2025-11-16
Una chiesa non è un negozio: non vendetela
L'interno di una chiesa (iStock)
Gli edifici sacri sconsacrati mettono angoscia. Tanto più quando cambiano destinazione d’uso, diventano musei o addirittura delle moschee. Quelle mura, sulla base di un’architettura particolare e di riti ben precisi, restano la casa comune dei fedeli.Le chiese si svuotano perché i fedeli diminuiscono. Molte chiese vengono sconsacrate e adibite ad usi i più vari compreso quello dei matrimoni civili. Altre vengono vendute alla comunità islamica per farne delle moschee. Di questo ci siamo occupati ieri. E oggi continuiamo a occuparcene perché è qualcosa che tocca profondamente nell’animo chi nutre affetto e venerazione per la chiesa-edificio secondo un’antica tradizione che la collega al Tempio di Dio e al sacrificio di Gesù Cristo, tant’è vero che nell’antichità non c’era neanche un rito di consacrazione e dedicazione della chiesa perché la sola celebrazione dell’eucarestia, che si svolgeva in quel luogo, rendeva il luogo stesso Chiesa, luogo del culto cristiano cattolico.Devo confessare alle lettrici e ai lettori che a me già non piacciono le chiese sconsacrate, mi provocano un senso di spaesamento e di angoscia come se fossero private di quel profondissimo mistero che contengono e rappresentano. La chiesa-edificio non è un edificio come tutti gli altri, non dovrebbe assolutamente poter sottostare a quella che in urbanistica si chiama cambiamento di destinazione d’uso. Lo si può fare per un centro commerciale che diviene un centro congressi, lo si può fare per un esercizio commerciale che diventa abitativo e viceversa, ma non per una chiesa perché le mura di quella chiesa, nel rito di consacrazione, sono state unte con l’olio sacro, il crisma, quell’olio consacrato dal vescovo nella messa del giovedì santo e che poi verrà usato per battezzare, per cresimare e per ordinare i ministri della chiesa, i sacerdoti. E quell’unzione, basterebbe andare a vedere i riti di consacrazione delle chiese, non è un’unzione temporanea perché quell’olio sacro non è sacro temporaneamente, ma proviene dall’Eterno e rimane tale in aeternum, per sempre. In altre parole, quella chiesa, trasformata in qualcos’altro, è stata consacrata per sempre perché vi si radunassero i fedeli attorno all’altare consacrato anch’esso per celebrare i misteri cristiani. Se non è considerabile, la chiesa-edificio, come passibile di una variazione della destinazione d’uso, come altri edifici, figuriamoci se è passibile di una variazione della destinazione di culto. A mio modo di vedere è una follia che non ha e non può avere alcuna giustificazione teologica. Quella chiesa è la casa dei fedeli ed eventualmente loro, come mi ha suggerito Boni Castellane, dovrebbero essere i legittimi ereditieri di quel luogo. Ma vi rendete conto di cosa significa «vendere una chiesa»? Lo dice uno ampiamente favorevole al mercato che crede, come credeva un grande teologo medioevale, Pietro di Giovanni Olivi, nel De emptione et venditione (Della vendita e dell’acquisto), che esso rappresentava un’azione legittima in quanto poteva portare allo sviluppo della ricchezza se compiuta secondo regole morali da lui, e da altri teologi medioevali, descritte con precisione e acribia, meticolosa fin nei particolari. Ma la chiesa non può essere venduta perché non rientra all’interno delle categorie del mercato, ma nelle categorie ecclesiologiche, teologiche e del mistero di Gesù Cristo incarnato, morto, disceso agli inferi e risorto. Quell’olio santo ha consacrato quella chiesa per sempre.La chiesa generalmente è fatta a croce e nell’incrocio delle due parti della croce sta l’altare, segno evidente e simbolo preclaro del sacrificio di Cristo che si rinnova sopra quella mensa. Pensare che a quelle pareti vengono appesi oggetti di mostre di vario tipo secondo me è una cosa che non va bene, per non dire di peggio. Una chiesa e una moschea hanno architetture completamente diverse che rispondono a concezioni teologico-liturgiche completamente diverse anch’esse. La liturgia islamica non ha niente a che fare con la liturgia della chiesa cattolica sia per gli atti di culto, sia per le formule riguardanti le parti che compongono le cerimonie liturgiche, sia - lo ripetiamo - le concezioni teologiche sottostanti. La liturgia è un’azione del popolo di Dio presieduta da un ministro del culto cattolico, tant’è vero che il termine deriva dal greco laos più ergon, un’azione del popolo. In particolare, liturgia deriva dal greco leeitourgìa che significa servizio. È un’azione corale che coinvolge tutta la comunità ma che trova nel celebrante colui che rende presente il mistero di Cristo in quella chiesa. Se andiamo a leggere, non un’opinione qualsiasi, ma il Rito della consacrazione, compiuto ad opera del vescovo, leggiamo: «Ora, o Padre, avvolgi della tua santità questa chiesa, perché sia sempre per tutti un luogo santo…», e altrove, ancora più esplicitamente, si legge: «O Dio che reggi e santifichi la tua chiesa accogli il nostro canto in questo giorno di festa; oggi con solenne rito il popolo fedele dedica a Te per sempre questa casa di preghiera…». Come se non bastasse, dopo l’unzione dell’altare e della chiesa, essa viene incensata riempendo il tempio del profumo, segno del dovere della Chiesa di espandere nel mondo la soave fragranza di Cristo. Sotto all’altare vengono deposte le reliquie dei santi e dei martiri per indicare la continuità della tradizione ma, soprattutto, il legame tra la chiesa terrestre e la chiesa celeste. Perché un fedele, credente, magari non dotato di preparazione teologica, ma dotato di quel sensus fidei e di quella profumata e profonda pietà cristiana, deve subire l’umiliazione di vedere che quella chiesa dove, magari, è stato battezzato, ha celebrato la prima comunione, ha ricevuto l’unzione della cresima, si è sposato, ha assistito alla prima messa di un sacerdote appena ordinato e appartenente a quella comunità, ha assistito alla celebrazione dei defunti, dei propri cari, dei propri amici, viene venduta? Tutti questi che oggi proclamano la teologia del popolo di Dio, chiodo fisso del papato di Bergoglio, non hanno nulla da dire sul cambio di destinazione di culto di una chiesa? Quel popolo di Dio tanto celebrato può essere sottoposto al trauma di vedere la propria chiesa espropriata del proprio significato originale ed antico tramandato dalla teologia ebraica del Tempio, rivisto dal cristianesimo in termini di Tempio vivente perché, appunto, luogo di raduno di quel popolo? La logica vorrebbe che le chiese rimanessero tali, perché tali sono in eterno anche se vengono tolte le reliquie dei santi e dei martiri, infatti, quelle mura e quell’altare sono stati unti con l’olio santo e questo è stato fatto per sempre. Sconvolge la leggerezza con la quale si operano queste cose senza considerare le vite di coloro, sacerdoti e fedeli, che quelle chiese hanno riempito con una fede magari semplice ma profonda. Generazioni di fedeli dei quali non si rispetta la memoria. A me la cosa colpisce d’angoscia, non perché io sia un pio credente o abbia l’autorevolezza che hanno i santi, tutt’altro, ma perché personalmente in una di quelle chiese scoprii il fascino del mistero ed essendo bambino, inconsciamente, di Dio, e ad esse sono legato da un sentimento indelebile. I sentimenti indelebili non andrebbero oltraggiati.
La caserma Tenente Francesco Lillo della Guardia di Finanza di Pavia (Ansa)
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