi si fa molti meno scrupoli. Come ha scritto martedì La Verità, monsignor Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere di due Pontificie accademie (Scienze e Scienze sociali), intervistato dal Global Times, organo ufficiale del governo di Pechino, ha detto che i critici dell'accordo «sono una minoranza di persone che vogliono creare problemi», quando invece la Cina «rispetta la dignità umana e il pianeta». Speriamo davvero che l'accordo sia stato firmato a partire da altre basi.
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