2025-08-04
Stefano Zecchi: «Milano rovinata da verdi e affaristi»
Stefano Zecchi (Getty Images)
Il filosofo, ex assessore: «Il peccato originale fu l’Expo: ha consegnato la città alla finanza, mentre la borghesia scompariva. I ricchi delle Ztl detestano chi lavora. La giunta Sala salterà a settembre sulla vendita di San Siro».Stefano Zecchi, filosofo e scrittore, Milano è diventata la capitale amorale?«Non se ne è a conoscenza, ma sono uno sfegatato tifoso del Milan». Dunque? «La crisi del calcio è esemplificativa. Non esistono più i Berlusconi o i Moratti, che coniugavano l’imprenditoria con il bene della città. Oggi non si sa nemmeno chi siano i proprietari delle due squadre». Fondi stranieri.«Sì, ma chi c’è dietro? Ecco, questo spiega cos’è Milano. Sono sparite le grandi famiglie borghesi e illuminate, di spirito ambrosiano».Quando sarebbe cominciato il declino?«Il peccato originale è stato l’Expo. Ha consegnato la città agli affaristi: fanno denaro lecitamente, ma senza alcun interesse pubblico. Questa indagine è soltanto l’ultimo strascico».Amministratore delegato dell’Expo era l’attuale sindaco: Beppe Sala.«Appunto». E adesso?«Il disastro non è solo morale, ma pure esistenziale. È stato espulso quel ceto medio che rendeva viva la città. Era il suo tessuto connettivo». Lei quando è arrivato a Milano?«Nel 1964, per studiare filosofia. Già proiettata nel futuro, sapeva di poter essere una grande capitale europea. Si respirava energia, cultura, solidarietà».Le inchieste sull’urbanistica meneghina raccontano invece di rapaci costruttori, influenti architetti e accomodanti politici.«È una città per soli ricchi. Anzi, peggio: ricchi e ignoranti. Pensano solo a guadagnare il più possibile. Appartiene tutto ai poteri finanziari: fondi e immobiliaristi». La Palazzopoli, insomma. «Questa classe politica non ha saputo gestire le inevitabili trasformazioni di una metropoli. Milano è finita nelle mani peggiori». Indagini a parte, c’è un modello sotto accusa.«Predomina l’anarchia. Non esiste nessuna visione».Una giunta di centrosinistra dovrebbe avere a cuore i più deboli.«Il motivo di questa impostura resta l’origine del sindaco. Era un tiepido berlusconiano. La sinistra se l’intestato per avere i numeri». Non lo difendono nemmeno i suoi.«La nave affonda. E loro pensano soltanto a salvare il salvabile. Sala era un manager. L’ho conosciuto quando faceva il direttore generale della Moratti. Coerentemente con il suo personaggio, ha lasciato sviluppare le aree che potevano fruttare di più».Anche Albertini e Moratti erano legati al mondo delle imprese. «Allora venivano rispettate le regole. Adesso sono infrante nel nome della ricchezza».Lei è stato assessore alla Cultura di Albertini.«Ricordo un periodo di grande entusiasmo. Fu lui l’artefice della vera rivoluzione». Avete costruito e riqualificato pure voi. «Non è mai arrivato nemmeno un avviso di garanzia, nonostante avessimo lanciato grandi bandi internazionali: dalle ex Varesine a CityLife. C’era una grande voglia di lavorare per una Milano messa in ginocchio da Mani pulite. E chi amministra deve amare la sua città». Sala palpita? «Purtroppo no. Se l’amasse davvero, si dimetterebbe per evitare di bloccare tutto. Il suo primo mandato è stato enormemente superiore all’attuale. Ora è un disastro».Dalle chat sequestrate non emerge certo un decisionista. «Si evince chiaramente che era controllato da chi vuole solo sfruttare la situazione. Intanto, lui si ubriacava di ideologia green. Basta vedere l’ossessione per le piste ciclabili».Luca Bernardo, suo ex sfidante, durante la campagna elettorale del 2021 lo attacca: «Milano è in mano solo a due costruttori e un architetto». Sala gira la dichiarazione a Boeri, indagato pure lui, assieme a un commento ironico: «Ti fischiano le orecchie?». «Quello che veramente manca in quei messaggi è il buon gusto. Non c’è un minimo di stile». Emerge arroganza, quindi?«Più che altro, una visione padronale: la città è cosa nostra».L’inventore del Bosco verticale, nelle intercettazioni, talvolta sembra il vero sindaco. «Boeri è il presidente della Triennale. Io sono nel consiglio d’amministrazione. Lui resta una figura determinante per lo sviluppo urbanistico, con una famiglia importante alle spalle. Su Sala, ha un’indubbia capacità di convincimento».L’ormai celebre «warning», si difende l’archistar, non era una minaccia ma un allarme. «Dimostra comunque enorme confidenza tra i due. Boeri sa che può sgridarlo, come si fa con un figlio disubbidiente. E ha gioco facile con una persona fragile».Sala è fragile?«Sì, perché incapace di governare».Delegava ogni scelta alla commissione paesaggio?«Ai tempi della Moratti, sono stato nominato presidente della commissione per l’arredo urbano. Avevo funzioni simili a quelle di Marinoni». Quindi? «Tutti gli incarichi sono importanti se riesci a suggestionare chi dovrebbe decidere al posto tuo. Il mio ruolo, allora, fu secondario. Ma anche quello di Marinoni non era poi così fondamentale. Eppure, è diventato strategico». Perché? «Perché chi stava sopra di lui, l’assessore o il sindaco, non riuscivano o non volevano controllare. Sala non ha saputo gestire spinte che venivano da troppe parti. Ora è dipendente da queste realtà economiche, a cui il resto importa poco. La sua debolezza ha trasformato la città a immagine e somiglianza dei grandi gruppi immobiliari. Milano non esiste più».I prezzi delle case sono inaccessibili. I comuni mortali riparano in periferia, dove comandano i maranza, o nell’hinterland, dove gli appartamenti sono ancora accessibili. «Quando ti disinteressi alle realtà intermedie, queste rischiano di morire per mancanza di aria, acqua e cibo. Cercano di sopravvivere fuori dalla città».Restano gli elitari e scatenati ambientalisti di facciata.«Ogni giorno entrano 900.000 persone per lavorare. I poveracci costretti a usare l’auto cosa fanno? Pagano l’ingresso per l’Area C e il parcheggio, che costano l’ira di Dio. Insomma: prima sono espulsi e poi vengono puniti. Nel nome di questa fantomatica ideologia verde».La cementificazione, comunque, avanza.«Negli ultimi quindici anni non hanno fatto un solo parco, appena qualche aiuola». Le colate di calcestruzzo non risparmiano nemmeno le zone del centro appena riqualificate. Persino il comitato tecnico scientifico sul clima, nominato da Sala, lamenta l’assenza di alberi.«Piazza San Babila adesso sembra la pista di un aeroporto».Almeno, hanno risparmiato le periferie.«Brulicavano di vita operaia. Ora sono diventate luoghi di delinquenza. Una giunta di sinistra dovrebbe occuparsi dei più fragili, non solo di chi abita in centro. E i famosi architetti perché non offrono il loro prezioso contributo per migliorare le zone degradate?».Perché non è altrettanto remunerativo?«Malevolmente, si potrebbe pensare questo».Lei ha insegnato Estetica alla Statale per un trentennio. Anche la vita degli universitari, a partire dagli affitti improponibili, non è facile.«Invece che integrare gli studenti, questa amministrazione tende istintivamente a espellerli. Come ha già fatto con il ceto medio. Senza pensare a quanto valore umano e culturale si perda così. Vogliono relegarli nei campus fuori Milano, realizzati dai soliti fondi. Una pessima scopiazzatura degli americani, che ruba l’anima alle città».Sala non si dimette. Alle prossime elezioni manca un anno e mezzo. «A settembre la vendita di San Siro farà saltare la giunta. Lui non può rimangiarsi la parola data ai costruttori, considerati gli spaventosi affari in gioco. Ma la sua maggioranza, stavolta, non può cedere».Il sindaco sembra avversatissimo. Il centrodestra, però, non vince da un ventennio.«Perché Milano rimane elitaria e di sinistra». Un po’ come la cultura. «Di sinistra non è la cultura, ma il potere culturale».Milano si salverà? «Solo se riuscirà a costruire un’alleanza per un nuovo umanesimo, tra gruppi editoriali e università».Altrimenti?«Continueranno a prevalere interessi che la politica non riesce a gestire. Purtroppo, è ormai incapace di rappresentare la parte sana della città. Invece, bisogna ridare fiducia. La gente deve poter partecipare davvero alle scelte. A conti fatti, considerata l’astensione, Sala è stato eletto solo dal 30% della popolazione».Fra cui spiccano i devoti zetatiellini. «Sono quelli che l’hanno danneggiato di più con l’ideologia green. Odiano le macchine, perché hanno l’autista. Detestano chi viene a lavorare, essendo benestanti da generazioni. Sono borghesi mancati. Non comprendono l’importanza della loro storia. Si sono arroccati con arroganza, superiorità e atteggiamento padronale. Ignari di questa città che sta andando gambe all’aria».
Simona Marchini (Getty Images)