2025-11-25
Le bufale, non i convegni, offendono Pasolini
Pier Paolo Pasolini (Getty Images)
Oggi il discusso evento sui lati conservatori del grande scrittore. La sinistra grida alla lesa maestà, eppure ha avallato per anni ricostruzioni farlocche sulla sua morte, al fine di portare avanti astruse piste politiche. E il vero vilipendio è proprio questo.Il convegno su Pier Paolo Pasolini organizzato da Fondazione Alleanza Nazionale e dal Secolo d’Italia che si terrà oggi pomeriggio a Roma, il cui fine - come da titolo: «Pasolini conservatore» - è quello di dibattere (con il contributo di numerosi relatori tra cui il critico letterario Andrea Di Consoli, certamente non vicino alla destra politica) gli aspetti dell’opera e del pensiero pasoliniani che appaiono in conflitto con la sua area ideologica di appartenenza, quella comunista, è vissuto dalla sinistra italiana letteralmente come un sacrilegio. Nonostante dai curatori dell’evento sia già stato chiarito in tutte le maniere possibili che scopo del convegno è unicamente promuovere una discussione, senza nessuna volontà di «annettere» PPP - operazione che non avrebbe d’altronde senso alcuno - al pantheon culturale della destra, a sinistra si è addirittura giunti a gridare alla «profanazione», come fatto ieri, a botte di gramscianesimo mal digerito, dal professor Sergio Labate sul quotidiano Domani.Vi è, invece, un reale vilipendio di Pasolini che si consuma da decenni e che è soprattutto il mondo progressista ad alimentare: quello consistente nella diffusione - quando non, come vedremo a breve, nell’invenzione - di ipotesi e di presunte piste intorno all’uccisione del poeta (avvenuta a Ostia cinquant’anni or sono per mano, almeno secondo quanto stabilito in via definitiva dalla giustizia italiana nel 1979, dell’allora diciassettenne Giuseppe Pelosi) non soltanto prive di fondamento e di un qualsivoglia concreto riscontro, ma fattesi con il trascorrere del tempo sempre più fantasiose, arzigogolate e, pertanto, irrispettose dell’uomo Pasolini e di ciò che quest’ultimo, persona di enorme ingegno e di straordinaria complessità, fu in vita. La quantità e l’entità di queste tesi ha ormai raggiunto dimensioni tali da rendere arduo ogni tentativo di restituire un minimo di attendibilità e di credibilità a quell’atroce episodio e alla sua dinamica, eppure ci sono alcuni punti fermi che non è difficile fissare e dei quali, in ossequio sia alla vittima sia alla verità, sarebbe ora che tutti coloro che si occupano dell’uccisione di Pasolini, o anche solo se ne interessano, tenessero conto. Nella consapevolezza che, appunto, da questi punti fermi si può prescindere esclusivamente in due circostanze: o se si è del tutto disinformati o se si è in lampante malafede. I punti fermi di cui sopra sono in realtà alquanto numerosi ma qui ci limiteremo a soffermarci su uno di essi, in quanto, tra le altre cose, esemplifcativo del bombardamento di alterazioni e manipolazioni da cui, con danno ormai forse irreparabile, l’opinione pubblica è sistematicamente investita.Dopo essere stata introdotta alcuni anni or sono da Silvio Parrello, noto ai più come Pecetto, un signore ottantaduenne del quartiere romano di Monteverde che coltiva con apprezzabile abnegazione il culto di Pasolini, ha incredibilmente preso piede la tesi che a uccidere il poeta, sormontandolo, non sia stata la sua Alfa GT 2000 con Pelosi a bordo bensì un’altra Alfa, forse di proprietà di un certo Antonio Pinna, un oscuro affiliato del Clan dei Marsigliesi - anch’egli di Monteverde e quindi conoscente di Parrello - del quale si sono perse definitivamente le tracce nella seconda metà degli anni Settanta. Tra i sostenitori di questa bislacca teoria, che vorrebbe corroborare l’ipotesi dell’agguato politico-criminale e della successiva alterazione della scena del crimine per darle una connotazione «sessuale» che non le sarebbe appartenuta, sono individuabili due categorie: quella dei «moderati», a cui può essere iscritta la giornalista Simona Zecchi, secondo cui Pasolini (si veda il suo più recente libro, Pasolini: ordine eseguito, edito qualche settimana fa da Ponte alle Grazie) venne investito una prima volta intorno all’una e mezza di notte (senza essere ucciso) dalla sua Alfa e poi una seconda (con conseguenze letali) circa tre ore dopo da un’Alfa diversa il cui guidatore riuscì, però, a sovrapporre in modo perfetto una nuova e identica traccia dello pneumatico anteriore sinistro a quella lasciata sulla schiena della vittima dal precedente investimento, così da impedire agli inquirenti di comprendere che il poeta era appunto stato ammazzato da un’Alfa diversa da quella di sua proprietà; e poi la categoria degli «estremisti», a opinione dei quali l’Alfa di Pasolini addirittura non investì affatto lo scrittore, che sarebbe stato schiacciato esclusivamente dalla seconda Alfa. Di questo gruppo fanno parte, tra gli altri, la criminologa Simona Ruffini, cui si deve (con l’avvocato Stefano Maccioni, a propria volta convinto assertore della tesi delle due Alfa) il merito di avere fatto aprire quella che è a oggi l’ultima inchiesta sul delitto dell’Idroscalo, conclusasi nel 2015 con un’archiviazione, e il regista David Grieco, autore di un libro e di un film sul caso Pasolini intitolati entrambi La macchinazione. Come sia possibile che costoro trascurino il fatto che sotto l’Alfa GT 2000 di Pasolini sono stati rinvenuti (e accuratamente esaminati da fior di periti) sangue, lacerti di epidermide e capelli appartenenti a Pasolini medesimo non siamo in grado di spiegarlo. Quello che qui vogliamo denunciare è che entrambi, e - lo ripetiamo - non sono affatto i soli, sostengono che, nella sua perizia, il medico legale della famiglia Pasolini, Faustino Durante, avesse scritto quanto segue: «Considerando che l’inizio del percorso fatto dall’Alfa Romeo era costellato di buche profonde, la coppa dell’olio situata a 13 centimetri dal suolo non recava tracce di strusciature e di urti, cosa che invece doveva avere. Il terminale della marmitta non evidenziava nessun segno di urti se non lateralmente, ma erano segni di vecchie ammaccature. Il frontale della macchina era privo di tracce sia di sangue sia di capelli sia di cuoio capelluto». Il brano in questione, sempre presentato come un estratto della perizia di Faustino Durante, è reperibile, tra gli altri, nei libri Nessuna pietà per Pasolini di Stefano Maccioni, Domenico Valter Rizzo e Simona Ruffini (Editori Internazionali Riuniti, 2011, pag. 98), La macchinazione di David Grieco (Rizzoli, 2015, pag. 85) e Caro Pier Paolo ti racconto il tuo omicidio della sola Simona Ruffini (Edizioni Aurora Boreale, 2024, pag. 103). Peccato che tale brano, nella perizia di Faustino Durante, non sia contemplato, come può facilmente verificare chiunque la perizia in questione, diversamente da quanto fatto dagli autori dei libri succitati, si prenda la briga di leggerla (è integralmente riprodotta da pagina 199 a pagina 216 nel volume Dossier delitto Pasolini, pubblicato nel 2008 in seconda edizione aggiornata dalla casa editrice Kaos). Sì, avete capito bene: quelle righe a lui disinvoltamente attribuite, il medico legale Durante (scomparso nel 1985) non le ha mai vergate, e del resto non poteva che essere così visto che Durante non era pazzo ed era quindi ben consapevole che Pasolini fosse stato investito e ucciso dalla sua stessa automobile, nella cui parte inferiore, come già ricordato, furono trovate abbondanti tracce organiche dello scrittore. A dirla tutta, anzi, il primo paragrafo della perizia di Durante s’intitola proprio, definitivamente, Sormontamento del corpo di Pasolini da parte della propria autovettura. Il primo a divulgare il brano farlocco, pescato chissà dove o più probabilmente inventato di sana pianta, è stato nel 2008 il già citato Silvio Parrello, e un’orda di sedicenti investigatori gli è andata serenamente appresso senza né porsi domande sull’attendibilità del contenuto né peritarsi di effettuare la benché minima verifica.Se il caso qui esaminato (a cui, relativamente al delitto Pasolini, se ne potrebbero aggiungere decine di altri analoghi) sembra condurre dalle parti della farsa, esso presenta purtroppo un risvolto drammatico: forzature, alterazioni e - come abbiamo visto - vere e proprie menzogne hanno infatti preso il posto, fagocitandolo, di ciò che è autentico o perlomeno verosimile, trovando continua ospitalità (a tutto vantaggio di chi le fandonie le diffonde) sui giornali, nelle trasmissioni televisive, nei convegni e perfino nelle aule parlamentari e nelle commissioni antimafia. Lo ribadiamo: un vilipendio nei confronti della verità e nei confronti di Pier Paolo Pasolini. Un vilipendio, questo sì realmente tale, che però al mondo progressista piace, e parecchio. Come mai? Bella domanda. Ci sarebbe da farci un convegno.
Nel riquadro la produttrice Giulia Maria Belluco (iStock)
Gaia Zazzaretti prima e dopo il vaccino (iStock)
Militanti di Hezbollah trasportano la bara di una delle vittime il 24 novembre 2025 a Beirut (Getty Images)