2025-11-28
Il buco nero dei figli tolti ai genitori. Ora un registro per censire gli affidi
Ancora oggi non sappiamo con precisione quanti bambini siano stati allontanati da casa né dove si trovino. Il ddl proposto da Nordio e Roccella non demonizza la magistratura ma garantisce trasparenza al sistema.Il timore è che la storia della famiglia nel bosco finisca come sono finite tutte le analoghe vicende precedenti. Ogni volta che l’opinione pubblica viene a conoscenza di un caso piuttosto clamoroso di sottrazione di bambini o di allontanamento dalla famiglia si scatena un gran vespaio, se ne parla per un po’ sui giornali e nei talk show, interviene la politica, poi il baccano cala e serenamente ci si dimentica di tutti i problemi emersi.Che sono tanti, anche nel caso di Palmoli, e riguardano soprattutto il sistema di gestione dei minori. Se ne parlò a lungo durante le polemiche su Bibbiano, si discusse di riforma della giustizia minorile e di cambiamenti relativi ai servizi sociali. Ma alla fine poco o nulla si concretizzò e se qualcosa è cambiato - con la riforma Cartabia - è tendenzialmente cambiato in peggio.La sostanza dunque è che il modo in cui si gestiscono i figli di famiglie in difficoltà, in Italia, è estremamente problematico e andrebbe cambiato. Tanto per fare un esempio sconcertante: non sappiamo con esattezza quanti bambini siano stati tolti alle famiglie e dove si trovino. Il ministro Carlo Nordio ha fatto inviare una richiesta urgente ai Tribunali per i minorenni affinché provvedano a una rilevazione nazionale sui bambini allontanati negli ultimi tre anni. I dati dovrebbero essere forniti entro il primo dicembre.A dirla tutta una analoga rilevazione è stata tentata l’anno scorso dal ministero del Lavoro. I numeri emersi non erano affatto confortanti. I dati, relativi al 2021, parlavano di 13.248 bambini e adolescenti (1,4 per mille della popolazione minorile totale) dati in affidamento famigliare. Secondo il ministero, «le regioni in cui l’affidamento familiare risulta più diffuso con valori pari o superiori ai 2 casi per mille sono la Liguria e il Piemonte, mentre sul fronte opposto con valori inferiori a un affidamento ogni 1.000 residenti si trovano il Friuli-Venezia Giulia, la Provincia autonoma di Bolzano e la Campania».Il rapporto spiegava che «le classi d’età più rappresentate risultano la fascia 11-14 con un’incidenza del 30% e quella 15-17 anni (28%), che pone con forza il tema dell’adeguato accompagnamento verso percorsi di autonomia, da costruire tempestivamente prima del raggiungimento del diciottesimo anno di età». Quanto ai bambini e adolescenti accolti nei servizi residenziali per minori (case protette e simili), il ministero spiegava che «nel 2021 si registrano 14.081 bambini e ragazzi di 0-17 anni accolti nelle comunità residenziali, al netto dei minori stranieri non accompagnati. Un valore in leggera ripresa e in linea rispetto ai dati rilevati negli ultimissimi anni, a conferma di una relativa stabilizzazione dell’accoglienza nei servizi residenziali per minorenni successiva a una prima stagione caratterizzata da una decisa diminuzione degli stessi che si è protratta sino al 2010 e una seconda stagione di oscillazioni attorno agli 11-12.000 casi».Le regioni con più casi di minori affidati alle strutture si riscontrano in Puglia, Sardegna, Liguria e Sicilia, mentre le regioni meno interessate sono Valle d’Aosta, Calabria e Umbria. Quanto alle età, il 48% è nella fascia 15-17 anni. Poi ci sono le classi d’età 11-14 (20%), 6-10 (15%), 3-5 anni (9%). Si legge nel documento: «La distribuzione per classe d’età degli accolti è fortemente influenzata dalla crescente presenza straniera e della sua componente non accompagnata, che trova accoglienza quasi esclusivamente nei servizi residenziali. Più in generale l’elevata incidenza straniera incide e indirizza gran parte delle caratteristiche degli accolti. Poco meno del 40% dei bambini e ragazzi sono di cittadinanza straniera, un valore doppio rispetto all’incidenza rilevata nel 1998 (18%)». In sostanza ci sarebbero oltre 27.000 bambini dati in affidamento o collocati in strutture. Altri dati parlano di 30.000 o 33.000 minori (42.000 contando anche gli stranieri), ma è evidente che il fenomeno non è di piccole proporzioni benché all’estero vi siano percentuali ancora superiori.In ogni caso, si tratta di calcoli incompleti. Motivo per cui lo stesso ministro Nordio e il ministro della Famiglia Eugenia Roccella hanno presentato un disegno di legge (approvato alla Camera alla fine di ottobre) che propone di istituire un «registro nazionale delle famiglie affidatarie, delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici e privati, comunque denominati, con la finalità di monitorare il ricorso agli affidamenti dei minori temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo e di prevenire e ridurre situazioni di collocamento improprio presso istituti, in attuazione del superiore interesse del minore». In questo registro dovrebbe essere inserito «su base provinciale, il numero dei minori collocati, nel territorio nazionale, presso famiglie affidatarie, in ciascuna comunità di tipo familiare e in ciascun istituto di assistenza pubblico o privato, comunque denominato, la denominazione delle comunità e degli istituti medesimi nonché il numero delle famiglie, delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza che sono disponibili all’affidamento o all’inserimento di minori». Dopodiché, «il dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri acquisisce periodicamente dalle regioni e dagli enti locali i dati numerici e le informazioni necessari all’esercizio delle funzioni».Questo ddl è stato reso necessario proprio dalla mancanza di numeri chiari, il che rende l’idea di come funzioni attualmente il sistema: in maniera scoordinata e deficitaria. Per questo l’ennesimo caso mediatico non può e non deve rivelarsi una tempesta passeggera: qualcosa deve cambiare. Non si tratta di demonizzare la magistratura o gli assistenti sociali, come autorevoli rappresentanti delle due categorie continuano a ripetere: si tratta semmai di mettere ordine in un meccanismo malfunzionante, dei cui difetti fanno le spese i bambini e le famiglie più fragili.
Sullo sfondo Palazzo Marino a Milano (iStock). Nei due riquadri gli slogan dell’associazione Mica Macho