2019-05-17
All'Aero Club d'Italia è tutto fermo. La politica mira a far tornare Leoni e gli aviatori restano senza ali
True
Indispensabile per lo sport aeronautico, l'Aero Club d'Italia è da tempo in subbuglio. Dopo oltre un decennio di presidenza e commissariamento affidati all'ex senatore della Lega Giuseppe Leoni, dopo la condanna in primo grado di quest'ultimo per peculato, il nuovo amministratore straordinario prende tempo. E le elezioni dei vertici si allontanano. Eppure, occorre una riforma profonda che dia rappresentanza a tutte le specialità e ripristini lo scopo fondamentale per il quale l'ente è stato creato: avvicinare la gente all'aviazione.Pare non esserci pace per la situazione in cui versa l'Aero Club d'Italia. Dopo oltre un decennio di presidenza e commissariamento affidati all'ex senatore della Lega Giuseppe Leoni, dopo la condanna in primo grado di quest'ultimo per peculato e un primo commissariamento affidato al professor Pierluigi Matera, avvocato legato al Coni di Giovanni Malagò il cui mandato scaduto non è stato rinnovato dopo il cambio del governo, ora l'amministrazione straordinaria di AeCI è stata affidata a un altro giurista, il professor Guido Valori, con l'incarico di traghettare a nuove elezioni l'ente entro tre mesi dalla nomina del marzo scorso. Tempo che Valori ha già dichiarato essere insufficiente e che dovrebbe pertanto essere prorogato. Nel frattempo, il 14 maggio, il commissario ha licenziato il direttore generale Giuseppe D'accolti (ex Aeronautica militare), che ricopriva a titolo gratuito il suo ruolo e che, stando ai pareri degli aviatori sportivi italiani, lo faceva molto bene.Ora mentre Valori sceglie il nuovo dirigente, figura indispensabile per mandare avanti le attività, gli iscritti si interrogano sul futuro dell'Aero Club d'Italia anche con il sospetto che Valori stia allungando i tempi per attendere il parere del Consiglio di Stato sulla eleggibilità di Giuseppe Leoni, spodestato dalla sentenza della magistratura ma di fatto vincitore delle ultime elezioni avvenute nel 2017 per un mandato che avrebbe dovuto terminare nel 2021. Non manca neppure chi vede in questa situazione una guerra di spoil system tra chi appartiene alla linea di Malagò e del Coni, secondo la quale Leoni non avrebbe più i requisiti di onorabilità necessari per presiedere AeCI, e chi pensa che il governo voglia applicare anche agli sport aeronautici, affiliati al Coni tramite AeCI, la nuova organizzazione dello sport pensata dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti, linea che potrebbe favorire un rientro di Leoni e quindi temuta da chi lo ha contrastato. A subire il massimo disagio restano però i club non federati ma le organizzazioni definite «enti aggregati», ovvero quasi tutte le scuole di volo appartenenti al Volo da diporto sportivo obbligate per legge ad affiliarsi, nonché la gestione tecnico amministrativa delle flotte, compresa l'identificazione dei mezzi, l'emissione dei titoli di pilota e di istruttore delle varie specialità, la loro formazione, standardizzazione e l'aggiornamento. Questo comparto comprende la maggioranza dei praticanti italiani di volo e anche gli aeromodellisti, ma è storicamente mal rappresentato in seno all'Ente stesso quando è tempo di elezioni: ogni presidente di aeroclub federato porta un voto, ma tutti gli enti aggregati ne contano insieme uno soltanto pur comprendendo la maggioranza di praticanti.Un nodo complicato da sciogliere in quanto la legge italiana affida all'AeCI la gestione del comparto ultraleggero, ma con una speranza: il nuovo regolamento basico europeo sull'aviazione (CE1139/2018) dice invece che a occuparsi dei mezzi volanti sotto i 600 chilogrammi di massa massima (tutti gli ultraleggeri), possano anche essere organizzazioni private purché riconosciute dall'Agenzia europea per la sicurezza del volo (Easa) o dall'autorità nazionale (Enac) come entità qualificate. Da questo concetto nasce la corrente dei piloti che vorrebbero un Aero Club d'Italia più snello e moderno, la cui funzione sia soltanto la gestione degli sport dell'aria, dei campionati riconosciuti dalla Federazione aeronautica internazionale. Una soluzione non facile da attuare ma che certamente ridurrebbe le dimensioni di un ente visto a torto come un carrozzone (tra dipendenti e collaboratori, sono soltanto una trentina di persone), ma di fatto sempre meno in grado di assolvere al suo compito primario, ovvero la diffusione e promozione dell'aviazione in senso popolare.Del resto AeCI, ente di diritto pubblico, nacque il 22 novembre 1911 per divenire ente morale con il regio decreto 1452 del 23 luglio 1926. Lo scopo allora era portare piloti alla patria, compito oggi affidato a organizzazioni professionali e all'Aeronautica militare, ma anche creare porte di accesso all'aviazione a costi ridotti. C'è una ragione per la quale finora ogni sforzo di rinnovamento profondo di AeCI naufraga spesso sabotato dal suo interno: gli aviatori italiani, circa 30.000 appassionati per 12 specialità differenti, soltanto attraverso la federazione all'AeCi e al Coni fruiscono di canoni ridotti per l'affitto di spazi demaniali dentro gli aeroporti (la riduzione è del 90%), in quanto aventi lo statuto di associazioni sportive dilettantistiche. Questo consente loro di fornire servizi ai soci, come hangaraggio di mezzi a minor costo (e non soltanto di quelli appartenenti alle flotte sociali, come dovrebbe essere), e licenze di pilotaggio che soltanto in rari casi sono più economiche di quelle offerte da scuole private non federate, poiché sul sistema gravano comunque i costosi fardelli normativi delle certificazioni Easa. Nessuno vuole perdere queste facilitazioni, che esistono anche nella maggioranza delle altre nazioni, dove però sono le camere di commercio o le istituzioni regionali a garantirle e non l'aero club centrale, che è soltanto un'organizzazione riconosciuta e non un ente di diritto pubblico soggetto al controllo di cinque ministeri e della Corte dei conti.A questo grande pasticcio bisogna aggiungere che in molti aeroporti minori le aziende private (scuole di volo, officine, società di lavoro aereo), ritengono per questi motivi di subire concorrenza sleale da parte degli aeroclub federati, anche se, sovente, sono questi che nel dopoguerra hanno creato fisicamente gli aeroporti (la legge Gex prevedeva una pista aeroturistica per ogni provincia), e che oggi sono in grado di gestirli nel migliore dei modi. Per uscire dal guazzabuglio sarebbe necessaria la stabilità, un rifacimento totale in senso moderno dello statuto dell'Aero Club d'Italia e naturalmente un nuovo accordo con l'Enac che fissi in modo chiaro e per sempre i diritti e i doveri dei club affidatari di spazi demaniali in concessione, nonché fare accordi di non concorrenza con le scuole di volo private, magari facendo sistema con esse. A perderci, nel frattempo, sono i giovani italiani che trovano costi troppo alti per accedere alle discipline aeronautiche rispetto ai loro coetanei europei, e che quando vogliono divenire piloti professionisti si rivolgono all'estero.C'è poi da difendere lo sport aeronautico nazionale. Nel 1939 l'Italia deteneva 32 dei 33 record aerei riconosciuti dalla Federazione internazionale, e oggi nonostante le mille difficoltà dei nostri atleti ne conserviamo ancora qualcuno, mentre ogni anno vinciamo parecchie medaglie nelle varie discipline. Infine sarebbero da rinnovare gli accordi tra Aero Club d'Italia e Aeronautica militare. Un tempo l'Arma azzurra dava agli aeroclub gli aeroplani scuola da essa dismessi, e l'ente per questo ha sempre nominato come suo direttore un generale dell'Aeronautica prossimo alla pensione. Ma oggi di aeroplani l'Aeronautica non ne può più regalare, mentre per ragioni di evoluzione del settore, al posto di un generale servirebbe come direttore un manager competente in sport aeronautici più che una persona formata per la guerra aerea. Insomma, una parte dell'Aero Club d'Italia è ancora agganciata ai regi decreti, un 'altra è rimasta ai tempi di Italo Balbo. Ma l'aviazione nel frattempo è evoluta.
Il generale Salvatore Luongo e l'ad del Gruppo FS Stefano Antonio Donnarumma (Arma dei Carabinieri)
L’accordo prevede, in aderenza alle rispettive competenze ed attribuzioni, una collaborazione volta a prevenire e contrastare le infiltrazioni criminali e i reati contro la pubblica amministrazione, le violazioni ambientali, a vigilare sul rispetto della normativa in materia di collocamento della manodopera, previdenza e sicurezza nei luoghi di lavoro, ed a prevenire rischi, eventi o azioni che possano compromettere l’incolumità delle persone e l’integrità delle infrastrutture.
L’intesa rinnova e rafforza una collaborazione già avviata, con l’obiettivo di diffondere e promuovere la cultura della legalità, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili della società e di sviluppare ulteriori sinergie per assicurare la protezione delle risorse e dei servizi pubblici affidati alla gestione del Gruppo FS Italiane, nonché la sicurezza dei trasporti e la gestione delle emergenze.
Nell’ambito del protocollo, il Gruppo FS Italiane potrà promuovere e organizzare, con la collaborazione di rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri, incontri, seminari e corsi di formazione a favore dei propri dipendenti.
Il Generale Salvatore Luongo, a margine dell’incontro, ha sottolineato che: «Quella di oggi rappresenta la firma di un protocollo di grande valore, perfettamente in linea con le strategie comuni dell’Arma dei Carabinieri e delle Ferrovie dello Stato Italiane», ricordando poi che tra le due istituzioni «Esiste una lunga tradizione di lavoro congiunto e che entrambe sono presenti in modo capillare su tutto il territorio nazionale, e in parte anche all’estero».
Concludendo, Luongo ha evidenziato che «Innovare questa intesa, fondata sulla condivisione di valori e ideali, significa compiere un ulteriore passo avanti per continuare a operare sempre meglio e con maggior efficienza, ognuno nei rispettivi compiti, grazie a un’integrazione sempre più stretta».
L'Amministratore Delegato del Gruppo FS Italiane, Stefano Antonio Donnarumma, ha dichiarato che «La firma di questo protocollo rappresenta un passo importante per rafforzare il presidio della legalità e la tutela della sicurezza nei nostri cantieri, nelle stazioni e lungo le infrastrutture che gestiamo. Lavorare accanto all’Arma dei Carabinieri significa poter contare su un presidio autorevole ed efficace, a garanzia di trasparenza, correttezza e rispetto delle regole. È un impegno che portiamo avanti con responsabilità, nella consapevolezza che solo attraverso la legalità si costruiscono infrastrutture solide, sicure e capaci di generare valore per l’intero Paese».
Nell’ambito della piena attuazione al protocollo, l’Arma dei Carabinieri opererà anche mediante il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, il Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica, i Reparti territoriali e il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari.
Continua a leggereRiduci