2025-11-16
I prezzi dei terreni perdono valore
Dal 2000 le quotazioni fondiarie valgono oltre il 20% in meno, depurate dall’inflazione. Pac più magra, Green deal e frontiere aperte hanno fatto sparire 1,2 milioni di aziende.«Compra la terra, non si svaluta mai», dicevano i nonni. E non solo. A livello nominale in effetti è vero: i prezzi dei terreni salgono. Se però guardiamo le quotazioni togliendo l’inflazione si nota che dal 2000 i valori sono crollati di oltre il 20%. A livello nominale, appunto nel 2024 l’aumento del prezzo medio dei terreni agricoli è stato di circa l’1%, per un valore attestatosi intorno ai 22.400 euro ad ettaro. Nonostante l’incertezza della situazione internazionale, che ha avuto ripercussioni sui prezzi dei prodotti e dei mezzi tecnici agricoli, il mercato fondiario italiano mostra così una leggera ripresa. Secondo quanto emerge dalla settantacinquesima edizione dell’“Indagine sul mercato fondiario” curata dai ricercatori del Crea Politiche e Bioeconomia, «cresce ulteriormente l’interesse per i terreni facilmente accessibili e vocati a produzioni di qualità, così come quello per i terreni irrigabili. Ancora deboli sono gli effetti per gli interventi della nuova Pac 2023-2027, mentre risulta evidente l’influenza sui prezzi di alcuni fenomeni connessi al cambiamento climatico e alla diffusione degli impianti per la produzione di energia rinnovabile.Quest’ultima tendenza si nota soprattutto sul fronte affitti. La domanda, sostenuta in prevalenza da giovani imprenditori e da aziende strutturate, ha visto la crescente presenza di operatori del settore del biogas e dell’agrivoltaico. La fuoriuscita dal settore di agricoltori anziani ha reso disponibili, inoltre, superfici prima condotte direttamente, contribuendo così ad alimentare il mercato degli affitti. Anche gli affitti registrano un crescente interesse per le superfici irrigabili, considerate strategiche in un contesto di crescente vulnerabilità agli eventi climatici estremi.Tornando alle quotazioni, sottolinea il Crea, il prezzo medio dei terreni agricoli per ettaro continua a presentare significative differenze, con il picco di 47.100 euro nel Nord-Est, seguito dal Nord Ovest con circa 35.200 euro (+2,3%), e valori decisamente inferiori al Centro e al Sud, mediamente al di sotto dei 16.000 euro, fino ad arrivare ai 9.000 delle Isole. La differenza è data, «non solo dalla maggiore incidenza al Nord dei terreni in aree pianeggianti e irrigue, ma anche dal più elevato tasso di urbanizzazione e dal relativo consumo di suolo agricolo, che riduce l’offerta dei terreni, in molti casi non sufficiente a soddisfare la domanda. Al contrario - sottolinea il Crea in una nota - nelle aree interne e montane prevale l’offerta di terreni, da parte di agricoltori anziani e di aziende in difficoltà economiche, che spesso non trova riscontro sul mercato».Ecco... agricoltori anziani e aziende agricole in difficoltà. Complici le regole Ue, ovvero green deal, una Pac sempre più ridotta e frontiere aperte a chiunque, sono spariti gli agricoltori. Nel corso del decennio 2010-2020 il numero di aziende ha subito una forte contrazione, scendendo da 1,6 milioni a poco più di 1,1 milioni di unità. Se invece allarghiamo lo sguardo all’ultimo ventennio, la popolazione di aziende agricole si è più che dimezzata: meno 53%, perdendo circa 1.260.138 unità.Mettiamoci anche il calo demografico, ma la realtà è che la gestione agricola targa Bruxelles ha mandato in malora secoli di professionalità dei contadini. I quali vendono o svendono i terreni oppure affittano a chi «semina» pannelli solari. Motivo per cui, tolta l’inflazione, la terra vale più del 20% in meno nei confronti del 2000.
Giuseppe Caschetto (Ansa)