2022-03-23
Corsie senza medici: al posto dei sospesi arruolano gli ucraini
Caos sui requisiti dei rifugiati per esercitare. Nel Lazio intensive al palo dal 2020. Nuovo ricorso alla Consulta sul vaccino forzato.L’esito dello studio di Fondazione Hume nelle Marche. La Regione ha investito 12 milioni.Lo speciale contiene due articoliPotranno esercitare la loro professione in strutture italiane, in via temporanea per un anno, i medici e i sanitari ucraini in arrivo nel nostro Paese. Oltre a offrire un’opportunità a chi scappa dalla guerra, con il provvedimento si potrebbero sostituire i camici bianchi sospesi perché non vaccinati. La questione però è più complessa. Il decreto «Misure urgenti» per la crisi ucraina, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 21 marzo, prevede che fino al 4 marzo 2023 gli operatori con «qualifiche professionali sanitarie» residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 potranno lavorare in Italia usufruendo di una deroga al riconoscimento delle qualifiche professionale conseguite all’estero e regolato da specifiche direttive dell’Unione europea. Le strutture sanitarie potranno quindi «procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti, muniti del Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati, con contratti a tempo determinato o con incarichi libero professionali e anche di collaborazione coordinata e continuativa». Case di cura e ospedali dovranno solo fornire alla Regione e agli ordini professionali i nominativi dei professionisti assunti. Questa soluzione, oltre a essere un aiuto per chi fugge dalle bombe, potrebbe sostenere le strutture sanitarie a far fronte alla mancanza di personale, assente perché contagiato dal Covid-19 o sospeso perché non si è sottoposto alla vaccinazione obbligatoria prevista. Pur riconoscendo lo spirito di accoglienza umanitaria del provvedimento, la deroga prevista all’art. 34 del decreto pone però delle questioni pratiche che andrebbero chiarite. A stilare un lungo elenco dei quesiti aperti dal documento appena entrato in vigore è l’Unione per le cure, i diritti e le libertà (Ucdl). Visto che il personale sanitario può lavorare solo se completamente vaccinato, l’Ucdl chiede se i «sanitari ucraini dovranno essere vaccinati per lavorare all’interno delle nostre strutture ospedaliere o dovranno essere sottoposti a tampone molecolare costante», ma anche se andranno «a sostituire i sanitari italiani sospesi, in quanto non vaccinati e addirittura i sanitari guariti e non reintegrati». La questione non è secondaria se si considera che il tasso di immunizzazione completa degli ucraini si aggira attorno al 35%. C’è poi da considerare che, nel Paese sotto assedio, la maggioranza si è vaccinata con lo Sputnik, di produzione russa e non riconosciuto in Italia. Il ministero della Salute dovrebbe quindi spiegare se «i sanitari ucraini, laddove vaccinati con uno dei vaccini non riconosciuti in Italia o guariti dalla malattia, potranno lavorare o verranno obbligati ad ulteriore vaccinazione». Ci sono poi anche altri nodi tecnici che, se non venissero sciolti, potrebbero rendere il decreto l’ennesimo documento di buoni propositi inapplicabili. Data l’assenza di un sistema di valutazione, Erich Grimaldi, presidente dell’Ucdl domanda: «I direttori sanitari, senza nulla togliere alla preparazione dei sanitari ucraini, collocherebbero nelle strutture ospedaliere e, forse, nelle sale operatorie, medici e infermieri di cui non si conoscono le competenze e i percorsi di abilitazione professionale, che non parlano italiano e che non potranno, quindi, interloquire con colleghi e malati?». E poi, c’è «la copertura finanziaria?; cosa accadrà quando alcuni dei medici e dei sanitari italiani, sospesi e sostituiti, dovessero tornare a lavorare perché vaccinati e/o guariti?». La lista delle domande è lunga e il rischio è che non si trovi nessuna risposta, oppure che arrivi, ma fuori tempo massimo. È quello che succede, ad esempio, per i posti letto da integrare previsti per la pandemia in Lazio, la Regione che ai primi di marzo era pronta a inviare sanitari in Ucraina, salvo poi sentirsi ricordare dal sindacato dei medici (Fimmg) che mancano camici bianchi per l’Italia, figurarsi per l’estero. Ieri Il Tempo segnalava che, con due anni di ritardo, arrivano adesso le delibere degli ospedali romani per la realizzazione dei posti letti previsti per l’emergenza nel 2020. Già nel giugno scorso la Corte dei conti denunciava che su 282 letti in rianimazione previsti per la regione guidata da Nicola Zingaretti, ne erano stati attivati solo 97 (34,4%) e dei 412 di semintensiva ce n’erano 78 (18,9%). Il San Camillo Forlanini ha pubblicato in questi giorni la delibera per «la realizzazione di 24 posti letto in terapia semi-intensiva» per un importo di quasi 3,4 milioni di euro. L’Umberto I ha invece dichiarato che il cantiere non sarà completato prima del 2025: quattro anni per 24 posti in terapia intensiva e 48 in subintensiva. In compenso, a livello nazionale, non c’è stata alcuna revisione per l’obbligo di vaccinazione anti-Covid per il personale sanitario. Ma sulla legittimità di tale misura, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha chiesto il vaglio della Corte Costituzionale, con un’ordinanza depositata ieri e relativa al ricorso di uno studente di infermieristica che, non essendo vaccinato, non ha potuto partecipare al tirocinio formativo. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/corsie-senza-medici-al-posto-dei-sospesi-arruolano-gli-ucraini-2657019198.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-ventilazione-meccanica-a-scuola-abbatte-i-contagi-di-oltre-l80" data-post-id="2657019198" data-published-at="1647986768" data-use-pagination="False"> La ventilazione meccanica a scuola abbatte i contagi di oltre l’80% Con la massima portata di ricambio dell’aria, (sei o più ricambi all’ora), gli impianti di Ventilazione meccanica controllata (Vcm) installati nelle aule scolastiche abbattono di oltre l’80% il rischio di contagio. Lo certifica lo studio condotto dalla Regione Marche con la Fondazione Hume, presieduta da Luca Ricolfi, i cui risultati sono stati presentati ieri in una conferenza stampa con il presidente della Regione Francesco Acquaroli (Fdi) e gli assessori Francesco Baldelli (Edilizia scolastica), Giorgia Latini (Istruzione) e Filippo Saltamartini (Sanità). A seconda della portata di metri cubi/ora del macchinario, infatti, il rischio si abbassa tra il 40% e l’82,5%. La ricerca, svolta dal 13 settembre 2021 al 31 gennaio 2022, ha coinvolto 10.441 classi marchigiane, di cui 10.125 senza impianto e 316 con Vmc. Nonostante i numerosi appelli da parte della Fondazione Hume, sostenuti nel tempo anche dalla Verità, sulla necessità della ventilazione nelle scuole per scongiurare focolai, la regione Marche è stata l’unica ad aver investito in questa tecnologia, stanziando a favore di Comuni e Province 9 milioni di euro in un anno, oltre ad altri 3 milioni per l’acquisto di dispositivi di sanificazione dell’aria. «Continueremo a investire in questa direzione. La salubrità dell’aria e la qualità degli ambienti in cui vivono i nostri ragazzi siano fondamentali per contrastare non soltanto il Covid ma anche altre patologie respiratorie», ha dichiarato il governatore Acquaroli, «voglio ringraziare i nostri tecnici, i nostri esperti sanitari, le nostre strutture che hanno dato un contributo determinante in questi mesi così difficili e che hanno reso possibile questo studio, insieme con il professor Buonanno e Luca Ricolfi che hanno collaborato a questo lavoro in tempi in cui ancora nessuno credeva a questo metodo». Gli ottimi risultati dello studio non possono tuttavia lasciare l’amaro in bocca per tutto il tempo sprecato, rubato agli studenti e all’insegnamento in presenza. Gli alunni, tra chiusure prolungate, didattica a distanze, quarantene e protocolli cavillosi, sono stati tra i più penalizzati dalla pandemia e dalla sua cattiva gestione. Soprattutto i giovani non vaccinati, costretti a subire limitazioni più stringenti rispetto ai compagni muniti di green pass. E proprio sulla vaccinazione si è espresso Ricolfi, facendo un parallelo tra Vmc e profilassi riguardo l’abbattimento del rischio di trasmissione: «Il vaccino è fondamentale e insostituibile per la protezione da malattia grave e morte, però è meno efficace dal punto di vista della trasmissione. Secondo l’Iss l’abbattimento del rischio è poco più di dimezzato. La Vmc ha un fattore di abbattimento che può essere superiore a cinque: per il rischio di trasmissione la Vmc ha una capacità di “contenere” il virus almeno doppia rispetto a quella del vaccino». «Quella portata avanti dalla Regione Marche è un’iniziativa virtuosa a livello nazionale» ha spiegato il professore Giorgio Buonanno, «La Vcm è l’unico modo ingegneristico per ridurre il rischio di contaminazione al chiuso. L’errore commesso nella gestione della pandemia è stata quella di considerare la trasmissione del virus solo legata alla diffusione tramite droplet che non sono altro che grosse particelle che cadono in prossimità delle persone infette, contrastata con distanziamento e lavaggio delle mani. Misure che da sole non funzionano». I numeri lo confermano: ventilare meccanicamente le aule era la soluzione che i ministri Azzolina e Bianchi avrebbero dovuto adottare, o almeno testare, ben prima delle Marche. Ma, invece, hanno preferito banchi a rotelle, lezioni online, distanziamento e finestre aperte d’inverno.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)