2025-11-09
L’Ue deve fare da leva sull’export e migliorare l’accordo col Mercosur
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata. Ma questa è rimasta non siglata per l’opposizione in Europa delle associazioni agricole di Francia, Germania, Italia e altri, che temono un’invasione di materiali alimentari dall’America del Sud con impatto per loro negativo. Sul lato sudamericano, inoltre, ci sono perplessità sul requisito di conformazione ad alcuni standard ambientali europei. La novità è che Emmanuel Macron, pur esposto alle pressioni ostative della Francia verde, ha dichiarato che Parigi potrebbe passare ad una postura positiva nei confronti dell’accordo tra Ue e Mercosur. Motivi? La bozza dell’accordo offre molte garanzie agli operatori agricoli europei sia in forma di tutele sia di compensazioni. Ma finora le associazioni del settore non hanno modificato il loro dissenso. Quindi c’è altro. Ipotizzo che i governi di Francia, Germania e Italia abbiano fatto meglio gli scenari da cui si ricava che per le nazioni europee è necessaria la leva espansiva dell’accordo sia con il Mercosur sia con altre nazioni per compensare svantaggi gravi dai dazi statunitensi (gestibili, ma comunque pesanti) combinati con la concorrenza aggressiva e minaccia sui minerali critici da parte della Cina, il tutto peggiorato da una crisi contingente di rilevanza geopolitica dell’Ue. L’Ue è debole. Sta reagendo, ma con lentezza. L’interesse nazionale italiano è che l’Ue, a cui Roma ha ceduto una fetta sostanziosa di sovranità per partecipare a un mercato europeo più liscio ed ampio a favore della sua economia, riesca ad essere leva anche per il suo export globale. E tale interesse è certamente condiviso da Francia e Germania e direi da tutte le nazioni principali. Inoltre, si consideri che la stagnazione dell’economia italiana dipende principalmente da quella tedesca e francese. Si aggiunga che nel recente incontro tra le confindustrie italiane, francesi e tedesche è stato siglato un patto comune e un programma rivolto all’Ue per la rigenerazione delle condizioni che permettono al sistema industriale di tornare competitivo. Da un lato c’è un’urgenza crescente di difesa via dazi e barriere di diverso tipo contro le penetrazioni sleali cinesi. Dall’altro, un’economia in espansione può certamente mettere qualche dazio selettivo in alcuni settori per motivi sociali, ma la strategia giusta è quella di ridurre i costi per le produzioni ed aumentare gli accessi competitivi nel mercato globale. In sintesi, l’Ue sarebbe moltiplicatore di forza per le nazioni partecipanti se attuasse una politica che permetta più efficienza industriale e via trattati commerciali facilitasse sia l’export sia l’internazionalizzazione delle aziende europee. Servirebbe poi un maggiore trasferimento del risparmio verso gli investimenti produttivi, ma realisticamente ciò non si può ordinare per legge, ma solo incentivare via dimostrazione della convenienza competitiva. Poiché le organizzazioni internazionali tradizionali per il commercio internazionale non funzionano più è necessario formare alleanze regionali per avere una scala sufficiente per poter siglare trattati economici di reciproco vantaggio con altri. Quindi è il momento di adattare realisticamente il modo di pensare al cambiamento di mondo facendo convergere di più interesse nazionale e alleanza europea allo scopo di essere grandi abbastanza per aumentare via presenza globale il lavoro e la ricchezza nazionale. Concretamente, si dovrebbe accelerare l’accordo con il Mercosur per i motivi detti, ma anche per reagire alla crisi di forza geopolitica dell’Ue. Ma per farlo bisogna semplificare il processo negoziale europeo e forse inserirvi più gradualità. Ora la Commissione propone al Consiglio degli Stati che poi rispondono in base al voto del loro Parlamento nazionale (e in alcuni casi di quelli regionali). Per esempio, l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada (Ceta) fu un quasi martirio lunghissimo. Guardando i dati correnti l’export italiano ha avuto un enorme vantaggio, ma anche quello di altre nazioni pur meno. Se il processo fosse stato più svelto, tale vantaggio sarebbe arrivato prima. Non ho spazio qui per valutare diversi modi per farlo, ma è importante aumentare la pressione per semplificare le procedure europee. La gradualità? Ora non è prevista, ma andrebbe inserita. Per esempio, perché diavolo dobbiamo rompere le scatole al Brasile sugli standard di deforestazione europei: si apra una trattativa laterale senza toccare il nucleo commerciale dell’accordo. Perché tanta fretta? Abbiamo bisogno di minerali critici, in particolare di terre rare per toglierci dal ricatto cinese, l’America del Sud ne ha tante, e «lisciare» le relazioni industriali con reciproco vantaggio. Si tenga conto che una semplificazione europea della procedura per questo tipo di trattati permetterebbe di accelerarne un’altra decina nel globo. I partenariati bilaterali dell’Italia con mezzo mondo? Ottimi, ma quelli con Africa, India, ecc. hanno poi bisogno di ingaggiare le risorse dell’Ue. Mi sembra ovvio valutare l’Ue come moltiplicatore della forza nazionale, aiutandola a esserlo oppure divergendo se non lo fa.www.carlopelanda.com