Il dossier, le Pmi italiane battono la crisi: «Ma bisogna evitare l’effetto long-Covid»

Le pmi italiane devono evitare l'effetto long-Covid
Il long-Covid, ovvero l’effetto di lungo periodo, rischia di avere un impatto paragonabile al momento più acuto del Covid stesso, quando tra lockdown e chiusure era scattato l’allarme rosso sulla tenuta del sistema produttivo italiano.
È uno dei dati che emerge dall’Osservatorio sulla piccola e media impresa di Global Strategy, società internazionale di management consulting e financial advisory, realizzato prendendo in considerazione i bilanci di 55 mila aziende con un fatturato dai 5 ai 250 milioni di euro per il periodo che va dal 2019 al 2020 con la tendenza per i mesi successivi
L'ANALISI
L’elemento che emerge in modo chiaro è quanto la pandemia abbia colpito a macchia di leopardo, con settori che hanno sofferto pesantemente mentre altri che addirittura hanno visto la crescita del giro d’affari. E dunque se il settore moda fa registrare un forte calo del 17,3%, come pure in negativo ci sono i comparti dell’energia e dell’estrazione e dei prodotti in metallo abbiamo invece comparti in controtendenza come quelli dei servizi alle imprese, alimenti e bevande (sino al top delle costruzioni con una crescita a due cifre.
Se poi si entra nel dettaglio dei numeri aziendali si scopre che, a fronte di un calo medio della domanda e dei fatturati, vi sono miglioramenti per quanto riguarda il patrimonio netto e l’indebitamento. «Un dato però che non deve tranquillizzare - chiarisce Stefano Nuzzo, equity partner di Global Strategy -. I numeri positivi infatti sono per molta parte legati alla possibilità di rivalutazione degli asset e alla moratoria sui prestiti e sul fisco. In sostanza si è trattato del pacchetto di aiuti a sostegno dell’economia decisi dal governo in piena pandemia. Ma oggi questi sostegni finiscono ed i nodi vengono al pettine».
Ed eccoci quindi al long-covid. «Anche perché - aggiunge il manager - agli effetti di lungo periodo della pandemia ora si sommano l’impennata dei costi dell’energia e gli effetti della guerra in Ucraina». Da qui una diversa mappa dei settori più colpiti. «Oggi anche l’alimentare risente dei maggiori costi di approvvigionamento, come pure i comparti energivori e dell’automotive».
Ma dunque come affrontare il momento particolarmente difficile? «Intanto una premessa - risponde Nuzzo - dalla nostra indagine sui bilanci più virtuosi che abbiamo analizzato, emerge una imprenditoria estremamente resiliente». «Spesso queste aziende, pur con fatturati importanti, sono a conduzione familiare con l’imprenditore che vede nel lavoro e nello sviluppo dell’attività una ragione di vita - spiega ancora il manager -.
E dunque abbiamo visto il moltiplicarsi degli sforzi per trovare soluzioni facendo fronte alla situazione anche con i propri patrimoni personali. Non è un caso che gli investimenti, in taluni casi, non siano calati» «Ma la novità più significativa - dice ancora Nuzzo - è un salto strategico che si va imponendo. Prima di tutto l’imprenditore pianifica maggiormente sui tempi medio-lunghi. Anche sui fornitori c’è un ripensamento: acquistare troppo lontano non paga. Ma poi si è arrivati a comprendere che fare da soli non è più possibile. Se da un lato infatti, l’azienda familiare è resiliente, dall’altro le piccole dimensioni, specie in periodo di crisi, diventano un problema. Da qui l’idea di puntare ad aggregazioni».
Sta di fatto che siamo nel pieno di una tempesta perfetta di inflazione, guerra, aumento del costo delle materie prime e dell’energia, La colonna portante dell’economia italiana, ovvero la piccola e media impresa, può farcela da sola? «Le nostre aziende sono forti, lo dimostra la nostra ricerca - conclude Nuzzo - certo è importante che il piano di sostegni varato dal governo faccia davvero da volano alla ripresa dell’economia. Oggi l’impresa pensa di più al futuro. Lo deve fare alche lo Stato».
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!













