
Vita e Pensiero ospiterà lo studio di Nando Pagnoncelli: i credenti votano Lega ignorando la crociata della Cei e dei porporati.Le parole del cardinale Camillo Ruini in risposta alle domande di Aldo Cazzullo, nella intervista pubblicata ormai dieci giorni fa sul Corriere della Sera, assomigliano molto a quella evangelica spada che divide e tocca un nervo scoperto. Quello del cattolicesimo politico di sinistra soprattutto, per il quale Ruini ha semplicemente fotografato la sostanziale irrilevanza. Il punto è che l'osservazione di Ruini non è una semplice opinione, ma appare come un dato di fatto. Lo ratificano sei pagine del presidente di Ipsos Nando Pagnoncelli che usciranno il 14 novembre sulla rivista Vita e Pensiero, periodico dell'università cattolica del Sacro Cuore. Analizzando il voto delle recenti elezioni europee, Pagnoncelli rileva che «la Lega si afferma come il partito più votato tra i cattolici, sia tra i praticanti assidui (32,7%) sia tra coloro che hanno una frequenza alla messa più saltuaria (38,4%) o occasionale (35,4%)». Inoltre, «nel breve volgere di 15 mesi, dalle politiche alle europee, tra i credenti - indipendentemente dalla frequenza alla messa - la Lega da quarto partito nel 2018 (dopo Movimento 5 stelle, Pd e Forza Italia) è diventato il primo partito, precedendo Pd, MoVimento 5 stelle e Forza Italia».Numeri alla mano c'è poco da disquisire, quando Ruini dice che con Matteo Salvini è «doveroso» dialogare, pur con tutti i distinguo, coglie una realtà. Ma c'è un mondo cattolico per cui evidentemente il popolo non pensa bene e vota peggio. Monsignor Nunzio Galantino, già segretario della Cei e ora a capo dell'Apsa, accusa Ruini di rieditare «collateralismi»; il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, ha già deciso che Salvini non è cattolico; in una celebre copertina di Famiglia cristiana l'allora ministro dell'interno era addirittura paragonato a Belzebù. Il presidente della Fondazione per la sussidiarietà e fondatore della Compagnia delle opere, Giorgio Vittadini, consegnando le sue ponderate riflessioni a Repubblica , ha detto a proposito dell'appello dell'ex presidente della Cei: «Sì al dialogo, ma tornare a quello schema è un passo indietro per tutti, Chiesa compresa».Le riflessioni di Pagnoncelli però affondano il coltello nella piaga. Parlano di una Chiesa che è ormai incapace di farsi ascoltare e di incidere sull'opinione dei fedeli. È il dato più rilevante e su cui il realismo di Ruini giganteggia rispetto a interpretazioni che assomigliano di più a varianti ideologiche che non a valutazioni evangeliche. Con l'aggravante che i numeri dell'Ipsos sono impietosi sul cattolicesimo italiano: quelli che vengono definiti come «cattolici assidui» sono «circa il 14%, con una contrazione evidente nel decennio, dato che nel 2009 erano il 21% degli italiani adulti» e tra i giovani la presenza di cattolici si riduce fortemente (il 46% tra i 18 e i 24 anni si dichiara non credente).In diversi casi le relazioni tra Chiesa e popolo dei fedeli, scrive Pagnoncelli nelle valutazioni conclusive, «non sono allineate, anche nei segmenti più attenti al magistero della Chiesa».Il caso del leader della Lega è emblematico: «l'elevato gradimento di Salvini registrato anche tra i fedeli nell'ultimo anno deriva prevalentemente dai temi dei migranti e della sicurezza. Riguardo al primo, per quanto la Chiesa e il Papa si siano esplicitamente e con fervore espressi per una politica di accoglienza, sia pur “temperata", anche tra i cattolici più assidui prevale un atteggiamento di condivisione delle politiche più restrittive». Anche nel momento della maggior polemica tra l'allora ministro dell'interno e le Ong, con la politica dei porti chiusi, «la maggioranza relativa dei cattolici impegnati (il 44%) sposava la linea intransigente di impedire qualunque sbarco, consenso che arrivava alla maggioranza assoluta tra i cattolici assidui (51%)». I cattolici italiani vivono quella che Pagnoncelli chiama «ambivalenza di fondo», ma che in realtà potrebbe anche essere letta come esercizio di buon senso: «Rapporti sereni e civili con gli stranieri residenti, ma chiusura nei confronti dei nuovi arrivi», che forse si potrebbe meglio esprimere come apertura all'accoglienza e integrazione, ma con prudenza. A questo proposito si riporta l'esempio paradigmatico delle «mamme di una parrocchia del Nord Italia che sono solite trascorrere la domenica pomeriggio a cucire i vestitini per i bambini di famiglie straniere poco abbienti, ma si dichiarano favorevoli alla linea della fermezza e alla chiusura dei porti e si esprimono con entusiasmo nei confronti di Salvini».La vera questione però non è Matteo Salvini, ma il rapporto tra la Chiesa e il suo popolo. I «principi non negoziabili», difesa della vita, famiglia naturale e libertà di educazione, tracciati come un confine per l'esercizio di una autentica laicità dei cattolici in politica, non sono la bandiera del cosiddetto ruinismo, tanto deprecato dall'intellighenzia cattodem, quanto il vero modo per una pluralità di militanza partitica dei cattolici. Non sono la fissa di qualche «guerriero culturale», o di qualche ossessionato con il sesto comandamento; Joseph Ratzinger li ha più volte spiegati come un perno per evitare che il bene comune diventi una qualunque macedonia umanista in cui la dignità della persona si trova in balia delle maggioranze di turno.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






