2024-12-05
Siria, bombe russe sui ribelli. Per paura degli islamisti Mosca leva le navi da Tartus
Fermata l’offensiva jihadista alla periferia di Hama grazie agli aerei del Cremlino e alle milizie iraniane. Sotto attacco una base Usa. Isis pronta ad approfittare del caos.Pesanti attacchi aerei russi hanno respinto nella notte di mercoledì un’offensiva dei gruppi ribelli alla periferia della città siriana di Hama, la cui caduta aumenterebbe la pressione sul presidente Bashar al-Assad, debole come non mai. Fonti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh) confermano lo spostamento di decine di famiglie dai villaggi nella campagna occidentale di Hama come Jurin, Shatha e Ain Kurom verso Latakia (Nord della Siria). I quartieri di Hama City e Hamrada sono stati oggetto di bombardamenti missilistici da parte degli jihadisti di Hayat Taḥrir al-Sham, l’Organizzazione per la liberazione del Levante (Hts) e delle fazioni armate dell’operazione «Dissuasione dell’aggressione», nei quali due civili sono rimasti uccisi. L’offensiva in corso preoccupa gli alleati di Assad, con l’Iran che martedì ha dichiarato che avrebbe preso in considerazione l’invio di forze militari se gli fosse stato chiesto. Almeno 300 membri delle milizie irachene sostenute dall’Iran sono entrati in Siria domenica notte per aiutare il governo a combattere i ribelli. La Russia, che continua a bombardare le colonne dei ribelli, ha dichiarato che «l’aggressione terroristica contro la Siria deve cessare il prima possibile» e a Mosca i timori sono che il regime crolli con conseguenze nefaste sulle due basi russe in Siria. Parliamo di quella navale di Tartus (costruita nel 1971), situata nel porto della città siriana omonima, che rappresenta un’importante installazione della Marina militare russa. Ufficialmente designata come centro di supporto logistico, questa struttura è l’unico avamposto marittimo russo nel Mediterraneo. La sua presenza consente alle navi da guerra russe di effettuare manutenzione senza dover tornare alle basi situate nel Mar Nero e Putin, se vuole continuare a recitare un ruolo nell’area, non può perderla. Tanto è vero che Mosca sta portando via dalla base le sue navi, per paura degli islamisti. A quanto si apprende, la petroliera Yelnya avrebbe lasciato il porto. E lo stesso ordine sarebbe arrivato anche a cinque navi e a un sottomarino. Martedì scorso le fregate russe, equipaggiate con missili da crociera ipersonici di nuova generazione, hanno condotto esercitazioni nella parte orientale del Mediterraneo. Durante le operazioni, gli equipaggi hanno lanciato missili ipersonici antinave Zircon, mentre un sottomarino ha effettuato il lancio di un missile da crociera Kalibr: un’arma capace di trasportare testate nucleari. Inoltre, dalla base russa di Tartus, un sistema missilistico costiero ha eseguito il lancio di un missile antinave Ony. Di pari importanza è la base aerea russa di Hmeimim (a circa 50 chilometri da Tartus), utilizzata dalle forze aerospaziali russe, situata a Sudest della città siriana di Laodicea. Il suo status legale è disciplinato da un trattato Russia-Siria dell’agosto 2015. Nel pomeriggio di ieri secondo i media statali e l’Oshr, violenti combattimenti sono scoppiati sulla collina di Zine el-Abidine, situata a circa 5 chilometri a Nordest di Hama e che si trova su una strada principale che conduce alla città. Qui i jihadisti hanno dovuto ripiegare a causa dei pesanti bombardamenti russo-siriani e al fatto che nell’aerea sono arrivate le milizie sostenute dall’Iran. «Siamo stati costretti a ritirarci sotto i bombardamenti aerei nemici», ha dichiarato sui social un comandante ribelle della regione e di fatto questo rallenta la presa di Hama. Ieri le forze statunitensi hanno effettuato un’operazione di autodifesa nei pressi del Mission support site Euphrates, una base americana nella Siria orientale, colpendo tre lanciarazzi multipli montati su camion, un carro armato T-64 e mortai che, secondo il portavoce del Pentagono, il generale Pat Ryder, «costituivano una minaccia chiara e imminente per le nostre truppe». L’azione è seguita a un attacco con razzi e mortai i cui proiettili sono esplosi nelle vicinanze della base, come riferito da Ryder. Il Pentagono sta cercando di capire chi siano i responsabili degli attacchi, considerando la presenza nella zona sia di milizie sostenute dall’Iran sia di forze militari siriane. Ryder ha poi sottolineato che l’operazione non è collegata all’offensiva in corso ad Aleppo, dove i ribelli siriani - guidati da gruppi jihadisti - hanno recentemente preso il controllo della città. Qui non va dimenticato che oggi gli Stati Uniti mantengono circa 900 soldati in Siria, impegnati in missioni volte a contrastare lo Stato islamico che per il momento non sta sfruttando il momento di caos. Perché? Le ragioni possono essere due: anche se il gruppo si è riorganizzato non può certo reggere un confronto militare contro i russi, l’Iran, l’esercito siriano, l’Hts e magari i soldati Usa. Oppure sta attendendo il momento ideale per colpire, ad esempio se i ribelli dovessero arrivare a Damasco. Di sicuro il silenzio dell’Isis, che è opportunista per natura, non durerà a lungo. Dal punto di vista politico il portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha dichiarato in una conferenza stampa che «i ministri degli Esteri di Russia, Iran e Turchia sono in costante comunicazione tra loro». Mentre il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha incontrato a Bruxelles il re di Giordania, Abdullah II: «Sua Maestà ci ha aggiornati sulla situazione in Medio Oriente, e in particolare abbiamo discusso dell’Iran e del ruolo che sta svolgendo nella regione, ricevendo denaro dalla Russia che poi viene utilizzato per alimentare gli sforzi di Hamas e Hezbollah per destabilizzare la regione. Ma naturalmente, più in generale è stata discussa la situazione in Siria e nel Medio Oriente». Sullo sfondo il timore è che dalla Siria arrivino ancora una volta decine di migliaia di disperati in Europa.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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