2025-11-20
L’Ue pronta ai tank senza frontiere
Ursula von der Leyen (Ansa)
La Commissione prepara nuove regole per la circolazione rapida (massimo tre giorni) di truppe e cingolati tra i Paesi dello spazio Schengen. Un tempo simbolo di pace...«Vi sono molte cose che contrassegnano l’Ue e la sua storica integrazione, ma due ne esprimono appieno l’anima: Erasmus e Schengen. È poco responsabile mettere a rischio la libertà di movimento degli europei». Firmato Sergio Mattarella. Correva l’anno 2018 e l’Austria in accordo con la Germania aveva proposto di chiudere il confine con l’Italia per non far arrivare i migranti. Sono passati sette anni e la Commissione europea presenta un regolamento per far viaggiare i carri armati senza frontiere. Schengen doveva essere il simbolo della pace e della libertà e ora diventa la Schengen con le stellette che ci costa malcontati 270 miliardi in dieci anni, in modo che le truppe si muovano liberamente e velocemente. Oggi Ursula von der Leyen illustra un piano sulla mobilità militare e una comunicazione congiunta tra istituzioni che sono stati anticipati ieri da Kaja Kallas, l’Alto rappresentante per la politica estera europea. «La rapidità di movimento delle forze armate europee - ha detto la Kallas - è essenziale per la difesa dell’Europa. Proponiamo un sistema di emergenza per il trasporto militare transfrontaliero e un’iniziativa volta a mettere in comune i mezzi di trasporto dei Paesi membri per facilitare lo spostamento delle truppe in tutto il continente. L’Europa sta affrontando minacce alla sicurezza senza precedenti: la necessità di una migliore mobilità militare non potrebbe essere più evidente». Il prezzo? Cento miliardi entro il 2030 per rimuovere almeno 500 ostacoli al movimento di mezzi e soldati a cui si aggiungono altri 177 miliardi da investire in infrastrutture di trasporto duali (per civili e militari). Non farlo - dice la Kallas - rende inutile investire in scuole e ospedali, i governi lo sappiano perché se non c’è sicurezza, manca tutto e ci si accorge a cosa serve la difesa solo quando se ne ha bisogno. Pare di capire che il momento sia più che imminente. Insomma siamo già al fronte e non ce lo hanno detto. Neppure ci ha avvisato il presidente della Repubblica che ha presieduto martedì il consiglio supremo di difesa che «osserva con preoccupazione l’accanimento della Russia nel perseguire, ad ogni costo, i propri obiettivi di annessione territoriale». Ma evidentemente a Sergio Mattarella nessuno ha detto che per le strade di Roma potranno scorrazzare liberamente i tank tedeschi. E però in qualche modo il presidente della Repubblica aveva immaginato che si potesse passare dai giochi senza frontiere, di quando con la Rai ci volevano convincere che l’Ue sarebbe stata la nostra felicità, ai cari armati senza barriere perché quest’anno per la festa dell’Europa ha dichiarato: «Solo attraverso sforzi creativi e proporzionati ai pericoli che incombono, potremo preservare l’ideale di un’Europa forte, giusta e pacifica, baluardo di speranza per le generazioni future». Ed eccoli gli sforzi creativi: trasformare l’Europa in un fronte comune, ma fronte inteso nel senso letterale del termine. C’è solo un piccolo problema che a Bruxelles, nella frenesia bellicista, si devono essere dimenticati. L’area Schengen non comprende tutti e 27 i paesi dell’Ue - Bulgaria, Cipro, Irlanda, Romania non aderiscono al trattato e due di loro sono proprio confinanti con l’orso russo - ma è estesa ad altri quattro paesi: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. Tre di questi, Islanda, Liechtenstein e soprattutto Svizzera, sono Stati neutrali e forse di avere gli scarponi sul loro terreno non sono così contenti. Ma l’espressione Schengen militare dev’esser la solita forzatura giornalistica. O forse no. Perché il Commissario alla difesa Andrius Kubilius - per lui la difesa «è un servizio pubblico» - ha spiegato: «Il nostro obiettivo è realizzare uno spazio di mobilità militare a livello dell’Ue entro il 2027: uno Schengen militare; un'Europa forte ha bisogno sia di un’industria della difesa adattabile e innovativa, sia della capacità di spostare forze e risorse su larga scala e con rapidità. È così- sostiene Kubilius- che trasformiamo la forza industriale in prontezza operativa e ci assicuriamo che l’Europa possa muoversi all’unisono, con la rapidità e il coordinamento necessari alle nostre esigenze di sicurezza». Pare che a Bruxelles sappiano che siamo alla vigilia dell’invasione se la vicepresidente, Henna Virkkunen, prevede un un tetto di tre giorni per le autorizzazioni necessarie al passaggio alle frontiere delle truppe. Il commissario ai trasporti Apostolos Tzitzikostas ha chiarito, peraltro, che i tre giorni valgono una volta per tutte («altrimenti per spostare un carrarmato dalla Francia all’Estonia occorrerebbero 15 giorni solo per le autorizzazioni») e solo «in tempo di pace», mentre durante un’emergenza basterà una «notifica» perché, giusto per rassicurarci, ci fa sapere che «solo solide reti logistiche sono in grado di farci vincere la guerra». Questa idea dei tank senza frontiere ce l’aveva già nel 2017 Jean-Claude Junker, ma non se ne fece di nulla. Ora Vladimir Putin - sostengono a Bruxelles - ha suonato la sveglia.