2025-10-12
Savona striglia la Bce: «Coi conti in ordine lo spread è ingiusto, non deve esistere»
Per l’ex ministro «il rischio che l’Italia non rimborsi il suo debito è pari a zero». Un dito puntato sulle inefficienze della Lagarde.«Se, come assolutamente necessario, l’Ue intende proteggere veramente la stabilità monetaria e finanziaria e indurre una maggiore crescita, allora deve ampliare i poteri della Bce, includendo la piena facoltà di governare il cambio esterno dell’euro e di effettuare interventi da prestatore di ultima istanza. Il cambio esterno dell’euro e gli attacchi speculativi, nelle loro conseguenze sulla crescita reale, soprattutto delle aree più deboli, verrebbero finalmente governati. Chi si oppone all’ampliamento di questi poteri non vuole un’Europa unita». Paolo Savona diceva questo oltre sei anni fa, in una lunga intervista alla Verità, la prima da ministro degli Affari europei. E Paolo Savona ha detto questo ieri, a testimonianza del fatto che il problema è sempre lì: «Il fatto che esista uno spread è stata una mia polemica che poi mi è anche costata», ha chiosato l’attuale presidente della Consob alla festa dell'Ottimismo organizzata dal Foglio a Firenze: «Lo spread sul debito pubblico italiano non deve esistere perché il volume del risparmio e la ricchezza patrimoniale del mio Paese è tale che problemi o probabilità che l’Italia non rimborsasse il suo debito era pari a zero. Quindi pagare uno spread, argomento che dovrebbe essere oggetto di un accordo, è una gravissima ingiustizia e dimostra che la costruzione del sistema monetario europeo è incompleta».È inevitabile girare le preoccupazioni di Savona all’indirizzo di Christine Lagarde, capa della Bce. La quale venerdì scorso, al simposio di addio per il presidente della Banca Centrale olandese Klaas Knot, ha parlato proprio del compromesso tra politica monetaria e stabilità finanziaria. A suo dire, le riforme post-2008 hanno rafforzato la supervisione, permettendo alla Bce di gestire periodi di bassa inflazione e rialzi rapidi dei tassi senza instabilità finanziaria significativa. Ma la Lagarde oggi non si sente più così sicura perché la crescita degli operatori non-bancari richiede un’estensione delle regole. Sono almeno due i punti su cui la Lagarde suscita preoccupazioni. Quando testualmente afferma che «il quadro regolamentare e di supervisione post-2008 è stato un punto di svolta per l’interazione tra politica monetaria e stabilità finanziaria, servendo come una leva potente per mitigare i compromessi tra loro e aumentando lo spazio di manovra della politica monetaria», non sembra dirla proprio tutta. Fa infatti riferimento alla funzione di supervisione della Bce sulle banche commerciali nazionali, nota come Meccanismo di vigilanza unico (Single supervisory mechanism - Ssm), che è diventata operativa il 4 novembre 2014, quando l’Eurotower ha assunto la responsabilità diretta della vigilanza prudenziale sulle circa 120 banche più significative dell'area euro (che rappresentano il 90% circa degli attivi bancari totali): uno dei tre pilastri dell'Unione bancaria europea. Non possiamo non ricordare che quella partenza è avvenuta con un processo affannoso e improvvisato, motivato dall'urgenza della crisi finanziaria post-2008. Da questo punto di vista il tema indicato da Savona suona come un giudizio impietoso sull’operato di Francoforte: Lagarde parla della stabilità finanziaria, che risulta decisamente un obiettivo almeno in parte fallito anche sotto il suo mandato, proprio perché la Bce si è più volte dimostrata incapace di garantire un ordinato funzionamento del mercato finanziario più importante, quello dei titoli di Stato: oggi ne siamo al riparo e tocca ad altri subire i colpi dello spread, ma un mercato che non prezza correttamente il rischio, soprattutto dei bond governativi, meriterebbe dei regolatori degni di questo nome. Questo non significa ovviamente impossibilità di vendere o comprare, qualora un investitore valutasse i fondamentali e quindi il rischio non in linea col prezzo. Ma un mercato in cui la Bce fermasse sul nascere le esagerazioni - cosa che non ha fatto soprattutto nei confronti dell’Italia negli anni scorsi - nessuno farebbe scommesse ardite. È proprio questo il punto di Savona.Ma anche sul tema della crescita degli operatori non-bancari, che richiede una regolamentazione più stringente la Lagarde suscita preoccupazioni, perché sembra quasi una dichiarazione di impotenza. Affermando che «Nell’area dell’euro, i non-bancari – dai fondi di investimento alle assicurazioni, ai fondi del mercato monetario e ai veicoli di cartolarizzazione - sono cresciuti da circa il 250% del Pil nel 2008 a oltre il 350% oggi», manda un messaggio chiaro. Attualmente, la Bce è in grado di gestire il sistema e garantire la stabilità finanziaria emettendo moneta legale e controllando gli operatori che emettono moneta bancaria. Ma, fuori da quel mondo, ormai c’è una realtà fatta di operatori che forniscono mezzi di pagamento, erogano e assorbono liquidità, sui quali la Bce non ha controllo. Il riferimento è al mondo delle cryptovalute e delle stablecoins, ma anche al credito privato che, tramite sottoscrizioni dirette, fa affluire liquidità alle imprese, in un quadro regolatorio assente o poco trasparente. Da qui la salomonica chiosa della Lagarde: «Come disse Erasmo nei suoi Adagia, “Prevenire è meglio che curare” […] Man mano che il sistema finanziario evolve, regolatori e supervisori devono mantenere visibilità dei rischi potenziali, poiché prevenire l’instabilità è meno costoso che riparare i danni dopo». Una frase degna del mitico Catalano, in attesa che la Bce riesca nel suo compito istituzionale e aggiusti i problemi che il presidente della Consob, giustamente ma vanamente, indica.
Xi Jinping e Donald Trump (Ansa)
Abdel Fattah Al-Sisi e Donald Trump (Ansa)