2021-04-14
Non solo la Cina in Montenegro, Erdogan si allunga sulla Bosnia
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Recep Tayyip Erdogan (Ansa)
L'influenza della Turchia sui Balcani sta crescendo. Un campanello d'allarme per Bruxelles e per Roma. E anche la Cina sta incrementando la sua presenza sull'area. I rapporti tra Pechino e Belgrado sono sempre più stretti. Podgorica nel 2014 ha contratto un debito di un miliardo di euro con il Dragone per un'infrastruttura autostradale, a cui adesso non riesce a far fronte.La Bosnia-Erzegovina e la Turchia hanno siglato il mese scorso ad Ankara un accordo per la costruzione del tratto bosniaco di un'autostrada per collegare Sarajevo e Belgrado: in particolare, la firma è avvenuta alla presenza del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e dei membri della presidenza bosniaca. «Sono convinto che il sostegno del presidente Erdogan a questo progetto sia fondamentale per la sua realizzazione», ha dichiarato Milorad Dodik, membro della presidenza bosniaca. «Oggi abbiamo parlato di cosa possiamo fare per accelerare l'attuazione del progetto in Bosnia. Un protocollo sulla cooperazione nel campo delle infrastrutture e dei progetti di costruzione, che oggi accelererà la realizzazione di questi lavori», ha dichiarato dal canto suo Erdogan. Non è stato ancora chiarito come verrà finanziato questo di autostrada, sebbene la Turchia abbia lasciato intendere di voler garantire le coperture: l'accordo tra Turchia e Bosnia offre del resto la possibilità di finanziamento tramite banche turche o istituti di credito internazionali. Ma non è soltanto nel settore infrastrutturale che Ankara si sta impegnando, guardando a Sarajevo. Il mese scorso, Erdogan ha infatti messo la Bosnia nel mirino anche della propria diplomazia vaccinale, inviando al Paese balcanico 30.000 dosi di vaccino cinese Sinovac. Ricordiamo, tra l'altro, che Ankara e Sarajevo intrattengano delle relazioni piuttosto strette e cordiali: relazioni in buona sostanza dettate non solo dalla significativa presenza di bosniaci in Turchia, ma anche dal fatto che in Bosnia la maggioranza dei cittadini (circa il 51%) sia di religione musulmana. Più in generale poi il Sultano sta portando avanti una strategia complessiva rispetto a gran parte della stessa area balcanica, una strategia che – non a caso – molti definiscono «neo-ottomana». In questo quadro, un ruolo fondamentale per Erdogan è svolto, per esempio, dalla Serbia. Nell'ottobre del 2019, durante una visita a Belgrado, il presidente turco ebbe a dire che la Turchia avrebbe continuato a svolgere un «ruolo costruttivo» nel rafforzare la stabilità nei Balcani. Fu in quell'occasione che il presidente della Serbia, Aleksandar Vucic, descrisse le relazioni di Belgrado con Ankara come «forse le migliori nella storia moderna». «La Serbia ha una posizione centrale e strategica nei Balcani. Abbiamo legami profondi, storici e culturali con la Serbia, e vediamo la Serbia come un paese vicino, anche se non abbiamo confini comuni. Oggi, le nostre relazioni è al suo livello migliore. Il mio caro amico Vucic ha un grande ruolo e supporto in questo», disse dal canto suo Erdogan. Sempre in quell'occasione, i due leader siglarono una serie di accordi in materia di Difesa. In tal senso, è utile sottolineare come gli scambi commerciali tra Ankara e Belgrado stiano crescendo. Del resto, dopo una crisi diplomatica verificatasi nel 2013 sulla spinosa questione del Kosovo, le relazioni tra Turchia e Serbia sono rapidamente migliorate. E risultano al momento particolarmente salde: il Paese balcanico ospita circa 800 imprese turche, mentre la dimensione degli investimenti turchi è passato da un milione di dollari nel 2011 a 200 milioni nel 2019. Inoltre, il volume complessivo degli scambi commerciali supererebbe attualmente il miliardo di dollari. In tutto questo, non va neppure trascurato il Vertice Trilaterale Turchia-Bosnia ed Erzegovina-Serbia, con cui Erdogan sta rafforzando la propria influenza sull'area. Infine la Turchia ha, negli ultimissimi mesi, anche siglato vari accordi con l'Albania, non disdegnando interesse per la Croazia: Paese che il Sultano ha visitato nel 2016. L'interesse mostrato dal presidente turco per i Balcani è quindi chiaro. Rafforzando in loco la sua influenza, il Sultano punta infatti a svariati obiettivi strategici. In primo luogo, come già suggerito, questa mossa è funzionale alla sua linea neo-ottomana ed è quindi subordinata alla politica di potenza di Ankara: un elemento dal forte valore anche ideologico. In secondo luogo, questa influenza esercita una (ulteriore) pressione alle porte dell'Unione europea. Ma il problema non riguarda soltanto Bruxelles. Investe anche (se non soprattutto) Roma. L'Italia si sta infatti sempre più ritrovando – per così dire – accerchiata dalla Turchia: si pensi non soltanto agli stessi Balcani, ma anche alla parte occidentale della Libia. In particolare, l'area balcanica riveste una forte importanza strategica per Roma: intratteniamo con l'area forti legami commerciali, senza poi considerare che la sua estrema vicinanza presenti delle ovvie ricadute politiche sul nostro Paese. In tal senso, le recenti turbolenze diplomatiche tra Roma e Ankara rischiano di produrre delle ripercussioni sull'Italia non soltanto in Libia ma negli stessi Balcani. Un'eventualità tutt'altro che remota, a cui Roma deve tenersi pronta e, in caso, reagire adeguatamente. Del resto, non va neppure dimenticato che, oltre alla Turchia, anche la Cina stia incrementando la sua influenza sull'area balcanica. I rapporti tra Pechino e Belgrado sono, per esempio, sempre più stretti. Senza poi dimenticare il Montenegro: il piccolo Paese balcanico ha contratto infatti un debito enorme con il Dragone, dal valore di un miliardo di euro. Un debito, sottoscritto nel 2014 per un'infrastruttura autostradale, a cui adesso Podgorica non riesce a far fronte (anche a causa degli effetti recessivi della pandemia). Il Montenegro ha per questo chiesto l'aiuto di Bruxelles, ricevendo tuttavia un secco rifiuto da parte della Commissione europea appena pochi giorni fa.
Il cpr di Shengjin in Albania (Getty Images)