2019-03-06
Il gas radon contamina case e scuole ma qui da noi i controlli non si fanno
Malgrado i 3.200 morti l'anno, non abbiamo adeguato i parametri ai valori europei e non c'è mappatura. I geologi: «I dati sono preoccupanti, però il problema è sottovalutato nonostante il pericolo per la salute».È un gas radioattivo presente ovunque, considerato la seconda causa di tumore ai polmoni dopo il fumo da sigaretta. «Sono 3.200 le persone che, ogni anno, in Italia, perdono la vita a causa di una prolungata esposizione al radon. Le sue radiazioni colpiscono soprattutto le cellule dei bronchioli e degli alveoli polmonari, modificandone il Dna e causando l'insorgenza del cancro», aveva spiegato lo scorso anno Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale. Eppure nel nostro Paese non esiste ancora una mappatura delle zone dove si concentra il gas, inserito da più di 30 anni dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iar) tra le sostanze dichiarate cancerogene per l'uomo. Deriva dal decadimento nucleare del radio, si trova nel terreno, nelle rocce e in materiali derivati come cemento, graniti, tufo, laterizi. È il più pericoloso contaminante di fabbriche, scuole, edifici a pianterreno. «Incolore, inodore, insapore, non può essere avvertito dai sensi», informa l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Se inalato è molto pericoloso, costituisce la sorgente più importante di radiazioni negli ambienti chiusi, per sapere quante ne vengono emesse l'unità di misura è il Becquerel per metro cubo di aria (Bq m³), che rappresenta il numero di disintegrazioni nucleari del radon ogni secondo. Non è possibile eliminarlo completamente, ma sempre l'Ispra spiega che si può ridurre perché è «un pericolo per la salute» ed esistono «soluzioni semplici» per contrastarlo. «Intanto continuiamo a essere sottoposti a procedura di infrazione perché il nostro Paese è inadempiente sull'attuazione della direttiva Euratom del Consiglio europeo del dicembre 2013, in materia di radiazioni ionizzanti», puntualizza Vincenzo Giovine, vicepresidente del Consiglio nazionale dei geologi (Cng). «Prevedeva l'abbassamento dei tenori delle concentrazioni in precedenza considerate pericolose: la normativa 241 del 2000 indicava 500 Bq al metro cubo e riguardava prevalentemente gli ambienti di lavoro. Dal 2013, invece, secondo l'Unione europea non dovrebbe essere superiore a 300 Bq al metro cubo». Siamo inadempienti: per abbassare i parametri avevamo tempo fino al 6 febbraio 2018 e non abbiamo nemmeno fissato un valore di riferimento per le abitazioni. In Italia non esiste una normativa al riguardo, come ci ricorda sempre l'Ispra. «Sull'edilizia residenziale italiana i controlli sono stati quasi nulli. In alcune regioni si eseguono nelle scuole e negli ambienti di lavoro, ma anche in questi pochi casi virtuosi i monitoraggi andrebbero ripetuti per risultare significativi», spiega Giovine. Avevamo cinque anni di tempo per recepire la direttiva del 2013 e siamo in ritardo da un decennio sull'indispensabile mappatura. «Lombardia, Friuli, Campania, Lazio, Puglia sono a forte concentrazione di radon determinata dalla natura litologica del substrato in alcune zone, dalle rocce vulcaniche o da quelle alpine. Ma anche in pianura si possono trovare concentrazioni elevate negli edifici esistenti», fa sapere il geologo. «Il dovere delle Regioni, che poi hanno delegato il compito alle Agenzie per la protezione dell'ambiente regionali e provinciali (Arpa, ndr), sarebbe stato di effettuare una mappatura del territorio, alcune l'hanno fatto, ma sono studi quasi fatti a campione e la maggior parte degli enti preposti è inadempiente. Questo rende ancora più difficile la percezione del pericolo radon e delle possibili sue concentrazioni. Con le conseguenti difficoltà progettuali e di espansione urbanista. Se conoscessimo le mappe di rischio, quando costruiamo su terreni ricchi di elementi radioattivi potremmo mettere in atto delle misure di areazione moltiplicando le bocchette, o ricoprendo di materiale impermeabile al radon la superficie di contatto suolo-edificio per abbassare il livello del gas nei locali chiusi, dove è maggiormente pericoloso». Lo scorso ottobre si era svolto a Roma il convegno «Radon rischio geologico. Dalla terra un pericolo invisibile per la salute: quanti lo conoscono?», per richiamare l'attenzione su un problema ignorato e sottovalutato malgrado si conoscano gli effetti dannosi sulla salute. «I dati presentati dai medici intervenuti al convegno del Cng erano preoccupanti, però non vengono divulgati e i cittadini ignorano la pericolosità di questo gas. Non hanno idea di quale rischio rappresenti vivere su monopiani che si appoggiano direttamente al terreno o in piani interrati riutilizzati per scopo residenziale», cerca di spiegare Vincenzo Giovine. «Il problema non è solo il diretto contatto con il suolo, dal quale il radon penetra negli edifici attraverso le fessure dei pavimenti, le giunzioni pavimento-parete o i passaggi degli impianti termici, idraulici, delle utenze elettriche o del gas e, senza opportuna areazione, può risalire ai piani superiori attraverso la tromba delle scale. Ma anche materiali di costruzione, pietre di origine laviche, materiali prodotti da frammentazione e ricompattamento in pavimentazione arricchiscono le emissioni di radon e andrebbero eliminati». L'Ispra accennava a soluzioni semplici per controllare il pericolo random, Giovine aggiunge che sono anche «poco costose e non incidono sui bilanci delle Regioni». Si può intervenire per ridurre il rischio: «Sigillando le vie di ingresso a un'abitazione, una scuola o una fabbrica isolando fessure e condutture, impermeabilizzando la pavimentazione esistente», elenca il geologo, «o con sistemi di aerazione forzata, mediante espulsione all'esterno del gas attraverso un riciclo dell'aria. O con la pressurizzazione, cercando di incrementare la pressione interna dell'edificio, in modo da contrastare la risalita del radon dal suolo». Procedure non complicate ma che richiedono il coinvolgimento di geologi «che non figurano tra i tecnici qualificati, al pari di ingegneri e fisici. Il gas è prima di tutto un problema geologico. Solo quando ci sono le disgrazie vediamo chiamati in causa», lamenta il vicepresidente del Cng.
Jose Mourinho (Getty Images)