2025-06-09
Dopo gli screzi Colombia-Usa, Petro abbraccia la Cina
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La Colombia, governata per la prima volta dalla dalla sinistra, è al centro dello scontro commerciale tra gli Usa e Pechino, che mira anche al controllo del canale di Panama. Washington ha finanziato fino ad oggi la lotta al narcotraffico che, senza l'appoggio di Trump, potrebbe prendere il sopravvento portando il Paese al caos.Diversi furono gli italiani che contribuirono al progetto del canale di Panama, dal XVI secolo fino alla sua realizzazione all'inizio del Novecento. Lo speciale contiene due articoli.Il confronto fra Cina e Stati Uniti non conosce confini e Pechino rilancia le mosse asiatiche di Washington inserendo la Colombia nel grande progetto della Nuova Via della Seta. Il governo di Gustavo Petro, primo presidente di sinistra della storia colombiana, ha deciso di rompere il classico schema che per decenni ha legato Bogotà agli Stati Uniti, provocando più di un nervosismo. La Belt and Road Initiative voluta da Xi Jinping ha già coinvolto 150 nazioni e ben 22 di queste sono sparpagliate fra l’America centrale e quella meridionale. Uruguay, Perù Bolivia, Ecuador, Venezuela e per un certo periodo l’Argentina avevano aderito a questo progetto che ha già superato il trilione di dollari di investimenti. Il presidente Petro ha preso questa decisione dopo una serie di scontri con l’amministrazione di Donald Trump, soprattutto sul tema dei rimpatri dei cittadini colombiani espulsi dagli Stati Uniti. Pechino stava corteggiando Bogotà da tempo e non ha fatto altro che implementare i suoi rapporti commerciali con le importazioni dalla Colombia salite di quasi il 15% nel 2024, raggiungendo i 2,3 miliardi di dollari e le esportazioni cinesi nel paese sudamericano superiori ai 14 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti restano comunque il primo partner commerciale della Colombia, ma l'inviato speciale del Dipartimento di Stato per l'America Latina, Mauricio Claver-Carone ha pubblicamente dichiarato che Washington sta valutando di acquistare fiori e caffè, i due principali prodotti importati, da altri paesi sudamericani. La presidenza colombiana non ha risposto, ma è invece arrivata una forte presa di posizione da parte dell’ambasciatore cinese a Bogotà Zhu Jingyang che ha negato che il suo paese voglia spodestare il dominio americano. Il diplomatico ha però anche accusato l'amministrazione Trump di ricorrere a intimidazioni e ricatti per cercare di mantenere la Colombia nella sua orbita ed impedire la libera concorrenza del mercato. In realtà la Cina aveva provato ad inserire nella propria orbita la Colombia anche in passato e durante la presidenza di Alvaro Uribe era stata una società cinese a costruire la metropolitana della capitale. Oggi però sul tavolo ci sono progetti molto importanti come l’ammodernamento del porto di Buenaventura sull’Oceano Pacifico o le infrastrutture legate all’agricoltura, che resta un caposaldo dell’economia nazionale. Come al solito il governo cinese ha mandato in avanscoperta le aziende private come Huawei e Jinkosolar che hanno aperto sedi e che sono in trattativa per un accordo di libero scambio internazionale. Ad oggi Petro sembra cercare un nuovo partner principale visto che il 27% delle sue esportazioni volano negli Stati Uniti con lo spettro del 25% di dazi. Ma Washington sostiene con oltre mezzo miliardo di dollari ogni anno la lotta al narcotraffico colombiano e la fine di questo rapporto potrebbe gettare il paese sudamericano nel caos, preda di milizie e eserciti privati.sIn molti si sono anche chiesti quanto sia conveniente finire fra le braccia di Pechino che hanno strangolato lo Sri Lanka, l’Angola ed ha ingannato il vicino Ecuador costruendo una centrale idroelettrica che non ha mai realmente funzionato. Quest’opera infrastrutturale, costata quasi 3,5 miliardi di dollari, è stata inaugurata nel 2016 alla presenza di Xi Jinping ed è l’emblema di un progetto fallimentare che ha lasciato l’Ecuador senza luce. Una mossa pericolosa quella di Gustavo Petro che rischi di dover rinunciare anche all’aiuto militare degli statunitensi che non vedono di buon occhio l’espansionismo cinese. Significativo il caso di Panama che aveva deciso di aderire alla Belt and Road Initiative, ma poi su pressioni americane ha rinunciato. Troppo vitale l’area del Canale per lasciarla nelle mani di Pechino e per questo motivo il Segretario di Stato Marco Rubio era volato nel paese centramericano. Il presidente panamense José Raúl Mulino, politicamente molto vicino a Trump, è addirittura apparso alla televisione nazionale per formalizzare questa rottura e dichiarando che in tre mesi tutti progetti cinesi sarebbero stati sospesi. Il piccolo stato del Centramerica fino al 2017 riconosceva Taiwan come legittimo governo della Cina, ma sotto la presidenza Carlos Varela aveva iniziato un percorso di avvicinamento a Pechino, entrando nella BRI nel 2018. La Cina aveva subito approfittato di questo cambiamento facendo piovere a Panama centinaia di milioni di investimenti dal porto di Colon alla ferrovia di David fino alla rete elettrica nazionale, tutto per avere il controllo del canale vitale sia a livello commerciale che militare. Adesso Washington ha già previsto di inserire Panama nel progetto Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII), il programma lanciato dal G7 per contrastare la Belt and Road cinese, una contromossa economica e geopolitica per ristabilire un controllo su questo snodo strategico. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/colombia-cina-2672327404.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="gli-italiani-che-fecero-la-storia-del-canale-di-panama-dal-xvi-al-xx-secolo" data-post-id="2672327404" data-published-at="1749287699" data-use-pagination="False"> Gli italiani che fecero la storia del Canale di Panama. Dal XVI al XX secolo La realizzazione del canale di Panama fu una delle più importanti opere ingegneristiche dell’era contemporanea. Il suo impatto fu talmente grande e tali furono le difficoltà per la sua costruzione che il sogno e la successiva realizzazione costarono circa 30mila vite umane, per fare un paragone pari al bilancio della guerra civile liberiana tra il 1989 e il 1997. Già pochi decenni dopo il viaggio di Cristoforo Colombo, il sogno di collegare due oceani attraverso lo stretto lembo di terra di Panama si era già manifestato. Il primo dei sognatori fu proprio un italiano, Battista Antonelli. Membro di una famiglia di architetti ed ingegneri originaria di Gatteo in Romagna, fu al soldo della corona spagnola ed incaricato della progettazione e della realizzazione di fortificazioni nei territori della Nuova Spagna. Operò in Nicaragua, Honduras e in Colombia ed infine a Panama, che era allora parte di quest’ultima. Qui realizzò la fortezza chiamata Nombre de Dios (oggi Forte San Lorenzo) a poca distanza da dove oggi il canale sfocia nel Mar dei Caraibi. Durante la sua presenza per la supervisione dei lavori del forte, elaborò un progetto ambizioso quanto irrealizzabile per i mezzi dell’epoca.Il progetto del canale tra i due mari divenne concreto solo alla metà del XIX Secolo, per iniziativa del governo francese. Il primo dei progetti presentati alla Repubblica di Panama portò ancora la firma di un ingegnere italiano, Felice Napoleone Garella. Nato a Lucca, si trasferì in Francia dove divenne ingegnere capo nel Corps des Mines. Nel 1844 il governo della Nuova Grenada, la Colombia di allora, contattò il governo francese che possedeva le risorse necessarie per la realizzazione del taglio dell’Istmo di Panama. Garella fu incaricato dell’esplorazione e della stesura di uno dei progetti più ambiziosi al mondo. L’ingegnere italiano esplorò la zona tra il 1844 e il 1845 e al suo ritorno in Francia stese una dettagliata relazione dove illustrava anche il suo progetto. Nel pamphlet Projet d'un canal de jonction de l'océan Pacifique et de l'océan Atlantique à travers l'isthme de Panama, Garella presentò un progetto davvero innovativo, che verrà poi ripreso quando la realizzazione del canale prenderà forma oltre mezzo secolo più tardi. Nel prospetto, l’autore poneva come precondizione all’inizio dei lavori la costruzione di una ferrovia tra i due estremi per il trasporto efficiente dei materiali, altrimenti di difficile movimentazione a causa del clima e delle strade inadeguate. Quindi concepì il canale di Panama come un’opera a «chiuse» e laghi artificiali per preservare il canale dalle esondazioni dovute alle frequenti tempeste tropicali caratteristiche della zona. Nonostante fosse il progetto più avanzato, quello dell’italiano non ebbe al momento seguito a causa delle turbolenze politiche che portarono alla caduta del regno di Luigi Filippo soltanto tre anni più tardi, oltre a presentare ancora troppe difficoltà tecniche e oneri economici oltre ogni reale possibilità. Quarant’anni dopo, quando la Francia riprese l’interesse al taglio dell’istmo di Panama, rifiutò l’idea di Garella. Affidato a Ferdinand de Lesseps, il piano prevedeva lo scavo del canale al livello del mare. Iniziati nel 1881 i lavori approdarono presto ad un drammatico fallimento. Gli scavi furono ostacolati dal clima avverso e da numerose frane che causarono migliaia di vittime tra i lavoratori. Nonostante il coinvolgimento del grande ingegnere Gustave Eiffel, il canale non fu mai completato anche a causa del fallimento della società di Lesseps, coinvolto in uno scandalo di corruzione che fece talmente tanto clamore a livello internazionale da portare Parigi alla crisi politica ed i risparmiatori che avevano investito nel progetto alla bancarotta.Altri furono gli italiani che parteciparono attivamente allo sviluppo dei progetti del canale di Panama, in particolare nel campo delle esplorazioni geomorfologiche dell’Istmo. Tra di essi figura, negli anni del progetto francese, Oliviero Bixio. Nipote del famigerato generale Nino, il trentenne militare ed avventuriero era reduce da campagne come ufficiale volontario nella guerra Franco-Prussiana e in quella civile americana. A Panama conobbe l’ingegnere italiano Guido Musso, con il quale compì un rischioso viaggio esplorativo nella regione del Darien, al confine tra l’attuale Colombia e Panama. A causa del clima avverso e delle malattie tropicali Bixio perse la vita durante le esplorazioni mentre Musso, che stava per rientrare in Italia fu colpito da una polmonite fulminante e di lì a poco morì come l’amico. Negli anni del progetto di Garella, attorno al 1850, prese parte alle esplorazioni il generale italiano Agostino Codazzi da Lugo, romagnolo come Battista Antonelli. Reduce dalla guerra del Messico e volontario nell’esercito colombiano di Simon Bolivàr, era un apprezzato cartografo e geografo. Dopo essere stato anche in Venezuela dove per un periodo fu governatore della regione di Barinas, Codazzi fu chiamato dagli inglesi che, come i francesi, promossero esplorazioni e progetti a Panama. Il tracciato del canale concepito dal cartografo romagnolo ricalcherà poi quello definitivo, realizzato decenni più tardi.Il canale di Panama sarà infine realizzato dagli Americani tra il 1907 e il 1914. Molti furono i lavoratori italiani emigrati che presero parte ai pericolosi lavori di scavo, resi ancora più letali per la grande diffusione della malaria e di altre malattie tropicali. Si calcola che circa 4.000 italiani furono impiegati negli anni della costruzione, che seguì in buona parte il progetto di Felice Napoleone Garella essendo concepito con un sistema di chiuse e bacini idrici artificiali in funzione di scolmatori durante le piene causate dalle piogge torrenziali dei tropici.La storia del canale che unisce i due Oceani ha parlato italiano anche recentemente quando tra il 2007 e il 2016 il gruppo Salini-Impregilo (oggi Webuild) ha partecipato in modo determinante alla gigantesca opera di ampliamento del canale, con un innovativo sistema a triple chiuse che ha permesso il passaggio di navi cargo tipo Neo-Panamax, lunghe 366 metri e larghe 49.