2023-12-24
Flop termoelettrico. E pure il fotovoltaico farà la stessa fine
Investimenti fuori scala, resa zero: trasformare i raggi del sole in energia è inutile. Lo dimostra il fiasco del progetto Archimede.Rammentate il progetto Archimede? No? Vi rinfresco la memoria. L’energia solare diretta (cioè non mediata da biomasse, bacini idroelettrici o vento) può essere trasformata in energia elettrica o con impianti fotovoltaici o con impianti termoelettrici. Del fallimento dei primi vi scrivo, invano, da quasi cinque lustri e quando cominciai a scriverci lo facevo anche del fallimento dei secondi. Pure in questo caso scrivevo invano, ma il tempo è stato galantuomo: di termoelettrico non si parla più perché esso è miseramente fallito, nonostante i sostanziali investimenti di denaro pubblico elargiti a dispetto dei miei caveat.Il solare termoelettrico consiste nel concentrare la radiazione solare su un serbatoio contenente un fluido, tipicamente un olio, che portato a centinaia di gradi di temperatura, grazie a un opportuno scambiatore di calore, produce vapore acqueo ad alcune centinaia di gradi, così da azionare una turbina che, collegata a un generatore, produce corrente elettrica. La concentrazione della radiazione solare si effettua tramite opportuni specchi che in Italia abbiamo chiamato, molto romanticamente, specchi d’Archimede. Il progetto Archimede differisce solo per il fatto che invece di olio si usano sali fusi, circostanza che evita fastidiosi incendi con la totale distruzione dell’intero impianto; ma obbliga a tenere i sali costantemente allo stato fuso, pena la totale distruzione dell’impianto.L’efficienza della tecnica è il prodotto di tre efficienze: quella ottica degli specchi, circa il 75% (non tutta l’energia solare incidente viene riflessa, una parte viene assorbita); quella termica dell’olio o dei sali fusi, circa il 40% (non tutta l’energia riflessa dagli specchi si trasforma in calore dell’olio o dei sali); e, infine, l’efficienza termodinamica del processo di trasformazione di energia termica in energia elettrica, circa il 33%. L’efficienza totale è il prodotto delle tre, cioè il 10%.Ma, se gli specchi devono riflettere l’energia solare al massimo dell’efficienza, essi devono poter seguire il sole nel corso della giornata e orientarsi continuamente verso di esso; ogni unità mobile di specchi, allora, non deve fare ombra alle unità vicine e ciò si realizza mantenendo le unità a sufficiente distanza l’una dall’altra. Il risultato finale è l’occupazione di chilometri quadrati di territorio. Se si fa l’aritmetica, per soddisfare il 10% del fabbisogno elettrico dell’Italia, bisognerebbe spalmare specchi per 400 km quadrati.Vi sembra poco? Chiudete gli occhi un attimo e provate a vedere, con quelli della mente, 400 km quadrati coperti di specchi che, per mantenere alta l’efficienza ottica, vanno regolarmente lavati, diciamo due volte al mese.Perché se non si lavano almeno due volte al mese succede quel che succederebbe alla vostra auto che, appena uscita dall’autolavaggio, viene lasciata parcheggiata in strada per due settimane: vi ci potete specchiare al primo giorno, ma non più dopo due settimane. E allora vi invito a chiudere di nuovo gli occhi e a immaginare la faraonica operazione di lavaggio. Negli Usa esistevano alcuni impianti di questo tipo che, ancorché costruiti in aree desertiche, sono stati osteggiati dagli ambientalisti perché sembra che gli specchi disturbino la tartaruga del deserto.All’apice della loro performance, la produzione non ha superato il gigawatt (per confronto, la domanda elettrica degli Usa si attesta a 500 gigawatt): gli impianti sono stati quasi tutti chiusi. Qualcuno si chiuse da solo, distrutto dagli incendi di migliaia di ettolitri di therminol (l’olio dove si concentrava la radiazione solare). Anche nel mondo le cose non vanno meglio: la produzione di elettricità dal solare termico si attesta a meno di 2 gigawatt, a fronte di una domanda globale di 3.500 gigawatt. Per ulteriore confronto, la produzione di elettricità mondiale da fotovoltaico si attesta a meno di 150 gigawatt. Insomma, se il fotovoltaico contribuisce quasi niente, per il solare elettrotermico possiamo togliere il «quasi».E non che non ci siano stati spesi denari. Al contrario, ci si è spesa una fortuna: sul fotovoltaico tanto quanto sarebbe stato necessario per installare 1.000 reattori nucleari che avrebbero fornito il triplo della elettricità - elettricità sicura, cioè né instabile né intermittente, e per 60 anni e non per 20 anni - fornita dai pannelli. E sul solare termoelettrico? Beh, sul progetto Archimede inizialmente ci si misero 50 milioni di euro per specchi per la potenza di 5 megawatt - che in proporzione significa 100 miliardi per gigawatt elettrico prodotto, cinque volte di più del costosissimo fotovoltaico.I commentatori Verdi o gretini che dir si voglia, attribuiscono il fallimento italiano alla nostra burocrazia e magnificano gli Emirati Arabi che, «invece», avrebbero investito 5 miliardi per un’impresa di termoelettrico solare da 700 MW di potenza. Cioè, a quanto pare, ciò che da noi si fece con 50 milioni a Dubai s’è fatto con 35 milioni: una differenza comprensibile e poco significativa. Se anche fosse stata colpa della burocrazia italiana, benedetta burocrazia, verrebbe da dire. Comunque sia, il solare termoelettrico, in Italia come nel mondo, è - tutti zitti e mosca! - nella tomba. Quando nella medesima vi calerà il solare fotovoltaico sarà sempre tardi. Anche per esso il tempo ci sarà galantuomo e se sappiamo come finirà: i sostenitori del medesimo diranno di averlo detto da sempre e per i nostri problemi proporranno qualche altra bizzarria. Peccato che io non abbia la palla di cristallo ma, come alla Provvidenza divina, non metto limite alla devastante fantasia dei Verdi.
Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 9 ottobre 2025. Ospite Francesca Pascale. L'argomento del giorno è: "Gaza, Flotilla, Francesca Albanese, diritti civili, politica e preziosi ricordi del presidente Berlusconi".
A Dimmi La Verità con Francesca Pascale parliamo di Gaza, diritti civili, politica e di Silvio Berlusconi.
Intervista a Raffaele Borsari di Ristobar international, che si occupa di forniture per ristoranti e alberghi. Tra i suoi clienti alcuni grandi nomi di Milano da Just me a Crazy Pizza passando per Philippe Plein.