
Verità&Affari ha un solo padrone, il lettore
Sono trascorse ormai due settimane da quando Verità&Affari è comparso in edicola e non c’è stato giorno che io - in qualità di editore incaricato - non abbia ricevuto una telefonata di lamentazione.
A protestare non sono stati i lettori, che anzi paiono aver gradito la nuova testata, ma i responsabili delle relazioni esterne di banche, finanziarie e industrie, i quali contestavano di volta in volta una parola di troppo o una rappresentazione poco aderente alla realtà dei loro affari interni. Può anche darsi che nei nostri articoli ci fosse qualche volta una virgola fuori posto, anche perché nessuno in redazione ritiene di essere infallibile. Tuttavia non è questo il punto. Ogni giornale può incorrere in un errore e noi non abbiamo certo la pretesa di essere esenti dai rischi professionali di chi fa questo mestiere. L’importante è che chi scrive sia in buona fede, cioè non abbia altri interessi se non quello di informare i propri lettori.
Detto ciò, a colpirmi è stato il fatto che quasi sempre non eravamo in presenza di una notizia poco veritiera, ma di una non gradita.
Vedete, faccio questo mestiere da molti anni, e avendo cominciato da studente mi avvicino al giro di boa del mezzo secolo. Sono diventato direttore più di cinque lustri fa e mi avvicino ai sei. Detto in parole povere, non sono un giornalista di primo pelo e neppure mi posso definire un responsabile di quotidiani agli esordi. Tuttavia, pur avendo una discreta esperienza sono piuttosto stupito. Nel corso della mia carriera sono stato alla guida di diversi giornali e ho avuto a che fare con presidenti della Repubblica e del Consiglio, con ministri e leader politici. C’era ancora la prima Repubblica quando Mani Pulite deflagrò e a Palazzo Chigi governava Giulio Andreotti. Tuttavia a me che ero il vicedirettore vicario, ossia colui che materialmente faceva il giornale, non giungevano così tante telefonate di protesta come quelle che ho registrato in queste ultime settimane.
Probabilmente la politica era abituata alle critiche e, nonostante esercitasse un controllo sulle principali tv e sui più importanti quotidiani, si era già rassegnata a essere nel mirino della libera stampa. A quanto pare l’economia e la finanza no. Forse il mondo degli affari si ritiene esente dal diritto di critica, pensando che le indiscrezioni, le analisi poco ossequiose e le opinioni non genuflesse siano possibili soltanto nei confronti dei partiti e del governo.
Del resto, fin dai tempi di Eugenio Cefis gli intrecci tra stampa ed economia sono sempre stati una realtà che non ha mai scandalizzato nessuno. Detto in parole povere, i giornali erano - e forse sono - merce di scambio. Informazione - addomesticata - in cambio di favori. Tangentopoli peraltro ha svelato anche questo, come pure il mondo delle notizie servisse allo scopo di rapportarsi con i padroni del vapore. Niente di nuovo, intendiamoci. E niente di esclusivo. Anni fa, non ricordo se fosse il New York Times o il Los Angeles Times, dopo aver pubblicato alcune notizie scomode sull’industria farmaceutica finì nel mirino delle grandi multinazionali delle pillole, le quali per addolcire i cronisti cancellarono gli investimenti pubblicitari.
Da noi al momento non siamo arrivati a tanto ma, come ho già spiegato in passato, la leva delle inserzioni non ci farà cambiare linea. Se entreremo in possesso di una notizia, anche scomoda, dopo averla verificata, la pubblicheremo. Del resto i lettori continuano a rimanere per noi i veri padroni con cui fare i conti.
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Oggi, a partire dalle 10.30, l’hotel Gallia di Milano ospiterà l’evento organizzato da La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Una giornata di confronto che si potrà seguire anche in diretta streaming sul sito e sui canali social del giornale.
Clicca qui sotto per consultare il programma completo dell'evento con tutti gli ospiti che interverranno sul palco.
Evento La Verità Lunedì 15 settembre 2025.pdf
Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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