
I soldi versati sui wallet dei cittadini resterebbero fuori dalla disponibilità degli istituti. Che per la gestione spenderanno miliardi.C’è un nemico delle banche che si aggira per l’Europa. Il percorso che porterà al varo dell’euro digitale continua inarrestabile ora che i ministri delle Finanze dell’Eurogruppo hanno sbloccato il dossier, preparando il campo a una posizione comune del Consiglio Ue, mentre è in arrivo una bozza di rapporto del relatore al Parlamento europeo che farebbe partire il «trilogo» con la Commissione Ue nel 2026.Ma la nuova frontiera della moneta unica contiene una potenziale minaccia per l’equilibrio del sistema bancario. Ad evidenziarlo, è proprio la Bce che sta lavorando alla criptomoneta. In una simulazione la Banca centrale europea ha svelato un paradosso inquietante: quella che dovrebbe essere una moneta più sicura potrebbe, in caso di crisi, svuotare i conti correnti e mettere in difficoltà le stesse banche che oggi reggono l’economia reale.L’ipotesi allo studio è di fissare un limite individuale di 3.000 euro, come tetto massimo detenibile da ciascun cittadino in un portafoglio di euro digitali da spendere con la card o l’applicazione sul telefonino. Si stanno valutando i costi per le banche. Grazie a sinergie e mutualizzazione degli oneri, le stime della Bce indicano «una forchetta fra i quattro miliardi di euro e i 5,77 miliardi totali» a livello di sistema, non lontani dalle cifre che la Commissione europea aveva comunicato nel 2023.Il wallet con un massimo di 3.000 euro è tutto denaro che sfuggirebbe ai depositi nelle banche. Il quesito che si è posto la Bce è quanti soldi l’euro digitale porterebbe via dai depositi bancari, con la sua attrattiva di essere moneta digitale ma contante, e cioè pubblica perché emessa direttamente dalla Banca centrale. Quello che emerge è che in una situazione normale, il deflusso di liquidità dalle banche ai wallet sarebbe «contenuto»: si fermerebbe a un centinaio di miliardi di euro a livello europeo, con un coefficiente di liquidità bancaria aggregato Lcr che scenderebbe dal 166 al 163%.La storia economica però non è esente da non preventivate situazioni drammatiche come insegnano i fallimenti di Lehman Brothers e della Svb, la Silicon Valley Bank, di cui tutti abbiamo memoria. Ebbene la Bce ha valutato che in una situazione di panico finanziario con una fuga dai depositi bancari, potrebbero essere spostati in poche ore dai conti bancari tradizionali verso portafogli digitali percepiti più sicuri perché garantiti dalla Banca centrale, ben 700 miliardi di euro. Un deflusso che tiene conto del tetto di 3000 euro per il wallet. La Banca centrale dice che solo 13 banche europee su 2.025 scenderebbero a una soglia di sicurezza di liquidità Lcr pari al 100% e di queste solo 9 andrebbero al di sotto, comunque restando dentro gli standard della regolamentazione europea. Denaro che in ogni caso resterebbe in euro, sotto l’ombrello della Bce. Le banche più piccole, meno capitalizzate, sarebbero le prime a soffrire.La Bce sostiene che questo scenario «altamente improbabile». Ma nella finanza, ciò che è improbabile non è mai impossibile.Diverso il caso delle stablecoin, la forma di pagamenti digitali scelta dagli Usa e con una quota dominante in dollari: i timori della Bce sono che non vi sarebbe alcun limite ai deflussi dai depositi, e questi evaporerebbero trasformandosi in dollari, uscendo dalla giurisdizione europea.Tutto ruota attorno alla fiducia nei confronti delle banche. L’euro digitale, concepito come un mezzo di pagamento sicuro e moderno, rischia di porsi come un concorrente diretto degli istituti di credito nel custodire la liquidità. Pertanto se detenere denaro presso la Bce con l’euro digitale, è percepito come più sicuro, perché lasciarlo in una banca?Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha lanciato l’allarme sul rischio che la criptovaluta intacchi i ricavi delle banche provenienti dalle commissioni sui pagamenti e i costi potenzialmente insostenibili per gli istituti.
Matteo Salvini (Ansa)
Il ministro: «Le toghe politicizzate sono una minoranza pericolosa da isolare per il bene della democrazia». L’ex membro Csm: «Le opinioni dell’Anm si riverberano sulle inchieste». Ambrogio Cartosio: «Ricostruzioni fantasiose».
La verità fa male: lo scoop di ieri del nostro giornale, con l’intervista del vicedirettore Giacomo Amadori al giudice Anna Gallucci, fa tornare indietro di anni le lancette del rapporto tra politica e magistratura e scatena la inevitabile indignazione di Matteo Salvini. La Gallucci ha rivelato, tra le altre cose, un episodio inquietante accaduto a Termini Imerese e risalente al 2018: «ll procuratore (Ambrogio Cartosio, ndr), titolare per legge dei rapporti con i cronisti», ha raccontato tra l’altro la Gallucci, «mi autorizzò a partecipare con lui a una conferenza stampa, all’indomani delle elezioni politiche del 2018.
Roberto Scarpinato (Imagoeconomica)
La presunta frode elettorale travolse i leghisti. Ma a processo è finito solo un «big» delle preferenze del centrosinistra. Il pm di allora conferma tutto. E va al contrattacco.
L’intervista a questo giornale della pm di Pesaro Anna Gallucci ha scosso il mondo politico e quello giudiziario. La toga ha denunciato il presunto indirizzo «politico» dato alla maxi inchiesta Voto connection della Procura di Termini Imerese, dove la donna lavorava, un’indagine che riguardava voto di scambio (riqualificato dal gip in attentato contro i diritti politici dei cittadini), favoritismi e promesse di lavoro in vista delle elezioni comunali e regionali del 2017. La pm ci ha rivelato che l’allora procuratore Ambrogio Cartosio (che ha definito la ricostruzione della ex collega come «falsa» e «fantasiosa») la avrebbe spronata a far arrestare due esponenti della lista «Noi con Salvini», specificando che «era un’iniziativa condivisa con il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato» e l’avrebbe, invece, invitata a chiedere l’archiviazione per altri soggetti legati al centro-sinistra. Ma la Gallucci non avrebbe obbedito. Un’«insubordinazione» che la donna collega ad alcune sue successive valutazioni negative da parte dei superiori e a una pratica davanti al Csm.
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Performance a tripla cifra per Byd, Lynk&Co e Omoda/Jaecoo grazie agli incentivi.
Byd +535,3%, Lynk&Co +292,3%, Omoda/Jaecoo +386,5%, «altre» +419,2% e fra queste c’è Leapmotor, ovvero il partner cinese di Stellantis che raggiunge l’1,8% della quota di mercato solo a novembre. Lo scorso mese le immatricolazioni auto sono rimaste stabili nei confronti dello stesso periodo di un anno fa, tuttavia c’è stato un +131% circa delle vetture elettriche, grazie agli incentivi che hanno fatto felici i principali produttori di veicoli a batteria: i cinesi. Come emerge appunto dalle performance a tripla cifra messe a segno dai marchi dell’ex celeste impero. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così nel mese al 12,2%, rispetto al 5,3% del novembre 2024.
«La spinta degli incentivi ha temporaneamente mitigato l’anomalia del mercato italiano, riavvicinandolo agli standard europei», sottolinea il presidente di Motus-E, Fabio Pressi. «Appurato l’interesse degli italiani per la mobilità elettrica, strumenti di supporto alla domanda programmatici e prevedibili conseguirebbero anche da noi risultati paragonabili a quelli degli altri grandi mercati Ue», osserva ancora Pressi, citando a titolo d’esempio «l’ormai improcrastinabile revisione della fiscalità sulle flotte aziendali».
Friedrich Merz e Ursula von der Leyen (Ansa)
Pure Merz chiede a Bruxelles di cambiare il regolamento che tra un decennio vieterà i motori endotermici: «Settore in condizioni precarie». Stellantis: «Fate presto». Ma lobby green e socialisti europei non arretrano.
Il cancelliere Friedrich Merz ha annunciato che la Germania chiederà alla Commissione europea di modificare il regolamento europeo sul bando dei motori endotermici al 2035. Il dietrofront tedesco sul bando ai motori a combustione interna, storico e tardivo, prende forma in un grigio fine settimana di novembre, con l’accordo raggiunto fra Cdu/Csu e Spd in una riunione notturna della coalizione a Berlino.
I partiti di governo capiscono «quanto sia precaria la situazione nel settore automobilistico», ha detto Merz in una conferenza stampa, annunciando una lettera in questo senso diretta a Ursula von der Leyen. La lettera chiede che, oltre ai veicoli elettrici, dopo il 2035 siano ammessi i veicoli plug-in hybrid, quelli con range extender (auto elettriche con motore a scoppio di riserva che aiuta la batteria) e anche, attenzione, «motori a combustione altamente efficienti», secondo le richieste dei presidenti dei Länder tedeschi. «Il nostro obiettivo dovrebbe essere una regolamentazione della CO2 neutrale dal punto di vista tecnologico, flessibile e realistica», ha scritto Merz nella lettera.






