2018-07-12
Trump atterra a Bruxelles e schiaffeggia la Merkel: «Sei succube della Russia»
Il presidente minaccia Berlino: non ci va di difendere chi fa affari con Mosca. Poi detta l'agenda degli incontri e mette per ultima la cancelliera.La sfida sulla quota di Pil da versare alla Nato copre la battaglia sugli appalti per aerei e armamenti. Francia e Germania alleate contro gli Usa. L'Italia va verso Washington.A Pechino seguono con sincera apprensione i risultati dei colloqui e le dichiarazioni ufficiali del vertice di Bruxelles.Lo speciale contiene tre articoliÈ iniziata una settimana davvero importante per Donald Trump: ieri l'avvio del vertice Nato a Bruxelles; nei prossimi giorni, l'incontro con il governo inglese in una Londra terremotata dalle incertezze strategiche di Theresa May su Brexit; e infine, il 16 luglio prossimo, l'incontro con Vladimir Putin. Ecco, per dare un triplice segnale a tutti (agli alleati europei protetti dall'ombrello Nato, al Regno Unito, a Mosca), a Donald Trump è bastato un veloce breakfast al mattino con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che non ha potuto fare altro che annuire davanti alla valanga trumpiana: «Sono molto triste per il fatto che la Germania», ha attaccato il presidente Usa, «faccia un accordo massiccio su petrolio e gas con la Russia, pagandole miliardi e miliardi di dollari, mentre noi dovremmo difendere i tedeschi da Mosca…».Insomma, un attacco ad alzo zero contro le ipocrisie e le contraddizioni della Merkel, che a parole critica Mosca e chiede sanzioni, poi però nei fatti ci fa mega affari (rendendosene anche dipendente dal punto di vista energetico), e infine è restia a contribuire alle spese Nato nella misura del 2%. Trump, che ieri non era davvero in vena di scherzi, ha fatto subito nomi e cognomi: ci sono Paesi che «non pagano ciò che dovrebbero. Noi proteggiamo la Germania, la Francia, proteggiamo tutti questi Paesi», ma «gli Usa pagano troppo, è sproporzionato e ingiusto per i contribuenti americani». E, per chi non avesse ancora capito, dopo aver individuato i cattivi (a partire dalla Merkel, già ampiamente nel mirino Usa per il surplus commerciale tedesco), Trump ha pure indicato i buoni: «Ci sono Paesi come la Polonia che non accetterebbero il gas russo, perché diverrebbero prigionieri della Russia». Nel pomeriggio, Trump ha rincarato la dose, chiedendo addirittura il raddoppio delle spese militari a tutti gli alleati, fino alla misura-monstre del 4%. Una Merkel letteralmente sotto assedio ha cercato in giornata di parare il colpo e di replicare, promettendo di aumentare le spese militari: ma - per così dire - se l'è presa comoda, indicando il termine del 2024. Ha anche rivendicato l'invio tedesco di truppe nell'ambito delle missioni Nato, e ha anche ricordato di «aver sperimentato di persona l'occupazione sovietica». Ma di tutta evidenza si tratta di frasi difensive, davanti a un incalzante pressing trumpiano, culminato in serata con la esorbitante richiesta di arrivare non solo al 2, ma al 4% del Pil da destinare alla difesa.La verità è che Trump, in un colpo solo, ha recapitato tre chiari messaggi. Il primo, diretto a tutti i partner europei, è il rilancio forte dello spartiacque transatlantico: si deve parlare con tutti, ma stando in un campo chiaro, quello occidentale. Posizioni “furbe" o “terziste" sono più che mai sgradite a Washington. Quindi non è vero che Trump voglia disimpegnarsi dalla Nato: semmai vuole che gli altri siano più impegnati, a partire dalle spese militari, senza fare gli «scrocconi».Il secondo messaggio è rivolto a Londra, alla vigilia del viaggio di Trump nel Regno Unito: in questo quadro, serve una Brexit vera, non solo di facciata. Un Regno Unito che diverga chiaramente dall'Unione europea e scelga di rafforzare la «relazione speciale» con Washington è l'opzione preferita dalla Casa Bianca.Il terzo messaggio è per Vladimir Putin. Trump sa bene che tanti (anche a Washington: quelli che ancora sperano nel Russiagate, sempre più inconsistente) cercano l'occasione per mostrare che il suo atteggiamento è eccessivamente morbido verso Mosca. Per questo, come ha fatto ieri, alza i toni con la Russia, non dà alibi, mostra chiaramente una linea severa con il Cremlino. Trump - ovviamente - non vuole una nuova guerra fredda, cerca invece un vero reset con la Russia: ma al tempo stesso è determinato a fare in modo che l'incontro con Putin avvenga nelle maggiori condizioni di forza possibili dal punto di vista di Washington. E c'è da scommettere che, per realizzare un'intesa soddisfacente, Trump tirerà la corda fino a che potrà, mostrandosi esigente e ambizioso.Tutto ciò è perfettamente coerente con la missione complessiva che Trump si è dato in politica internazionale, e cioè riportare l'America al centro del ring mondiale, facendo valere la logica dell'interesse nazionale, e agendo in controtendenza rispetto all'arretramento obamiano. Parliamoci chiaro: negli otto anni dell'Amministrazione Obama, l'America si è ritirata - fisicamente e metaforicamente - un po' da tutti i teatri decisivi, lasciando un vuoto facilmente occupato da altri attori (dall'Iran alla Russia alla Cina, e per altro verso dal terrore islamista). Ecco, la missione di Trump, in ciascuno di quei teatri, è triplice: realizzare nuove intese più vantaggiose, mostrare che l'America c'è di nuovo, e mettere in primo piano una capacità muscolare di riprendersi la sua centralità in nome degli interessi nazionali statunitensi. Ovviamente dopo aver preso a sberle la Merkel, il presidente Usa ha confermato che la incontrerà al termine di tutti i meeting Nato. Il metodo è ormai chiaro: prima sparare, poi sedersi al tavolo.Daniele Capezzone<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/trump-atterra-a-bruxelles-e-schiaffeggia-la-merkel-sei-succube-della-russia-2585809900.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-contratti-da-1-100-miliardi-dietro-la-finta-guerra-del-4" data-post-id="2585809900" data-published-at="1757784220" data-use-pagination="False"> I contratti da 1.100 miliardi dietro la finta guerra del 4% Giphy Il futuro della Nato passerà dagli accordi che Donald Trump riuscirà a chiudere nei diversi incontri bilaterali. Il pilastro principale resta il budget destinato agli armamenti. Ma non bisogna farsi sviare troppo dalla discussione di queste ore, centrate su quanto i vari membri si avvicineranno alla soglia del 2% di spesa rispetto al Pil (addirittura il 4%, stando all'ultima uscita di Trump durante il meeting di ieri a Bruxelles). Il nodo di tutta la partita sarà come i singoli membri Ue spenderanno i soldi, e soprattutto con quali partner. Compreranno armi Usa oppure francotedesche? Il dilemma riguarda in particolare l'Italia, ed è sicuramente l'argomento che il premier Giuseppe Conte sarà obbligato ad affrontare quando si troverà di fronte a Trump. Due settimane fa il ministro della Difesa francese, Florence Parly, ha riferito (senza smentite dal collega tedesco) di essere pronto a chiudere un accordo bilaterale per la costruzione di un velivolo europeo di quinta generazione. Andrà a sostituire il Rafale Dassault e l'eurofighter Typhoon. Avrà la possibilità di comandare uno sciame di droni e trasportare bombe nucleari. «Lo sviluppo di un futuro aereo da combattimento multiruolo per la Francia e la Germania, integrato in una rete di armi, è un problema fondamentale per l'autonomia strategica dell'Europa», ha riferito a Reuters l'amministratore delegato di Dassault aviation, Eric Trappier. Secondo quanto si è appreso, sarà la Francia ad assumere il ruolo di guida, mentre la Germania contribuirà a finanziare il progetto e acquisterà un gran numero di questi nuovi caccia, data tra l'altro la necessità di rinnovare la propria flotta aerea da combattimento. Maggiori dettagli si apprenderanno dal salone dell'aviazione di Farnborough, ma non serve un analista per capire che l'idea di Berlino e Parigi è una dichiarazione di guerra agli Stati Uniti che attraverso Lockheed Martin producono il caccia di quinta generazione F 35. Questo progetto, al quale partecipano Leonardo (che produce una parte delle ali) e l'Italia (sviluppando la Faco, la struttura di assemblaggio e riparazione per il Vecchio continente), vale nel ciclo complessivo della sua esistenza qualcosa come 1.100 miliardi di dollari: 36 miliardi all'anno per 30 anni. Almeno metà di questi soldi andrà agli Stati Uniti, il resto agli altri partner del programma. Noi spenderemo circa 14 miliardi e dovremmo - nell'arco dei 30 anni - avere ritorni quasi paritetici. Essere nel business significa anche godere di un altro genere di ricadute. Significa partecipare a una gara negli Usa oppure essere considerati appestati e ripiegare su altri mercati. Per Leonardo, il colosso della Difesa tricolore, non ci sono tante strade. Francia e Germania non ci vorranno mai come partner se non con un ruolo di terza fila, e la Cina non si aprirà in nessun caso ad armi straniere. Per noi meglio avere un ruolo di seconda fila negli Usa: un Paese che resta al top del settore per tecnologia e spesa e non ci vede come avversari industriali dentro la Nato. Trump non lo dice, ma è chiaro che per gli Usa l'unico velivolo dell'Alleanza Atlantica nei prossimi 30 anni dovrà essere l'F 35. Se la Merkel non lo capirà, allora la Casa Bianca alzerà ancor di più i toni. Non c'è posto per un aereo francotedesco. Soprattutto, non ci sono soldi per portare avanti tutti e due i programmi di quinta generazione. A nostro avviso sarebbe folle farlo. Il Joint strike fighter è praticamente realizzato. L'altro è nei sogni di Angela Merkel e di Emmanuel Macron. La scorsa settimana il nostro ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha detto che non compreremo più di 90 velivoli. Tradotto significa: noi stiamo con Trump. L'effetto cascata potrebbe portare presto a nuovi contrasti con la Francia. Mentre l'Eni procede nella conquista di pozzi in Egitto, il ministro della Difesa egiziano, Mohamed Ahmed Zaki, è stato a Parigi per trattare l'acquisto di 24 caccia Rafale. In tutto Al Fattah Al Sisi ha da spendere sette miliardi, con tanto di droni ed elicotteri. Una volta che la Nato avrà chiarito chi comanda, a quel punto si definiranno i nuovi budget e soprattutto le aziende che incasseranno i soldi. Poi sarà la volta delle alleanze di secondo grado. Se noi staremo con gli Usa, venderemo anche agli amici degli americani: egiziani o magari libici. La Nato è sempre servita a questo: separare gli amici dai nemici. Claudio Antonelli <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/trump-atterra-a-bruxelles-e-schiaffeggia-la-merkel-sei-succube-della-russia-2585809900.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="per-xi-jinping-unalleanza-tra-russi-e-americani-sarebbe-un-duro-colpo" data-post-id="2585809900" data-published-at="1757784220" data-use-pagination="False"> Per Xi Jinping un’alleanza tra russi e americani sarebbe un duro colpo Buona parte della fortuna economica e geopolitica della Cina negli ultimi anni è legata alle sanzioni che i Paesi dell'Unione europea e della Nato, dietro richiesta specifica degli Usa, hanno lanciato nei confronti della Russia di Vladimir Putin in seguito all'annessione della Crimea. Russia e Cina non sono mai state amiche. A dividerle la storia, la politica e la cultura ma soprattutto gli interessi nazionali che non sono riusciti a conciliare nemmeno durante l'epoca della comune appartenenza al comunismo. La Russia oggi desidera tornare a essere una grande potenza rispettata. La Cina ha più volte dichiarato di voler divenire il centro del mondo e per riuscirci deve spodestare dal Pacifico gli americani, controllando le pretese regionali di Mosca. I leader cinesi sanno bene che l'impero sovietico crollò dopo che Richard Nixon decise di allearsi con Pechino in chiave anti moscovita, e non vorrebbero che nel prossimo futuro il gioco si ritorcesse a loro sfavore; ovvero che un'alleanza tra Usa e Russia, con la probabile benevolenza europea, si trasformasse in un progetto di contenimento del mondo sinocentrico. La follia delle sanzioni contro la Russia non solo ha fatto perdere migliaia di posti di lavoro in Occidente, e costretto Putin a utilizzare le riserve dei propri fondi sovrani per sopravvivere anziché per il rimodernamento della propria economia, ma ha spinto - giocoforza - Mosca a collaborare come mai prima nella storia con Pechino. Seppur di malavoglia, Putin ha iniziato a stringere accordi commerciali, energetici e militari con Xi Jinping il quale ha compreso la posizione di debolezza della controparte e cercato di trarne il massimo vantaggio possibile. La Cina è diventata la piattaforma attraverso la quale le aziende occidentali, impossibilitate d'avere una relazione diretta, triangolano tutte le merci destinate al mercato russo che, conseguentemente, è diventato assai più permeabile ai prodotti cinesi. Per beneficiare della posizione di vantaggio geopolitico nella quale si è involontariamente ritrovata grazie agli errori strategici americani ed europei, la Cina ha bisogno di continuare a mantenere il controllo sulla Russia, cioè sperare che Donald Trump e Putin non si riavvicinino. Non solo: deve cercare di dividere il più possibile i Paesi dell'Unione europea tra di loro e nei confronti degli Usa, ammaliandoli con vantaggi economici e collegandoli infrastrutturalmente con il progetto della nuova via della seta, la cui direttrice settentrionale non a caso passa da Mosca e finisce in Germania. Se il presidente Giorgio Napolitano, Matteo Renzi e Barack Obama non avessero ostacolato la candidatura di Franco Frattini a segretario generale della Nato e permesso la vittoria di Jens Stoltenberg oggi le relazioni tra Usa, Ue e Russia sarebbero assai differenti, quasi certamente improntate a una migliore collaborazione. Tuttavia, a Pechino sanno bene che la Nato nonostante le critiche di Trump regge. Il limite del 2%, o meglio del 4%, è per il presidente americano una scusa per mostrare la propria caparbietà richiamando all'ordine degli alleati che hanno vissuto grazie all'ombrello protettivo offerto dagli Usa. Se la connessione Transatlantica tiene, la Cina sa bene che Trump ha tre desideri: evitare che si ripeta in Europa un'egemonia tedesca, evitare che si ripeta in Europa un'asse tra Berlino e Mosca e, conseguentemente, gestire in prima persona il rapporto con la Russia. Una Russia che riuscisse a liberarsi dall'ostracismo della famiglia Transatlantica si libererebbe dall'abbraccio cinese e la cosa, ovviamente, non è benvista a Pechino. Tra poche ore Putin e Trump s'incontreranno. Molte cose cambieranno. A Pechino sanno che i tempi sono cambiati e che Trump capisce la logica del potere. Nel bilanciamento mondiale quella la potenza da contenere è la Cina, e il suo unico alleato con libero accesso alla Casa Bianca è il vecchio Henry Kissinger. Laris Gaiser
Bologna, i resti dell'Audi rubata sulla quale due ragazzi albanesi stavano fuggendo dalla Polizia (Ansa)
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)