
Provato il nesso tra Astrazeneca e miocardite fatale in un 35enne: 100.000 euro alla famiglia.«Non ti vaccini, ti ammali, muori». La triste equazione stabilita da Mario Draghi - in una conferenza stampa ormai passata alla storia - non solo era platealmente falsa, ma per alcuni è stata addirittura beffarda. Di certo lo è stata per chi, attenendosi ai diktat di Palazzo Chigi, ha assunto la sua bella dose di vaccino rimettendoci, però, la vita. È questo il caso, per esempio, di un cittadino originario di Agrigento, che è deceduto nel 2021 dieci giorni dopo che gli era stato inoculato il farmaco anti Covid brevettato dall’azienda anglosvedese. L’uomo, che al tempo aveva 35 anni, morì a causa di un forte attacco di miocardite, lasciando moglie e tre figli.Ieri, dopo oltre tre anni di calvario, il ministero della Salute ha finalmente riconosciuto che tra il vaccino di Astrazeneca e la morte del cittadino agrigentino sussiste un evidente «nesso di causalità». Pertanto, il dicastero guidato da Orazio Schillaci ha disposto un indennizzo di 100.000 per la famiglia della vittima. La decisione, inoltre, lascia spazio a ulteriori procedimenti giudiziari per ottenere risarcimenti più sostanziosi. «È un risultato importante che apre la strada al riconoscimento dei danni da vaccinazione anti Covid», ha dichiarato Angelo Farruggia, il legale che ha assistito la moglie della vittima. Infatti, ha proseguito, «sono tanti i danneggiati dopo la somministrazione del siero che non riescono ad avere diagnosi certe e, per questo, sono costretti a continue visite specialistiche a loro spese». Ma non solo: «Il riconoscimento del nesso di causalità», ha sottolineato l’avvocato, «apre anche la strada all’azione risarcitoria nei confronti delle case produttrici dei vaccini e, a mio avviso, anche dello stesso ministero della Salute».Insomma, siamo solo all’inizio. Ma qualcosa, finalmente, si sta muovendo per rendere giustizia a tutti quegli «invisibili» che hanno sofferto le pene dell’inferno e sono stati privati dei propri cari. Si tratta, infatti, delle tante vittime di una campagna vaccinale che è giusto definire scriteriata, dal momento che non ha seguito gli opportuni criteri per stabilire chi avesse davvero bisogno del vaccino e chi, invece, dal farmaco poteva essere danneggiato, rischiando persino la morte. Quello del cittadino di Agrigento, del resto, non è un caso isolato. Nel febbraio del 2023, per esempio, il ministero della Salute dispose un indennizzo di 77.000 euro alla famiglia di Zelia Guzzo, un’insegnante di Gela di 37 anni che morì 24 giorni dopo la somministrazione del vaccino Astrazeneca. La donna, madre di un bambino, fu colpita da una trombosi celebrale provocata dall’inoculazione del vaccino. Al tempo, il marito della docente definì la cifra del risarcimento «irrisoria e offensiva per una perdita che ha provocato tanto dolore». In effetti, spiegò l’uomo, «la vita non ha prezzo, ma questa somma è un’offesa per il mio bambino rimasto orfano a due anni. Abbiamo persino dovuto batterci per ottenerla. Mi sento doppiamente tradito dallo Stato». La famiglia e il legale della Guzzo avevano promesso battaglia e, infatti, hanno citato in giudizio Astrazeneca chiedendo un maxi risarcimento da 2 milioni di euro.La causa intentata dalla famiglia siciliana contro il colosso anglosvedese è la prima in Italia, ma non certo la prima in assoluto. Nel Regno Unito, per esempio, sono stati in tanti a portare Astrazeneca in tribunale. Tanto che alla fine dello scorso aprile, nell’ambito di un’azione legale collettiva contro l’azienda biofarmaceutica, a cui sono stati richiesti danni per 125 milioni di dollari, la multinazionale ha dovuto ammettere che «il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia». Questa sindrome, nota anche come Vitt (trombocitopenia e trombosi immunitaria indotta da vaccino), provoca coaguli di sangue e un basso numero di piastrine. Tra le 51 famiglie britanniche che hanno intrapreso la class action, figura anche quella di Jamie Scott, un giovane padre di famiglia rimasto gravemente menomato dall’assunzione del vaccino e dalla trombosi che ne è conseguita.Rimanendo però sempre in Italia, ha fatto molto scalpore il caso di Camilla Canepa, la diciottenne di Sestri Levante deceduta nel giugno del 2021. La ragazza ligure aveva partecipato a uno di quegli sciagurati open day organizzati dalle Regioni per permettere ai ragazzi di vaccinarsi e, quindi, di tornare ad avere una vita sociale. Dopo la prima dose, la studentessa aveva contratto proprio la Vitt. Per la morte della diciottenne, la Procura di Genova ha aperto un fascicolo e pochi mesi fa ha inviato un avviso di fine indagini a cinque medici del pronto soccorso di Lavagna, a cui la Canepa si era rivolta una volta emersi i primi dolori. A quattro di loro è stato contestato il reato di omicidio colposo per non aver sottoposto la studentessa agli accertamenti previsti dal protocollo della Regione Liguria. Tutti e cinque, inoltre, sono stati accusati di falso ideologico per non aver attestato nella documentazione sanitaria che la ragazza aveva assunto il vaccino anti Covid. Che, appunto, era quello di Astrazeneca.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






