2018-10-30
Schiaffo ai profeti di sventura: spread giù
Dopo la conferma del rating di S&P il differenziale scende a 297 (dai 309 di venerdì). Influisce pure il balzo dei rendimenti dei Bund legato ai guai della Merkel. Piazza Affari, con un +1,9%, è la migliore d'Europa. E «Repubblica» e soci si rimangiano gli anatemi.È la corsa a liberarsi degli Npl, imposta dalla Vigilanza europea, ad aver messo in difficoltà gli istituti: i guadagni sono stati limitati, il business lo hanno fatto altri. E i prestiti alle imprese? Rimasti al palo.Nell'ultima bozza aliquota fissa al 15% per le lezioni private. Alle famiglie numerose concessioni gratuite di campi da coltivare. Reddito e quota 100 in due ddl distinti.Lo speciale contiene tre articoliAlla fine il partito «forza spread» ha perso. Il tanto atteso, quasi invocato in certe redazioni, declassamento dell'Italia da parte di Standard & Poor's non c'è stato e ieri lo spread Btp-Bund è addirittura battuto in ritirata a 297,6 punti base, rispetto ai 309 di venerdì scorso.Lo schiaffo, dunque, non c'è stato. La settimana scorsa l'agenzia non ha abbassato il grado di affidabilità del Paese (mantenendolo a BBB) ma sono state riviste in maniera negativa le previsioni per il futuro (l'outlook), perché «il piano economico del governo rischia di indebolire le performance di crescita del Paese». Tanto era bastato però a quasi tutti i giornali, Repubblica e La Sampa in testa, a disegnare scenari apocalittici, come se il colosso Usa avesse di fatto bocciato il nostro Paese, cosa che invece non aveva fatto. Un ribaltamento della realtà che, però, con la realtà ha dovuto fare i conti ieri. E gli effetti sono stati tragicomici. Quegli stessi cantori di sventura hanno dovuto fare marcia indietro. Il sito di Repubblica, ad esempio, è paradigmatico dello «sdeng»: «S&P spinge lo spread al ribasso. Il mancato declassamento dell'Italia dà respiro ai nostri titoli di Stato». Insomma, i nostri becchini sono diventati magicamente i nostri salvatori. In tutto questo processo mediatico, inoltre, non si è poi considerato che lo spread altro che non è che un differenziale tra il decennale italiano e quello tedesco. In parole povere, le forze in gioco sono due, non una come molti hanno voluto far credere. Solo ieri mattina, ad esempio, i rendimenti dei titoli di Berlino hanno preso il volo (+10 punti) perché hanno scontato l'annuncio della cancelliera Angela Merkel di non rinnovare la corsa alla leadership della Cdu dopo la disfatta delle elezioni in Assia.Insomma, ieri chi ha tifato contro l'Italia ha perso. La decisione di S&P di non tagliare il rating dell'Italia «non cambia il nostro outlook negativo di medio termine sui titoli italiani», ma apre la strada per «un periodo di relativa tranquillità», ha sottolineato ieri James McCormick, esperto di NatWest Markets, secondo cui la scelta di S&P è stato «l'ultimo momento chiave del flusso di notizie atteso sull'Italia».Non solo il decennale italiano, inoltre, ha tirato un sospiro di sollievo. Nel corso della giornata di ieri, il Tesoro italiano ha collocato in asta sei miliardi di euro di Bot a sei mesi, con un tasso medio dello 0,159%, in discesa di 5 punti base rispetto allo 0,206 di fine settembre. Segnale che anche su durate più brevi c'è un po' più di serenità. Lo stesso clima di ottimismo ieri si è visto anche a Piazza Affari, dove si è registrato un aumento dell'1,91%, sempre grazie al verdetto di S&P: la piazza italiana è stata la migliore del continente. A beneficiarne sono state, come era largamente atteso, le banche: tutte con rialzi importanti. Ieri Banca Mps ha messo a segno un +7,62%, Banca Carige +8,7%, Banco Bpm +5,01%, Bper +4,41%, Intesa Sanpaolo +3,03%, Mediobanca +2,85%, Unicredit +4,32% e Unipol +3,53%.Non solo, ieri anche il titolo Fca ha visto buoni rialzi in scia alle indiscrezioni secondo le quali il governo cinese starebbe pensando di dimezzare le tariffe sulle importazioni di auto. Progressi ancora più evidenti si sono visti per Stm (+5,62%) e Cnh Industrial (+3,49%), mentre hanno registrato un segno meno Leonardo (-1,85%) e Moncler (-1,42%).Particolarmente bene anche Tim (+4,36%), titolo su cui Deutsche Bank ha confermato la raccomandazione positiva. Gli esperti evidenziano che il terzo trimestre sarà difficile per le compagnie telefoniche italiane, ma Telecom è meglio posizionata rispetto agli altri competitor. Acquisti pure su Atlantia (+0,91%). La società italiana, Acs e Hochtief hanno perfezionato l'accordo sottoscritto il 23 marzo per un investimento congiunto in Abertis Infraestructuras. In ascesa, tra gli altri titoli, Ansaldo Sts (+8,97%). Hitachi ha acquistato l'intera partecipazione di Elliot, pari al 31,794% del capitale, ad un prezzo unitario pari a 12,70 euro. Hitachi ha poi deciso di promuovere un'offerta pubblica di acquisto volontaria totalitaria sulla totalità delle azioni ordinarie di Ansaldo Sts. Infine, hanno brillato Clabo (+24,68%) e Isagro (+9,87%) mentre D'Amico (-13,01%) ha continuato a registrare nuovi minimi.Anche le altre Borse del Vecchio continente hanno chiuso in positivo, trainate da Piazza Affari. Londra è salita dell'1,74%, Francoforte dell'1,93%. Parigi, partita in ritardo a causa di un problema tecnico, cresce è comunque cresciuta dell'1,13%.Anche dall'altra parte dell'oceano, al momento della chiusura delle piazze europee, l'ottimismo non mancava. Intorno alle 17.30 ora italiana il Dow Jones era in crescita dello 0,29%, mentre l'S&P 500 viaggiava a quota + 0,6%. Solo il Nasdaq si è mostrato in leggera flessione dello 0,39%. Chi «remava» contro l'Italia, dunque, deve mettersi l'anima in pace. Dopo il verdetto di Standard & Poor's, almeno per un po', non ci dovrebbero essere grossi scogli all'orizzonte. La nave Italia ha passato la tempesta. Alla faccia di chi sperava che colasse a picco. Gianluca Baldini<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/schiaffo-ai-profeti-di-sventura-spread-giu-2616307636.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-svendita-dei-crediti-deteriorati-e-la-vera-maledizione-per-le-banche" data-post-id="2616307636" data-published-at="1757653638" data-use-pagination="False"> La svendita dei crediti deteriorati è la vera maledizione per le banche Dopo lo scampato pericolo del downgrade targato Standard & Poor's (l'agenzia di rating venerdì si è limitata infatti a tagliare l'outlook da «stabile» a «negativo») brillano i bancari a Piazza Affari. Quello di ieri è stato un rialzo generalizzato che ha coinvolto un po' tutti gli istituti, da Mps a Carige, a Banco Bpm passando per Ubi Banca, Mediobanca e Intesa Sanpaolo. Bene anche lo spread, che è tornato dopo ben due settimane sotto la soglia psicologica di 300 punti base. Proprio riferendosi allo spread, nella conferenza stampa di giovedì scorso il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, aveva avvertito che «se mi si chiede cosa si può fare riguardo alle banche, dato l'allargamento dello spread negli ultimi sei mesi, una prima risposta è ridurre lo spread». Non si può negare che lo spread rappresenti un fattore di stress per gli istituti di credito. Uno studio di Credit Suisse pubblicato qualche settimana fa prevede che un livello prolungato del differenziale superiore ai 400 punti «non è sostenibile». «Un ampliamento di 200 punti base da fine giugno (238 bps) ridurrebbe il Cet1 (l'indice di solidità patrimoniale delle banche, ndr) di 66 punti base in media, dal 12,53% a 11,87%», una variazione che farebbe «scattare aumenti di capitale», si legge. Lo spread, dunque, è diventato il nuovo feticcio da agitare in vista della prossima crisi bancaria. Come tutti i fenomeni, però, un'osservazione troppo ravvicinata rischia di indurre a conclusioni errate. Il sistema bancario italiano è arrivato già profondamente provato alle soglie di questa nuova possibile, imminente recessione. Basti pensare che, tra il 2012 e il 2013 l'erogazione di nuovi crediti è risultata negativa per ben quattro trimestri di seguito. La stretta creditizia si è abbattuta con tutta la sua forza sulle nostre imprese. Dato drammatico per eccellenza è quello dei fallimenti delle aziende, passati dai 12.300 del 2012 ai 15.300 del 2014. Ovviamente, l'impatto della Grande recessione si è fatto sentire anche in termini di qualità degli impieghi. Questa è una conseguenza piuttosto ovvia, dal momento che se diminuisce la capacità di rimborso delle imprese e delle famiglie è più facile che i finanziamenti finiscano in contenzioso. Il riflesso, come tutti sappiamo, è stato l'aumento vertiginoso dei crediti deteriorati (noti anche come non performing loans, o più brevemente Npl), il cui volume è quintuplicato in meno di un decennio. Lo stock di Npl, infatti, è passato dai 65 miliardi di euro del 2007 ai 341 miliardi del 2015. Ora, cosa ha pensato bene di fare il regolatore europeo, cioè il Meccanismo di vigilanza unico, in un contesto del genere? Anziché facilitare uno smaltimento graduale di questi crediti, ha pressato per una loro frettolosa (e molto meno remunerativa) riduzione. Come dimenticare gli innumerevoli discorsi di Danièle Nouy, capo della Vigilanza europea, per demonizzare l'enorme mole di crediti deteriorati in pancia alle banche italiane? La ragione principale addotta dagli euroburocrati è che le banche che possiedono molti Npl nei propri bilanci trovano più difficoltà nell'erogazione del credito. Fidandosi delle indicazioni del regolatore, molti istituti hanno perciò svenduto in fretta e furia i crediti problematici. Secondo uno studio di Banca d'Italia di aprile 2018, del quale La Verità ha dato conto pochi giorni dopo la sua pubblicazione, la correlazione tra Npl e mancata erogazione del credito è tutta da dimostrare. Non si spiegherebbe altrimenti come mai, a fronte della diminuzione dello stock di Npl, il credito faccia comunque fatica a riprendersi. Secondo l'ultimo rapporto Unimpresa, basato su dati diffusi da Banca d'Italia, nell'ultimo anno i prestiti delle banche alle imprese sono infatti diminuiti di oltre 45 miliardi di euro (-5,84%). Secondo il colosso di consulenza PwC, solo nel 2017 le cessioni di Npl sono state pari a 64 miliardi di euro, trainate «principalmente da alcune mega operazioni», concluse da pochi operatori specializzati. Un trend pienamente rispettato anche nel 2018, con circa 37 miliardi di transazioni nel primo semestre. La pressione normativa della Vigilanza sulle banche italiane, attuata anche con criteri più stringenti in materia di accantonamenti dei crediti, non ha ottenuto i risultati sperati dal punto di vista né dell'erogazione di nuovi crediti, né tanto meno della ripresa economica. Per contro, abbiamo assistito alla nascita di un mercato molto redditizio (quello degli Npl appunto) con rendimenti che, per gli operatori che riescono ad affacciarvisi, arrivano con facilità alla doppia cifra. A nulla sono serviti gli appelli alla calma di Banca d'Italia. «Vanno evitate politiche generalizzate di vendita, che condurrebbero di fatto a un indesiderabile trasferimento di risorse a danno delle banche italiane e in favore dei pochi investitori specializzati, in larga misura di origine estera», avvertiva a giugno del 2017 il vicedirettore generale della Banca d'Italia, Fabio Panetta. Parole rimaste inascoltate, nel mentre che a Francoforte cuoceva indisturbato lo spezzatino delle banche italiane. Antonio Grizzuti <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/schiaffo-ai-profeti-di-sventura-spread-giu-2616307636.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="flat-tax-ripetizioni-e-terre-ai-giovani" data-post-id="2616307636" data-published-at="1757653638" data-use-pagination="False"> Flat tax ripetizioni e terre ai giovani 81 pagine, 115 articoli: cresce molto, nell'ultima bozza in circolazione, la «cubatura» della manovra, che potrebbe approdare in commissione Bilancio alla Camera già stamattina. Ma questo accade ogni anno: nel caos «ferroviario» parlamentare, si sa che uno dei pochi treni ad arrivare con certezza (e in orario) in stazione è proprio la legge di bilancio, ed è quindi fatale che in quel ddl trovino posto sempre più vagoni. Ecco alcune novità. 1Le Regioni sono chiamate a un taglio dei vitalizi di consiglieri e presidenti, sulla scia di quanto fatto dalla Camera. Per farlo, hanno sei mesi di tempo. Se non lo faranno, sanzioni pesanti: taglio delle risorse statali nella misura del 30% per il 2019, salvaguardando comunque le voci come sanità, politiche sociali e trasporto pubblico locale. Dall'anno successivo, tagli lineari corrispondenti alla metà delle somme destinate nel 2018 ai vitalizi. Insomma, un poderoso incentivo a un intervento forte sui vitalizi. 2 Sulla cedolare secca da estendere al commercio, emergono i paletti che sarebbero stati decisi dal governo: la tassa al 21% sarà applicata agli immobili di categoria catastale C1 di «superficie fino a 600 mq, escluse le pertinenze». E inoltre deve trattarsi di nuovi contratti. La speranza è che questo regime sperimentale possa essere significativamente esteso nei prossimi anni. 3 Incremento del fondo per il Servizio sanitario nazionale, tema foriero di tensioni nelle ultime settimane. Il fondo arriverà a 114,4 miliardi, con previsioni di ulteriore crescita per gli anni successivi. Ma gli aumenti futuri saranno subordinati alla realizzazione di un nuovo «Patto per la salute» tra Stato e Regioni per ottimizzare servizi e costi. 4 Novità vera, la flat tax al 15% per ripetizioni scolastiche e lezioni private, con un potente incentivo all'emersione di attività molto spesso svolte in nero. Dal primo gennaio 2019, «i titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado» potranno chiedere l'applicazione di «una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 15%, salva l'opzione per l'applicazione dell'imposta sul reddito nei modi ordinari». Quindi un'opportunità in più. 5 Arriva la misura pro eccellenze che era stata anticipata alla Verità dal sottosegretario Guido Guidesi. Si tratta di un bonus-occupazione per i giovani con carriere universitarie eccellenti, laureati under 30 o dottori di ricerca under 34. In pratica, il datore di lavoro che dovesse assumerli sarebbe esonerato dai contributi, ad eccezione dei premi e contributi Inail, per un anno al massimo e con un tetto di 8.000 euro. Lo sconto vale per le assunzioni a tempo indeterminato avvenute nel 2019. 6 Come La Verità aveva anticipato, le misure più corpose (quota 100 e reddito di cittadinanza) troveranno posto in disegni di legge appositi che marceranno in parallelo rispetto alla manovra. Resta invariato l'articolo che dispone l'istituzione di due fondi da 9 miliardi per il reddito e di 6,7 miliardi (7 miliardi dal 2020) per le pensioni. 7 Desterà infine curiosità una misura che vuole incrociare agricoltura e demografia, con la concessione gratuita di alcuni terreni incolti (per un periodo non inferiore a 20 anni) ai nuclei familiari con terzo figlio (nato negli anni 2019, 2020, 2021), o ai giovani imprenditori agricoli che destineranno una quota societaria pari al 30% a questi nuclei familiari. A queste famiglie sarà anche concesso un mutuo fino a 200.000 euro (a tasso zero) per l'acquisto di una casa in prossimità del terreno assegnato. Daniele Capezzone
Charlie Kirk (Getty Images
Alan Friedman, Cathy Latorre e Stephen King (Ansa)