2025-01-22
Donald Trump lascia l’agenzia, ora è Mr Microsoft il dominus. La Cina dice che erogherà più fondi. Ma se pure altri (Javier Milei?) uscissero...È una partenza col botto: appena insediatosi alla Casa Bianca, Donald Trump ha firmato ordini esecutivi a raffica. Compreso quello che porta gli Stati Uniti fuori dall’Organizzazione mondiale della sanità. Il presidente ci aveva già provato il 6 luglio 2020, ma Joe Biden era tornato all’ovile il 20 gennaio 2021, pure lui con uno dei primi atti da presidente.Il ritiro dall’agenzia Onu è stato motivato con «la cattiva gestione della pandemia di Covid-19, che», sottolinea a bella posta il decreto, «si è diffusa a partire da Wuhan, in Cina». Vengono citate anche la mancata attuazione di «riforme di cui c’era urgente bisogno» e l’incapacità dell’Oms di «dimostrare indipendenza dall’impropria influenza politica degli Stati membri». Una randellata sui legami con Pechino, cui Trump ha mosso rimostranze economiche: «L’Oms», denuncia il documento, «continua a chiedere pagamenti ingiustamente onerosi agli Stati Uniti, oltremodo sproporzionati rispetto ai contributi fissi di altri Paesi. La Cina, con una popolazione di 1,4 miliardi di persone, ha il 300% della popolazione degli Stati Uniti, eppure contribuisce quasi per il 90% in meno all’Oms». Secondo il tycoon, al solito senza peli sulla lingua, l’ente ha «truffato» l’America.Dal quartier generale dell’Organizzazione, i funzionari hanno espresso rammarico per la fuoriuscita degli Usa, auspicando che «ci ripensino. Siamo impazienti di impegnarci in un dialogo costruttivo per mantenere la partnership, a beneficio della salute e del benessere di milioni di persone in tutto il mondo». Non una parola sul fiasco del 2020, quando l’agenzia guidata da Tedros Adhanom Ghebreyesus, il direttore generale etiope molto vicino al Dragone, comprò a scatola chiusa le rassicuranti balle del regime comunista sulle polmoniti misteriose. Non una parola sulle lodi al feroce lockdown di Wuhan, un modello che una delegazione Oms andò a studiare e che poi importò in Occidente, grazie alla collaborazione del più «pechinese» tra i governi dell’Ovest: quello di Giuseppe Conte e Roberto Speranza. Non una parola sulle emergenze proclamate a sproposito e dopo - fortunatamente - rivelatesi fuochi di paglia: da mpox alla presunta «malattia X» in Congo, in realtà un mix di patologie ben note. Non una parola sui cortocircuiti finanziari, che hanno a che fare con la capacità cinese di sfruttare le istituzioni multilaterali a proprio vantaggio, ma pure con le interferenze di facoltosi individui. A cominciare da Bill Gates. Basta consultare il sito dell’Oms: la sua fondazione - dati aggiornati a novembre 2024 - vale il 13,67% del bilancio. Se si considera che quell’istituto è il secondo finanziatore della Gavi Alliance, la quale contribuisce al 10,49% dei flussi finanziari dell’agenzia Onu, si comprende ancora meglio quanto l’Oms sia dipendente dalle erogazioni del miliardario di Seattle. Strano che i paladini della creatura di Tedros, tanto allarmati dai conflitti d’interessi di Elon Musk, non se ne curino. Con l’America, vanno via 1 miliardo di dollari su un budget di 6,8 per il periodo 2024-2025, nonché 2 miliardi di fondi per interventi specifici. Mr Microsoft (646 milioni di dollari questo biennio) diventerà il dominus dell’Oms.La mossa di Trump ha svelato gli interessi che si muovono intorno agli uffici di Ginevra. Guarda caso, la Cina, che oggi partecipa alle spese dell’Oms per una quota inferiore a quella italiana (poco più di 203 milioni a novembre scorso), si è subito offerta di colmare il vuoto lasciato dagli Usa. «Il suo ruolo», ha detto un portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, «dovrebbe essere solo rafforzato, non indebolito. La Cina la sosterrà nell’adempimento delle sue responsabilità e lavorerà per costruire una comunità sanitaria condivisa per l’umanità».Anche l’Unione europea, che tramite la Commissione contribuisce quasi all’8% del bilancio Oms, ha manifestato «preoccupazione» per il ritiro statunitense. «Con la pandemia abbiamo imparato la lezione», hanno spiegato da Bruxelles. «Abbiamo visto che il virus non si ferma ai confini e che abbiamo bisogno di una cooperazione globale», anche se «c’è sempre spazio per miglioramenti». Peccato che le sole riforme promosse finora, fra il Trattato pandemico e il nuovo Regolamento sanitario internazionale, puntassero a risucchiare dalle nazioni preziosi spazi di sovranità. Ossia, di controllo democratico. E se il Covid ci ha insegnato qualcosa, è proprio a non fidarci di chi rivendica più poteri usando il pretesto della salute.Tra i censori di Trump, non poteva mancare il «cinese» Walter Ricciardi. Il prof, sostenitore delle serrate pandemiche, ha paventato «un gravissimo danno alla salute globale». L’America, ha lamentato, «si taglia fuori da collaborazioni» su sfide di portata planetaria. In verità, The Donald ha affidato al consigliere per la Sicurezza nazionale il compito di individuare «meccanismi di coordinamento» idonei «a salvaguardare la salute pubblica e a rafforzare la biosicurezza» e ha ordinato di «identificare partner statunitensi e internazionali credibili e trasparenti per assumere le attività necessarie precedentemente intraprese» dall’Oms. Nessun ritorno al Medioevo o menefreghismo sucida. A Washington, però, non si lasceranno più trattare da fessi.Chissà se qualcuno, adesso, seguirà l’esempio degli Usa. Tipo il trumpiano Javier Milei: l’Argentina già votò - come l’Italia - per bocciare il Trattato pandemico. E a settembre, «El loco» ha sparato a zero sull’Onu. La posizione di Giorgia Meloni, tra vincoli costituzionali ed europei, è più delicata. Ma vale la pena restare agganciati a un baraccone ipnotizzato da Gates e dalla Cina?
Ansa
Fabiano Mura, astro nascente della Cgil, aveva denunciato un’aggressione con tanto di saluti romani e skinhead rasati In piazza per lui scesero Salis, Landini e Orlando. Ma non era vero niente. E ora farà quattro mesi di servizi socialmente utili.
Quella mattina del 15 aprile una notizia che sembrava uscita da un film di denuncia sociale aveva scosso Sestri Ponente. L’ex segretario genovese della Fillea Cgil, Fabiano Mura (in quel momento tra gli astri nascenti del sindacalismo locale e ancora in carica), aveva raccontato di essere stato aggredito da due estremisti di destra («uno con la testa rasata») mentre si recava su un cantiere per incontrare degli operai ai quali avrebbe dovuto parlare del referendum su lavoro e cittadinanza dell’8 e 9 giugno. Gli ingredienti suggestivi, a dieci giorni dal 25 aprile (e a un mese dalle urne referendarie), c’erano tutti: la tensione ideale, la ferita simbolica inflitta al mondo del lavoro, i saluti romani, gli insulti e pure la fuga disperata fino alla sede del sindacato e poi in ospedale (dove Mura rimediò un certificato con cinque giorni di prognosi).
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Il medico tedesco Ludwig Rehn riuscì con successo a suturare il ventricolo di un paziente accoltellato che sopravvisse all'intervento, eseguito senza gli strumenti della cardiochirurgia moderna.
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
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Roberto FIco (Ansa)
Ha il gozzo ormeggiato alla banchina gestita dall’Aeronautica e in mare è seguito da vistose imbarcazioni delle Forze dell’ordine.
Roberto Fico e la sua barca, anzi barchetta, anzi gozzo, anzi gozzetto: da settimane la politica campana e nazionale si sta dedicando alla imbarcazione dell’ex presidente della Camera, candidato alla guida della Regione Campania per il centrosinistra allargato. La Verità è in grado di raccontare per filo e per segno questa storia, correggendo una serie di imprecisioni che sono state riportate, e aggiungendo particolari gustosi che i diportisti napoletani conoscono benissimo. E’ bene ribadire sin da ora che nulla di quello che raccontiamo è illegale o illegittimo: si tratta solo di mettere in luce che i proclami dei sedicenti «anticasta» spesso non corrispondono ai comportamenti individuali. Punto primo: la barca che veniva ormeggiata presso l’area della banchina di Nisida gestita dall’Aeronautica militare, a quanto ci risulta, non sarebbe il «Paprika», il cabinato la cui foto ha fatto il giro dei media italiani con Fico a bordo, bensì un gozzo in legno scoperto, di colore blu, senza cabine e con un albero al centro. Non sappiamo se Fico abbia successivamente acquistato un’altra barca più grande, ma non è questo il tema.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Scandalo nel settore energetico: tangenti per 100 milioni ai funzionari della società pubblica del nucleare. Cinque arresti. Volodymyr Zelensky perde la faccia. Mosca attacca: «Soldi europei sottratti dal regime ucraino». Berlino: «Preoccupati, ora vigileremo».
Un nuovo scandalo di corruzione travolge Kiev, mettendo in crisi la credibilità del governo nel pieno della guerra contro la Russia e accendendo le tensioni con gli alleati occidentali. Il presidente Volodymyr Zelensky ha chiesto e ottenuto le dimissioni del ministro della Giustizia German Galushchenko e della ministra dell’Energia Svitlana Grynchuk, dopo averli accusati di aver perso la fiducia necessaria per restare nei loro incarichi. La decisione è arrivata dopo settimane di tensioni e indagini sul sistema energetico nazionale, già sotto pressione per i bombardamenti e le difficoltà economiche.






