2024-02-01
I profeti che parlano di conflitto mondiale non sono credibili. Ma restano pericolosi
Ben Hodges, ex comandante delle forze Usa in Europa (Getty Images)
Quelli che agitano lo spettro di un attacco di Mosca all’Occidente sono gli stessi che prevedevano una rapida vittoria di Zelensky.Ben Hodges, chi era costui? Era (anzi è, dal momento che, per sua fortuna, è ancora vivo e vegeto) l’ex comandante delle forze militari americane in Europa, il quale, in una intervista riportata dal Giornale del primo ottobre 2022, ebbe a dichiarare quanto segue: «L’Ucraina, dopo aver sconfitto le forze russe, riuscirà a ristabilire la sua sovranità su tutto il suo territorio, compresi Donbass e Crimea. Entro la fine di quest’anno gli ucraini respingeranno i russi oltre la linea di contatto del 23 febbraio e libereranno la Crimea entro la metà del 2023». Mai profezia si è rivelata più sballata di questa. Siamo giunti, infatti, al 2024 e la situazione sul campo, in Ucraina, com’è noto, è quella di un sostanziale stallo, dopo che la tanto strombazzata «controffensiva» delle forze di Kiev si è risolta in un nulla di fatto. Ciononostante, sembra che vi sia ancora qualcuno che mostra fiducia nelle doti profetiche del Nostro, come si desume da una sua nuova, recentissima, intervista, riportata, fra gli altri, dal Mattino di Napoli, in cui gli si attribuiscono affermazioni secondo le quali un eventuale successo della Russia in Ucraina «comporterebbe senza dubbio la caduta della Nato, una carneficina economica per l’Occidente e l’ascesa di nemici tra cui Cina, Iran e Corea del Nord» e sarebbe «folle», specialmente nel caso di un ritorno di Donald Trump alla Casa bianca, escludere la possibilità di un attacco militare russo alla Polonia, all’Estonia o alla Lituania. Ora, se fosse soltanto l’incauto Ben Hodges a cimentarsi in questi nuovi vaticini, la cosa potrebbe tutt’al più provocare una qualche divertita curiosità. Il guaio è, però, che analoghi vaticini circa una probabile guerra tra Nato e Russia risultano espressi, negli ultimi tempi, da altri apparentemente autorevoli personaggi, tra i quali, ad esempio, Patrick Sanders, capo di stato maggiore delle forze armate britanniche, Rob Bauer, presidente del Comitato militare della Nato, Roderich Kiesewetter, capo della commissione parlamentare tedesca per i rapporti con i servizi, cui vanno aggiunti, tra i politici, i ministri della Difesa di Germania e Gran Bretagna, Boris Pistorius e Grant Shapps, e il (politicamente) redivivo ex primo ministro britannico David Cameron, il quale è giunto a dire che sente di vivere in un periodo assimilabile a quello che, negli anni Trenta del secolo scorso, precedette lo scoppio della seconda guerra mondiale. A fronte di ciò, il semplice uomo della strada, qual è colui che scrive, potrebbe anzitutto chiedersi se tutti costoro credano veramente a quello che dicono. Il dubbio appare legittimo, considerando che, se non essi personalmente, almeno gli apparati militari e politici dei quali fanno parte hanno, fino a poco tempo fa, mostrato grande fiducia nel successo della controffensiva ucraina: il che lasciava chiaramente intendere che ritenevano la Russia non dotata di una forza militare adeguata a farvi fronte. I casi, quindi, sono due: o quella fiducia era frutto di un colossale abbaglio, e allora non si vede quale credito possa attribuirsi a valutazioni e previsioni, provenienti dalle stesse fonti, circa la necessità di prepararsi a una guerra con una Russia che, a loro giudizio, sarebbe intenzionata, una volta liquidata vantaggiosamente la partita con l’Ucraina, ad attaccare uno o più Paesi della Nato; oppure vi era in loro la piena consapevolezza che la controffensiva sarebbe fallita, a causa della superiorità militare della Russia, e allora risulterebbe assai difficile trovare una valida giustificazione al fatto che si è continuato a sostenerla, politicamente e militarmente, facendo mandare al macello migliaia o decine di migliaia di uomini ed esponendo la popolazione dell’Ucraina, con la complicità del suo governo, a privazioni e sofferenze di ogni sorta. È tuttavia possibile che, in una qualche misura, siano vere entrambe le ipotesi, nel senso che alcuni, tra i militari e i politici, siano stati semplicemente vittime della loro stessa superficialità o insipienza, e altri abbiano invece callidamente operato per occulti e inconfessabili fini. Dei primi non sembra, per ovvie ragioni, che valga la pena di occuparsi. Quanto ai secondi, invece, è ragionevole pensare che, come hanno mentito a proposito delle prospettive di successo della controffensiva ucraina, mentano anche ora nell’attribuire alla Russia propositi di futuri attacchi militari contro Paesi della Nato. Vi è, quindi, solo da chiedersi, a questo punto, quali siano stati allora e quali siano attualmente i fini che, mediante il mendacio, essi abbiano inteso perseguire. Si tratta, però, di un interrogativo al quale non può darsi un’unica risposta, dal momento che alquanto vasta è la gamma dei possibili fini in questione, non tutti, inoltre, necessariamente comuni a coloro ai quali, americani ed europei, lo stesso mendacio sia attribuibile. Può, quindi, soltanto affermarsi che, con ogni verisimiglianza, vi siano stati - e vi siano - tra quei fini: quello di favorire l’industria degli armamenti (originariamente soprattutto americana ma ora, forse, anche europea); quello, propriamente americano, di rendere incolmabile, impedendo la fine della guerra, la frattura tra la Russia e il resto dell’Europa, in modo da rendere quest’ultima il più possibile dipendente dagli Usa, tanto per la difesa quanto per i rifornimenti energetici; quello, anch’esso di matrice americana, di «sfiancare» in una qualche misura la Russia, costringendola a un sempre maggiore dispendio delle sue forze militari, sì da rafforzare la supremazia di quelle Usa; quello, proprio attualmente dei politici europei, di far meglio «digerire» ai cittadini del Vecchio continente la già programmata riduzione del loro livello di vita, conseguente alle politiche di transizione ecologica, facendola apparire come dovuta anche all’aumento delle spese militari («meno burro e più cannoni», come si diceva una volta), reso necessario dal preteso pericolo di aggressione da parte della Russia. Da tutto ciò qualcuno potrebbe forse trarre la conclusione che i funesti presagi di apocalittici scenari di guerra non vadano presi sul serio. Sarebbe, però, una conclusione sbagliata. Quei presagi vanno presi, invece, molto sul serio, ma nell’unico modo presumibilmente proficuo: quello, cioè, di far ricorso all’intero repertorio dei rituali apotropaici offerti dalla ricca tradizione partenopea.
Il cpr di Shengjin in Albania (Getty Images)